La prima sera d'inverno a San Cesario Di Lecce 26 novembre 2015

La prima sera d'inverno a San Cesario Di Lecce

 Ho scritto queste parole per il collega commissario Andrea e per le altre colleghe Commissarie della Commissione pari opportunità tra uomini e donne del Comune di San Cesario di Lecce. Voglio parteciparle a tutti come mia testimonianza “pacifica”.
Buongiorno caro Andrea e care tutte colleghe commissarie, ho letto solo ora le vostre considerazioni su ieri sera nel nostro gruppo whatsapp, dovete sapere che io ho l’abitudine di andare a letto presto. Mi chiedete cosa ne penso? Io sono soddisfatto, abbiamo fatto la nostra parte e non era facile in questo tempo di violenza e di paura per la “furia religiosa” dei terroristi islamici dell’Isis. Abbiamo testimoniato tutti il nostro impegno in maniera minimale e senza enfasi con semplicità riuscendo a trasferire tutta l’intensità del desiderio di un mondo fatto di eguali.
Tutti, Andrea Sindaco (per distinguerlo da Andrea nostro), Daniela, il nostro Andrea e Nadia sono riusciti a rappresentare il nostro impegno.
La casa delle donne è l’agorà di Sandra del Bene, il film ne è la rappresentazione ho colto in quelle immagini un’enfasi struggente, appartenente al passato. Mentre negli anni 70 le donne, tutte le donne, cambiavano e chiedevano che il loro cambiamento fosse accettato, i giovani intervistati nel film della casa delle donne non sono consapevoli che il cambiamento deve continuare e parlano di una raggiunta uguaglianza di cui nessuno di noi sa nulla. Gli anni ’70 io li ho vissuti ma la mia esperienza non è stata narrata da quel fim. Eppure la mia esperienza è quella della maggior parte dei leccesi e delle leccesi. La stragrande maggioranza.
I ragazzi intervistati hanno restituito esclusivamente i racconti di “militanti femministe” una pattuglia di qualche decina di donne di cui oggi, ad esclusione di Sandra del Bene, si sono perse le tracce.
Semplificare tra le donne con le gonne lunghe a pieghe (quelle buone e brave) e tutte le altre che erano con i nazisti è una deformazione della realtà.
C’è l’esperienza delle donne cattoliche organizzate che mi ha visto attento osservatore. Faccio dei nomi: Lilia Fiorillo, Carmen Starace, Elisabetta Branco, Concetta Favale e tutte le centinaia e migliaia di donne che nelle centinaia di Parrocchie della Provincia di Lecce hanno contribuito affinché l’eguaglianza fosse un’aspirazione di tutti. Già perché, care tutte, noi, ancora l’eguaglianza non l’abbiamo raggiunta e i dati esposti dal nostro Andrea ne sono la conferma!
Ma non importa, avrei voluto dirlo, ma si sa che le commemorazioni sono tristi e quindi quando mi è venuto di intervenire c’è stato qualcosa che mi ha fermato e sapete perché? Perché non sono voluto cadere nella trappola di “ricordare!”. Io penso che oggi, adesso, conta! E oggi e adesso noi siamo presenti per fare la nostra parte per l’uguaglianza, con umiltà,.
In coda alla serata mi hanno fermato due persone, due donne, tutte e due per rappresentarmi un pezzetto di realtà. Mi hanno tenuto inchiodato al centro della sala per raccontarmi la loro storia. Io le ho ascoltate, ho detto loro “una parola”, a una in particolare ho suggerito un percorso. Con loro ho agito da maschio, ho parlato da maschio quale sono (non posso essere altro se non ciò che sono). Sono stato uomo, maschio fino in fondo, senza derive femminizzate, nulla a che vedere con l’affermazione che ho ascoltato in sala che gli uomini vanno educati per farli diventare come le donne.
No! Uguaglianza non è diventare tutti come le donne, così come non è uguaglianza diventare tutti come gli uomini. Uguaglianza potrà essere solo se ci sarà mutua tolleranza tra donne e uomini. Io nel mio microscopico cerco di mettere in pratica quanto affermato da Gandhi nella mia famiglia e nei rapporti con tutte le donne che conosco. Lo faccio perché è divenuto naturale ma è stato così solo dopo un percorso di consapevolezza.
Mamma mia quanto ho scritto, sono stato lungo vero? Già! Ma vi assicuro che sono stato sincero! Alla prossima, come usa dire adesso!
antonio
Una regola aurea di condotta è la mutua tolleranza, visto che non penseremo mai tutti allo stesso modo e che vedremo sempre la Verità in maniera frammentaria e da diversi punti di vista. La coscienza non è la stessa in tutti. Pertanto, mentre essa è una buona guida per la condotta individuale, l’imposizione di tale condotta a tutti sarebbe un’intollerabile interferenza nella libertà di coscienza degli altri. Libertà di coscienza: è un termine molto abusato. Hanno tutti una coscienza? Un cannibale ha coscienza? E gli deve essere consentito di agire secondo la sua coscienza che indica come suo dovere uccidere e mangiare il prossimo? Il significato etimologico di coscienza è: conoscenza del vero. La definizione del dizionario è: facoltà di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto e di regolare di conseguenza la condotta. Il possesso di una simile facoltà è possibile solo a una persona «colta», nel senso che si è sottoposta a una disciplina e ha imparato ad ascoltare la voce interiore, ma anche tra le persone più «coscienziose» c’è spazio per oneste differenze d’opinione. Allora l’unica regola di condotta possibile in ogni società civile è la mutua tolleranza. Essa può essere inculcata a tutti e da tutti praticata, indipendentemente dalla condizione sociale e dalla formazione culturale. «Vivi e lascia vivere», ovvero la mutua indulgenza e tolleranza, è legge di vita. Questa la lezione che ho imparato dal Corano, dalla Bibbia, dal Zend Avesta e dal Gita. Gandhi

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