È solo questione di gentilezza?
È solo questione di gentilezza?
di Antonio Bruno
“In quest'epoca di
incertezza e di paura abbiamo bisogno di un antidoto all'odio.” Dacia
Maraini
“La gentilezza non
può bastare ma è certamente sufficiente il reciproco riconoscimento di
legittimità.” Antonio Bruno
Non l’ho letto, ma ho intenzione di acquistare un libro,
scritto da Dacia Maraini, che afferma la possibilità di una rivoluzione
gentile. Le parole sono molto importanti e il significato che noi attribuiamo
alla parola gentilezza, non va d’accordo con quello che attribuiamo alla parola
rivoluzione.
Nell’immaginario collettivo la parola rivoluzione evoca
tumulti, violenza e spargimenti di sangue che non credo proprio siano
comportamenti che possiamo definire gentili.
Sempre nel libro c’è una domanda che acuisce ancora di più
la contraddizione tra questi due diversi comportamenti, alla presenza di uno
dei quali si esclude l’altro, che è la seguente:
Ma si può lottare per la giustizia sociale e climatica, per
il rispetto delle donne e in favore della solidarietà usando come arma,
semplicemente, la gentilezza?
Lottare con le armi della gentilezza. Parole che si
contraddicono, la gentilezza che indica come comportamento la lotta, ovvero un
comportamento violento che certamente non può essere gentile.
Io avrei scritto che è possibile l’uguaglianza tra tutte le
persone, la conservazione dell’ambiente e della nostra situazione climatica, attraverso
la solidarietà tra persone che si comportano in maniera tale da ritenersi
reciprocamente legittime e conseguentemente rispettandosi.
Tutto questo può essere frutto di reciproca gentilezza, ma
può anche essere messo in atto mantenendo la propria gentilezza con persone che
invece non intendono avere con noi comportamenti gentili.
Anche le persone “NON GENTILI” sono legittime, solo che
hanno dei comportamenti che non creano benessere quando sono in relazione con
persone gentili. Per questo motivo le persone gentili si allontanano da quelle che
hanno comportamenti “NON GENTILI” pur continuando a ritenerle legittime e degne
di rispetto.
Dov’è possibile ottenere il riconoscimento reciproco come persone
legittime? Qual è il luogo o la relazione, che ci porta a desiderare di
affrontare ogni circostanza nel modo che ho esposto?
Per le persone omosessuali, eterosessuali e di ogni
preferenza relazionale affettuosa è possibile che il riconoscimento reciproco
di legittimità si realizzi nella relazione d’amore con l’altra persona, nella
convivenza con l’altra persona.
Tutto questo è possibile se nella nostra infanzia abbiamo
sperimentato la relazione con persone che ci ritenevano legittimi così
com’eravamo, senza chiederci di cambiare e che, conseguentemente, ci hanno rispettato
senza che noi dovessimo fare nulla per ottenere il loro rispetto.
Se nella nostra vita, sin da piccoli, abbiamo vissuto in una
famiglia anaffettiva, dove i rapporti erano basati sul potere dei genitori, la
sottomissione delle femmine ai maschi, dei figli e della moglie al padre –
padrone, allora non potremo mai avere dei comportamenti basati sul
riconoscimento reciproco della legittimità che poi è ciò che distingue una
relazione d’amore da quelle basate sul potere con la dinamica dominio -
sottomissione.
Perché in definitiva di questo si tratta, di amore.
Solo se riusciremo a sperimentare una persona che ci ama per
come siamo, esattamente come siamo, allora potremo desiderare di relazionarci
con noi stessi e con le altre persone ritenendoci reciprocamente legittimi e,
conseguentemente, rispettandoci reciprocamente.
Ci sono molti esempi di persone che hanno amato
immotivatamente, senza chiedere nulla in cambio. Ci sono persone che amano
altre persone esattamente così come sono, che non si sognerebbero mai di
chiedere alle persone con cui sono in relazione, che devono cambiare per poter
sperare di essere amate.
Le parole sono importanti e noi usiamo parole che descrivono
comportamenti della nostra cultura matriarcale – patriarcale. Parole che
generano disagio in noi e nelle persone con cui ci relazioniamo sottomettendoci
se sono più potenti di noi, oppure dominandole se sono considerate dalla nostra
cultura persone inferiori a noi. Parole non umane che ci fanno ammalare.
Possiamo desiderare d’amarci e d’amare, possiamo farlo con
la persona con cui abbiamo deciso di convivere, di avere una relazione, che
amiamo o che diciamo d’amare. Possiamo desiderare di farlo e non c’è bisogno
che lo facciano anche gli altri. Funziona anche se lo facciamo solo noi. È un
desiderio personale, intimo, profondo che può emergere dalle esperienze che
abbiamo fatto da bambini, oppure da quelle che potremo cercare di fare da
adulti se abbiamo avuto la disgrazia di vivere in una famiglia con genitori
anaffettivi.
In conclusione per vivere in salute, senza tradire noi
stessi, per vivere in modo umano, non dobbiamo fare altro che desiderarlo e
tutto intorno a noi sarà solo ed unicamente benessere. Pensiamoci.
Buona riflessione a tutti
Antonio Bruno
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