La pagina è di Alessandro Cannavale



Io non sono daccordo
Nasciamo tutti nella fiducia di essere nutriti, protetti, accarezzati, accolti.. non nasciamo randagi ma amati. Non siamo randagi nemmeno sino a quando non ci viene detto che "avevamo scherzato, vince il più forte, gli altri sono tutti nemici e che CHI PECORA SI FA, IL LUPO SE LO MANGIA". C'è chi si aliena come LUPO e chi invece lo fa comePECORA. Diventano randagi solo quelli che non accettano di non essere "esseri umani".#magicoalchimista

La mia desidera essere un'osservazione. 
Con un Post Scriptum. 

C'è chi invece continua nella cultura del rispetto e del riconoscimento della legittimità reciproca e decide di conservarla per il resto della sua vita COLLABORANDO E COOPERANDO con tutti, nessuno escluso. Io ho scelto di conservare questa cultura.
Mi spiego meglio: il randagio è chi decide di lottare contro la cultura della competizione (capitalismo e liberismo), di fatto è in quella cultura, compete a sua volta.


  • AIessandro CannavaIe Antonio Bruno le ho risposto sulla sua pagina. L'accezione data al termine "randagio" nell'indagine di versi e disegni pubblicata è diversa da quella che lei ritiene di aver colto in questi versi. Infatti anche qui viene fatto esplicito a Camus, proprio per dire che il randagio rischia di cadere nell'impeto di una infruttuosa rivolta anziché puntare a una cooperazione salvifica; ciò proprio per via della condizione emotiva, percettiva o economica in cui si trovi a vivere, in alcuni momenti della vita, più o meno prolungati. Buon pomeriggio
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  • Antonio Bruno Questo commento è per me illuminante. Non ho letto Camus e le chiedo di consigliarmi in proposito.
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  • AIessandro CannavaIe Il randagio che ho descritto troppo spesso non ha la lucidità e l'ampiezza dello spettro percettivo idonei a trarre le conclusioni (giuste) che lei pone sul tavolo. Il randagio che ho descritto è il precario che perde il lavoro nell'indifferenza come un padre che muore nel cancro. Per citare due esempi su tutti.
  • Antonio Bruno Capisco. Un uomo che non riflette. Perchè se riflettesse non accadrebbe quanto da lei descritto.
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  • AIessandro CannavaIe Mi permetto di suggerirle (ma senza voler sembrare antipatico, solo per condividere una lettura illuminante: "l'uomo in rivolta"). Ancora saluti.
  • Antonio Bruno Le riporto una mia libera traduzione di Humberto Maturana Romesín: A proposito della cultura della competizione (capitalismo e liberismo) e della possibilità della cultura della cooperazione

