“i saburchi” te San Cisariu

        
Dalla mattina del giovedì le campane sono mute 

"ttaccate"  (attaccate) e le funzioni 

religiose sono annunciate dal suono sordo delle 

"trenule" a volte accompagnate dal suono di un

 corno. Quindi si preparano e si allestiscono i sepolcri

Un'usanza non del tutto scomparsa è quella di 

disporre nelle varie chiese dinnanzi ai sepolcri il così 

detto"piattu pe lu sabburcu", un piatto per il 


sepolcro, formato da grano germogliato al buio, ornato 

con nastri e immaginette sacre

riprendendo così un'antica tradizione che altro non è che la 

trasposizione del mito di Adone che  moriva e rinasceva ogni 

anno, tra fiori e luci.

      A San Cesario di Lecce il giovedì santo la tradizione vuole che si facciano i sepolcri, in 

        dialetto “i saburchi”. Gli altari della chiesa vengono addobbati con fiori e doni dei fedeli.

        Questa ,a San Cesario di Lecce è molto di più di una semplice festa religiosa, nel 

        senso che i sancesariani abbracciano la suggestione della settimana Santa vivendola 

        come tradizione.

        Le due Parrocchie di San Cesario di Lecce allestiscono all’interno della chiesa un

        Altare che non rappresenta il Santo Sepolcro come tutti comunemente credono,

        commemorativo dell’ultima cena del Cristo con gli Apostoli: in genere 

        per le decorazioni vengono utilizzate germogli di legumi, ciotole e bicchieri in creta, 

        pezzi di pane fatto in casa, nonché candele, lumini, fiori e immagini sacre. Le due

        parrocchie interpretano liberamente il senso della commemorazione, dando una 

        versione diversa te li saburchi: alcuni anni sono caratterizzati da intense luci bianche, 

        che auspicano la resurrezione, altri anni invece sono caratterizzati da luci soffuse o 

        buio per invitare al raccoglimento.


        Alcuni anni le parrocchie allestiscono delle vere e proprie scenografie
       



L'altare della reposizione è il luogo in cui, nella liturgia cattolica, viene riposta e conservata l'Eucaristia al termine della messa vespertina del Giovedì santo, la Messa nella Cena del Signore (in Cena Domini).
La liturgia cattolica prevede che l'altare della reposizione non coincida con l'altare dove si celebra l'Eucaristia. È inoltre tradizione che nelle chiese l'altare della reposizione sia addobbato in modo solenne, con composizioni floreali o altri simboli, in omaggio all'Eucaristia, che viene conservata in un'urna, detta repositorio, per poter permettere la Comunione nel giorno seguente, il Venerdì santo, ai fedeli che partecipano all'Azione liturgica della Passione del Signore; infatti il Venerdì santo non si offre il Sacrificio della Messa, e dunque non si consacra l'Eucaristia. Inoltre la reposizione dell'Eucaristia si compie per invitare i fedeli all'adorazione nella sera del Giovedì santo e nella notte tra Giovedì e Venerdì santo, in ricordo dell'istituzione del sacramento dell'Eucaristia e nella meditazione sopra i misteri della Passione di Cristo, soprattutto sopra quello dell'agonia nel Getsemani.
L'altare della reposizione rimane allestito fino al pomeriggio del Venerdì santo, quando, durante la celebrazione della Passione del Signore, l'Eucaristia viene distribuita ai fedeli; se le ostie consacrate non sono state consumate interamente, esse vengono conservate non in chiesa ma in un luogo appartato, e l'altare viene dismesso, per ricordare con austerità la morte di Gesù in croce, fino al giorno seguente, quando durante la Veglia pasquale si celebra la risurrezione di Gesù.
Nella tradizione e nel linguaggio popolare gli altari della reposizione vengono comunemente chiamati "Sepolcri": soprattutto nei centri dell'Italia meridionale, dove con il termine "andare a fare i sepolcri" si intende proprio il visitare, a partire dal pomeriggio del giovedì, il sepolcro di Cristo addobbato. L'usanza, non certificata dalla dottrina, è che ogni fedele visiti da cinque (quante sono le piaghe di Cristo) a sette (quanti sono i dolori della Madonna) di questi allestimenti in varie chiese vicine, compiendo il cosiddetto giro "delle sette chiese" o "sepolcri". Tale terminologia è impropria, perché in essi viene riposta l'Eucaristia, ossia le ostie precedentemente consacrate, che la Chiesa cattolica crede essere il segno sacramentale di Gesù Cristo vivo e risorto. L'altare della reposizione non è dunque un sepolcro che simboleggia la morte di Gesù, ma un luogo in cui adorare l'Eucaristia.
In Sicilia e in altre regioni, come nel Salento e in Basilicata, ma anche nella vicina Malta, l'altare della reposizione viene addobbato con i cosiddetti "lavureddi", ciotole sul cui fondo il primo giorno di Quaresima vengono distesi stoffa od ovatta su cui si sparge grano elegumi (lenticchie). Successivamente sono riposte al buio e innaffiate di tanto in tanto cosicché il Giovedì santo, una volta germogliati, si presenteranno in forma di pallidi e fitti filamenti di diverso colore.

Nelle zone di influenza ligure venivano, e in alcuni luoghi vengono ancora usati, i cartelami.

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