San Filippo Smaldone è il primo santo nato ufficialmente nella città di Napoli
La Chiesa ricorda oggi l'apostolo dei sordi, san Filippo Smaldone,
gran testimone di carità e misericordia, leccese di adozione.
La comunità della Parrocchia Sant’Antonio da Padova di San
Cesario di Lecce si unirà alla festa delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori
lunedì 6 giugno 2016 secondo il seguente programma.
Alle ore 19.00: accoglienza della statua di san Filippo in
chiesa e celebrazione solenne dell'Eucaristia animata dalle suore e dai bambini
della scuola "don V. Vergallo".
Al termine della Messa: breve processione con la quale si riaccompagnerà
la statua di san Filippo nella cappella delle suore.
"La virtù incomincia dove è il sacrificio e ivi è il
merito dove è lo sforzo". (San Filippo Smaldone)
Filippo Smaldone (Napoli, 27 luglio 1848 – Lecce, 4 giugno
1923) è stato un presbitero italiano, fondatore della congregazione delle suore
Salesiane dei Sacri Cuori per l'educazione dei sordomuti: beatificato nel 1996,
è stato proclamato santo da papa Benedetto XVI nel 2006.
"Questo generoso sacerdote, perla del Clero
meridionale, Fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori, impegnate in modo
prioritario nell'educazione dei sordomuti, viene oggi proposto alla venerazione
della Chiesa universale, affinché tutti i fedeli seguendone l'esempio sappiano
testimoniare il Vangelo della Carità nel nostro tempo, in particolare, mediante
la sollecitudine verso i più bisognosi"(Giovanni Paolo II).
Le sue spoglie sono custodite presso la cappella della Casa
Madre delle suore salesiane in Lecce (Chiesa della Madre di Dio e di San
Nicolò)
Tra i tantissimi Santi, caso unico in Italia e diviso solo
con Venezia, che la città di Napoli annovera tra i suoi Patroni e conpatroni,
San Filippo Smaldone è il primo santo nato ufficialmente nella città di Napoli;
essa infatti annovera al momento soltanto una santa, Santa Maria Francesca
delle Cinque Piaghe nata nel quartiere popolare di Montecalvario nel 1715,
mentre Alfonso Maria de' Liguori e Giuseppe Moscati, che la chiesa napoletana
ha sempre considerato come suoi santi, sono nati l'uno a Marianella (al tempo
comune a sé) e l'altro a Benevento.
L’arco di vita di Filippo Smaldono, che si stende dal 1848
al 1923, fu contrassegnato da decenni particolarmente densi di tensioni e
contrasti nei vari campi e settori della vita della società italiana,
specialmente nella sua patria d’origine, e della stessa Chiesa. Nacque a Napoli
il 27 luglio del 1848, l’anno dei famosi «moti di Napoli ». Quando egli era
ragazzo di dodici anni, la monarchia borbonica, alla quale era fortemente
attaccata la sua famiglia, conobbe il suo rovesciamento politico, e la Chiesa,
con la conquista di Garibaldi, conobbe momenti drammatici con l’esilio del suo
Cardinale Arcivescovo Sisto Riario Sforza.
Non erano tempi certamente favorevoli e ben promettenti per
il futuro, specialmente per la gioventù, che subiva il forte travaglio del
nuovo corso socio-politico-religioso. Ebbene, fu in quella fase di crisi
istituzionale e sociale che Filippo prese la decisione irrevocabile di
ascendere al sacerdozio e di legarsi per sempre al servizio della Chiesa, che
vedeva osteggiata e perseguitata. E, mentre era ancora studente di filosofia e
di teologia, volle già dare un’impronta di servizio caritatevole alla sua
carriera ecclesiastica dedicandosi all’assistenza di una categoria di soggetti
emarginati, che erano particolarmente numerosi e fin troppo abbandonati in quei
tempi a Napoli: i sordi.
In questa sua intensa attività benefica si applicò e si
distinse molto più che negli studi, per cui ebbe scarso successo in alcuni
esami premessi alla ricezione degli ordini Minori; ciò provocò il suo assaggio
dalla arcidiocesi di Napoli a quella di Rossano Calabro, il cui Arcivescovo
Mons. Pietro Cilento lo accolse generosamente in considerazione della sua bontà
e del suo ottimo spirito ecclesiastico. Nonostante il cambio canonico di diocesi,
— che peraltro durò solo pochi anni, perché in seguito, nel 1876, fu
reincardinato a Napoli — con licenza del suo nuovo Arcivescovo, restò a Napoli,
dove proseguì gli studi ecclesiastici sotto la guida di uno dei Maestri del
celebre Almo Collegio dei Teologi, mentre proseguiva con immutata dedizione la
sua opera di assistenza ai sordi. Mons. Pietro Cilento, che lo stimava, volle
ordinarlo personalmente a Napoli suddiacono il 31 luglio 1870. Il 27 marzo 1871
fu ordinato diacono e finalmente, il 23 settembre 1871, con dispensa di alcuni
mesi dall’età canonica dei 24 anni richiesti, fu ordinato sacerdote a Napoli
con indicibile gaudio del suo animo buono e mite.