    Le culture sono sistemi costitutivamente conservativi. Qualc
    uno diventa un membro di una cultura, o nascendo in essa, o unendosi ad essa da giovane o da adulto, in un processo di apprendimento della rete di conversazioni che la costituiscono, partecipando a quelle stesse conversazioni nel corso della vita come membri di quella cultura. 
    I bambini, o gli adulti appena arrivati dai paesi lontani, che non entrano in tale processo, non diventano membri della cultura, e sono espulsi, esclusi o accettati come residenti stranieri. La cultura è costitutivamente un sistema omeostatico per la rete di conversazione che lo definisce, e il cambiamento culturale, in generale, non è facile e, soprattutto, non è facile la nostra cultura patriarcale che è costitutivamente un dominio di conversazioni che genera e giustifica esplicitamente azioni distruttive contro chi direttamente o indirettamente la nega con il comportamento. 
    È in relazione a questa dinamica patriarcale conservatrice, che l'origine della democrazia è un caso peculiare del cambiamento culturale, poiché si pone nel mezzo di esso come una rottura improvvisa delle conversazioni di gerarchia, autorità e dominio, che la definiscono. 
    Riflettiamo su cosa può essere successo.
    La nostra cultura attuale ha le sue fonti di conflitto perché è fondata sul flusso di un'emozione contraddittoria che ci conduce alla sofferenza o alla riflessione. In effetti, la crescita del ragazzo o della ragazza nella nostra cultura patriarcale europea passa attraverso due frasi opposte.
    La prima fase si svolge nell'infanzia del ragazzo o della ragazza, mentre lui o lei entra nel processo di diventare umano e crescere come membro della cultura di sua madre, in una vita focalizzata sulla biologia dell'amore come dominio delle azioni che costituiscono l'altro come legittimo altro in convivenza con le altre persone che costituiscono la famiglia o che ad essa sono vicine, in una vita che gli adulti della cultura patriarcale in cui sono immersi vedono come un paradiso, come un mondo di fiducia irreale, tempo infinito e indifferenza.
    La seconda fase inizia quando il bambino viene spinto o condotto per entrare "nel mondo reale ", nella vita adulta, e inizia a vivere una vita centrata sulla lotta e appropriazione nel gioco continuo dei rapporti di autorità e subordinazione. 
    Nella prima fase della sua vita, il ragazzo o la ragazza vivono come in una danza gioiosa nell'estetica della convivenza caratteristica armonica della coerenza sistemica di un mondo che è configurato nella cooperazione e comprensione.
    La seconda fase della sua vita nella nostra cultura patriarcale europea è vissuta dal bambino o ragazza che vi entra, o dall'adulto che è già lì, come uno sforzo continuo per l'appropriazione e il controllo del comportamento degli altri, combattendo sempre contro nuovi nemici e, in particolare, uomini e donne entrano nella continua negazione reciproca della propria sessualità, sensualità e della tenerezza della convivenza. 
    Le emozioni che guidano queste due fasi della nostra vita patriarcale europea sono così contraddittorie che si oscurano a vicenda. La cosa comune è che le emozioni degli adulti predominano nella vita adulta fino a quando non sarà presente la sempre presente legittimità biologica dell'altro. Quando questo succede, iniziamo a vivere una contraddizione emotiva che cerchiamo di affrontare attraverso il controllo o l'autocontrollo, o trasformandola in utopie di letteratura, o accettandola come un'opportunità per una riflessione che viviamo come un processo che ci porta a generare un nuovo sistema di richieste all'interno della stessa cultura patriarcale, o lasciando il mondo per rifugiarsi nella disperazione, o diventando nevrotico o vivere una vita nella biologia dell'amore.
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  • AIessandro CannavaIe Antonio Bruno ci siamo perfettamente intesi. E non riflette, come non riesce ad apprezzare il bello, un sorriso, l'amore, se non a sprazzi, perché i suoi occhi hanno ormai la luce degli occhi di un cane abbandonato. Al quale resta la morte o un destino di randagio.
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  • Antonio Bruno AIessandro CannavaIe bellissima immagine, grazie
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  • AIessandro CannavaIe Grazie per il brano. Tutto quel che le scrivo non esclude che la mia indagine possa essere incompleta, emendabile. Di sicuro, se oggi siamo qui a parlare di cose che mi stringono ancora il cuore, credo sia un bene che abbiamo interagito.
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  • Antonio Bruno Io ne sono lieto. Rispetto e ritengo legittimi tutti, nessuno escluso, ma coordinarmi con un altro essere umano, come è successo oggi, non mi è mai accaduto sino ad ora.
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  • Damiano Portaluri Basterebbe parlare con il popolo lasciarli liberi di parlare, senza condizionarli xil favore ricevuto
  • Antonio Bruno Damiano, siamo noi che diamo il potere. Se accettiamo qualcosa che prevede che l'ottenimento sia subordinato al nostro condizionamento gli diamo il potere. Siamo noi che gli diamo il potere. Ma c'è una buona notizia: possiamo non dargli il potere.


  • AIessandro CannavaIe Lieto anzitutto del suo commento e grato per la sua attenzione. I versi che lei riporta sono tratti dalla raccolta di versi e disegni intitolata Versi Randagi, ed. Les Flaneurs, del sottoscritto e di M. Piro. La riflessione sul "randagismo" a cui appartengono è piuttosto complessa e parte da esperienze personali, fino a descrivere la condizione, anche temporanea, in cui ci si trovi per via di una malattia o del precariato lavorativo. Questi versi, in particolare, fanno riferimento a dei precisi risvolti sociali, richiamando la "rivolta", nel senso di Albert Camus. Le auguro una buona giornata. Alessandro
  • Antonio Bruno Gentile Alessandro, ho molto apprezzato i suoi versi che, come ha potuto leggere hanno fatto emergere in me delle osservazioni. La lettura della cultura in cui è tutto l'Occidente è perfetta. Io ho approfondito alcuni aspetti della biologia trattati daHumberto Maturana Romesín che hanno fatto emergere in me quelle parole che le ho scritto. In sintesi tutte e tre le possibili interpretazioni (Lupo, Pecora, Randagio) non fanno parte dell'umano, almeno dal punto di vista biologico. La nostra natura è fatta di collaborazione cosa che è testimoniata dal funzionamento del nostro corpo in maniera naturale e senza sforzo.
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