San Cesario di lecce: Il Natale nel passato vivo nel presente
Il buon Alessio mi ha scritto: "In prossimità del Natale , cosa ne pensi di fare un articolo
su cosa si faceva un tempo a San Cesario per Natale?"
La prima risposta che mi
viene è “nnu sunettu” che i bambini mie compagni di scuola mi insegnarono:
A rriatu Natale
Nu sacciu cce fare
Me piu la pippa
E mme mintu a fumare
Il Natale di quando ero piccolo io, quello degli anni 60 del
secolo scorso.
Nove giorni prima del Natale incominciava la novena e la mamma
si alzava prestissimo e assonnata andava in Chiesa. Il canto di quegli anni era
“Tu scendi dalle stelle” e vi assicuro che sentivo aria di festa nell’aria.
A scuola il Bidello Nino con il camice grigio preparava un
grande presepe nell’atrio della Scuola Elementare Giovanbattista Saponaro, usava i ceppi di vite divelti
che inchiodava su degli assi e poi li ricopriva con dei fogli di carta di
giornale intinti in acqua e farina. Quando ascigavano ecco che li colorava e,
magicamente, diventavano alte montagne e rigogliose valli con ogni sorta di
artigiani e pastori e re magi che si dirigevano verso la capanna che aveva dentro San Giuseppe, la Madonna e il bue con l’asinello.
Dalla Putea te la Rita o te la Maria in Via Michele Saponaro correvo
ad acquistare una letterina di Natale che il maestro mi aveva chiesto di portare a scuola.
L’acquisto doveva essere fatto in segreto. Poi in classe ecco che ci aiutava a
comporre una lettera indirizzata ai nostri genitori. Per giorni e giorni si
preparava la recita di Natale. Ricordo che in quinta elementare al posto della
solita recita il mio maestro Alberto Tangolo ci fece fare una danza con le ragazze della V Elementare della Signora Terzi. Mi vergognavo da morire a fare quella danza perchè prevedevo che saremmo stati presi in giro. E non mi sbaliai, fummo presi in giro da tutti i maschi!
La lettera l’avrei poi messa sotto il piatto di papà e
l’avrei letta il giorno di Natale.
Poi la Vigilia di Natale le pittule! E don Franco Lupo che è nato a San Cesario di Lecce da una mamma che era anche lei nata a San Cesario descrive ciò che faceva la sua mamma in questa splendida poesia
...Le pittule Le pittule ce suntu me sai dire?
Nu picca te farina a mienzu l'uegghiu,
ma lu Natale nu se po sentire
se mancanu le pittule : lu megghiu !
Le pittule la sira te Natale
le frisce mama, iou me le rregettu
Su belle caute e nu me fannu male
puru se quarche tuna brucia mpiettu
Le pittule a Natale su de casa
pe li signuri e pe li pezzentusi
Le iti tutte 'ntaula intra la spasa
le mangianu li ecchi e li carusi
La uei na pittulicchia Mamminieddrhu?
Auru nu tegnu, suntu Frusculieddrhu
La notte della vigilia di Natale tutti riuniti si mangiavano
mandorle e pinoli e tutta la famiglia era intenta ai giochi natalizi, le donne
e noi bambini con la tombola, mentre gli uomini mazzetti e sette e mezzo!
A mezza notte la processione e le preghiere e le litanie
guidate dalla mamma e poi, tutti insieme, si metteva il bambino nella grotta.
Poi il giorno di Natale tutti a messa con il vestito nuovo.
A mezzogiorno io e le mie sorelle mettevamo le letterine di Natale sotto il
piatto di papà. Solo dopo l’avremmo letta in presenza dei nonni che venivano a
pranzo da noi ecco che ci davano le 100 lire che poi avremmo speso per acquistare i semi
e le arachidi te lu Santu.
L’altra cosa che richiedeva una preparazione laboriosa da
parte della mamma erano “li purceddrhuzzi e le carteddrhate” che cominciavamo a
mangiare proprio in quel pranzo del giorno di Natale.
Io e le mie sorelle non avevamo regali per Natale, non c’era
nulla sotto l’albero che mio padre ricordo acquistò e decorò con palline
colorate e luci intermittenti che ogni anno richiedevano la consulenza di un
elettricista perché se non ne funzionava una allora la serie non si accendeva.
L’intermittenza era data da grosse spine verdi che si mettevano alla presa e
che erano collegate con le serie.
I regali per noi bambini sarebbero arrivatiil 6 gennaio portati dalla befana. Io
personalmente partecipavo con le mie sorelle alla “befana del ferroviere”
spettacolino fatto dai figli dei ferrovieri presso il dopolavoro ferroviario
sito al passaggio a livello che c’era prima sulla strada per andare da Lecce a
Lequile.
Ti ho raccontato il Natale del tuo papà figlia mia. Un
Natale povero ma bellissimo! Ti ho detto queste cose in maniera tale che,
quando ti farai grande, potrai raccontarlo ai tuoi figli.
E magari reciterai “stu sunettu”:
mamminieddhru miu te core,
a tie ticu cu me sienti
l'omu quannu nace riccu,
passa tanti te trumienti
ieu nu boiu mueru ricca ,
ca stu munnu aggiu lassare
ma provvedime nu picca ,
sai ca maggiu maretare
Antonio Bruno Ferro
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