Appena sacerdote, iniziò un fervido ministero sacerdotale
come assiduo catechista nelle cappelle serotine, che da fanciullo aveva
frequentato con profitto, come collaboratore zelante in varie parrocchie,
specialmente in quella di Santa Caterina in Foro Magno, come visitatore assiduo
e ricercato di ammalati in cliniche, in ospedali e in case private. La sua
carità raggiunse l’acme della generosità e dell’eroismo in occasione di una
forte pestilenza a Napoli, dalla quale restò anche lui colpito e portato in fin
di vita, e dalla quale fu guarito dalla Madonna di Pompei, che divenne la sua
devozione prediletta per tutta la vita. Ma la cura pastorale privilegiata di
Don Filippo Smaldone era quella per i poveri sordi, ai quali avrebbe voluto
dedicare le sue energie con criteri più idonei e convenienti, diversi da quelli
che vedeva applicati dagli addetti a quel settore educativo. Gli causava,
infatti, grande pena che, per quanti sforzi e tentativi si facessero,
l’educazione e la formazione umano-cristiana di quegli sventurati, equiparati
ai pagani, di fatto, rimanevano per lo più frustrate.
Ad un certo punto, forse per dare una espressione più
diretta e concreta al suo sacerdozio, pensò di partire missionario nelle
missioni estere. Ma il suo confessore, che l’aveva guidato costantemente fin
dall’infanzia, gli fece conoscere che la sua «missione » era fra i sordomuti di
Napoli. Da allora si tuffò interamente in questo tipo di apostolato. Lasciò la
casa paterna e andò a vivere stabilmente con un gruppo di sacerdoti e laici,
che intendevano istituire una Congregazione di Preti Salesiani senza peraltro
venirne mai a capo. Col tempo acquistò una grande competenza pedagogica nel
settore e gradatamente andò progettando di realizzare lui stesso, se così al
Signore fosse piaciuto, una istituzione stabile e idonea per la cura,
l’istruzione e l’assistenza umana e cristiana dei sordi. Il 25 marzo 1885 partì
per Lecce per aprire, insieme con Don Lorenzo Apicella, un istituto per sordi.
Vi condusse alcune « suore », che egli era andato formando in precedenza, e
gettò così le basi della Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori,
che, benedetta e largamente sostenuta dai Vescovi di Lecce, Mons. Salvatore
Luigi dei Conti di Zola e Mons. Gennaro Trama, ebbe una rapida e solida
espansione. All’istituto di Lecce, con sezioni femminile e maschile, che ebbe
sedi sempre più ampie per il crescente numero degli assistiti fino all’acquisto
del celebre ex-convento delle Scalze, che divenne la sede definitiva e Casa
Madre, fece seguito nel 1897 quello di Bari.
Poiché il cuore compassionevole del sacerdote Smaldone non
sapeva dire di no alle richieste di tante famiglie povere, ad un certo punto
cominciò ad ospitare, oltre le sorde, anche le fanciulle cieche e le bambine
orfane ed abbandonate. Né dimenticava i bisogni umani e morali della gioventù
in genere. Aprì, infatti, diverse case con annesse scuole materne, con
laboratori femminili, con pensioni per studentesse, tra le quali una anche in
Roma. Durante la sua vita, l’Opera e la Congregazione, nonostante le dure
prove, cui andò soggetta sia dall’esterno sia dall’interno medesimo, conobbero
un discreto allargamento e consolidamento. A Lecce dovette sostenere una
furibonda lotta da parte di una Amministrazione Comunale laica e avversa alla
Chiesa. All’interno poi conobbe l’amarezza di una delicata e complessa vicenda
di secessione da parte della prima Superiora Generale, che provocò una lunga
Visita Apostolica. Fu soprattutto in questi due gravi frangenti che rifulsero
le virtù esimie dello Smaldone, ed apparve che la sua fondazione era voluta da
Dio, il quale purifica con la sofferenza i suoi figli migliori e le opere nate
nel suo nome. Per circa un quarantennio Don Filippo Smaldone fu sempre sulla
breccia senza tirarsi mai indietro, prodigandosi in tutti i modi per sostenere
materialmente ed educare moralmente i suoi cari sordi, verso i quali aveva
affetto e cure di padre, e per formare alla vita religiosa perfetta le sue
Suore Salesiane dei Sacri Cuori.
A Lecce, oltre alla universale benemerenza come direttore
dell’Istituto e fondatore delle Suore Salesiane, ebbe anche quella di un
intenso, molteplice ministero sacerdotale. Fu assiduo e stimato confessore di
sacerdoti e seminaristi, confessore e direttore spirituale di diverse comunità
religiose, fu fondatore della Lega Eucaristica dei Sacerdoti Adoratori e delle
Dame Adoratrici, fu Superiore della Congregazione dei Missionari di San
Francesco di Sales per le missioni popolari. Non per nulla fu decorato della
Croce pro Ecclesia et Pontifice, annoverato tra i canonici della cattedrale di
Lecce, decorato da una Commenda dalle Autorità civili. Finì i suoi giorni a
Lecce, sopportando con ammirata serenità, una diuturna malattia diabetica
complicata da disturbi cardiocircolatori e da generale sclerosi. Si spense
santamente alle ore ventuno del 4 giugno 1923, dopo aver ricevuto tutti i conforti
religiosi e la benedizione dell’Arcivescovo Trama, attorniato da diversi
sacerdoti, dalle sue Suore e dai sordi, all’età di 75 anni. È stato beatificato
da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996.
E stato canonizzato dal papa Benedetto XVI il 15 ottobre 2006,
a Roma in Piazza san Pietro.
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