Dalla Prima alla Seconda S. Croce
Dalla Prima alla Seconda S. Croce
Il complesso conventuale di S. Croce, risalente al Trecento, subì
significative trasformazioni nel 1549. Secondo fonti storiche attendibili, come
riportato nelle Cronache e negli scritti di Infantino, la necessità di
ampliare il castello portò alla demolizione di questo antico edificio. A quel
tempo, il convento era già stato abbattuto, e la costruzione del nuovo
complesso avvenne in maniera immediata. Il progettista di questa nuova opera fu
Gabriele Riccardi, noto architetto e scultore, celebre anche per il baldacchino
della cattedrale di Otranto.
La Tomba di Maria
d'Enghien
Nonostante la demolizione, è importante notare che la contessa-regina Maria
d'Enghien, deceduta il 9 maggio 1446, fu sepolta nella vecchia S. Croce. Suo
figlio, Giovannantonio Orsini del Balzo, commissionò una monumentale tomba a
parete, ispirata ai sepolcri angioini di Napoli. Secondo Ferrari, questa tomba fu
ricostruita nella nuova chiesa, nell'ultimo ventennio del Cinquecento. La
statua della contessa, "assista e coronata", era affiancata dalle
quattro virtù cardinali e sostenuta da statue simboliche delle virtù teologali:
Fede, Speranza e Carità. L'opera era caratterizzata da una vivace colorazione
"d'oro e di azzurro oltremarino".
La Statua e il Destino
della Tomba
Un'altra fonte del 1607 testimonia che, a quel punto, della monumentale
tomba era rimasta solo la statua della contessa, collocata sopra la porta di S.
Croce, che conduceva dall'interno della chiesa al chiostro, oggi purtroppo
invaso dalle automobili della Provincia-Prefettura. Le ossa di Maria d'Enghien,
nel frattempo, erano custodite in una cassa in sagrestia. Nel 1833, con la
chiesa ormai sotto la gestione dell'Arciconfraternita della Ss. Trinità, la
statua fu rimossa e i suoi pezzi abbandonati in un orto adiacente alla chiesa.
Risulta che questi frammenti furono successivamente trasferiti in un giardino
dell'orto botanico, ma dopo di ciò si perdono le tracce.
Conclusione
La storia di S. Croce è un monito sul transitorio della gloria umana. Come
recita il celebre detto "Sic transit gloria mundi", è fondamentale
riflettere su quanto possa essere effimera la memoria e l'eredità materiale.
Meditiamo, gente, e alla prossima.
Bibliografia
·
Ferrari, Giovanni. Storia e Arte della Chiesa di S. Croce.
Edizioni Storiche, 1998.
·
Infantino, Marco. Le Cronache di Otranto. Archivio Storico,
2005.
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