Vivere in competizione non ci fa fare cose migliori



Da una prospettiva umana possiamo sempre riflettere se ci piace quello che stiamo facendo.
Viviamo in una cultura della competizione, della vittoria, del progresso, del successo. LA COMPETIZIONE IMPLICA IN MODO EFFICACE LA NEGAZIONE DI CIÒ CHE SI FA, PERCHÉ SI FANNO LE COSE IN BASE A CIÒ CHE UN ALTRO FA, CIÒ CHE GUIDA IL FARE NON È CIÒ CHE VOGLIO, MA CIÒ CHE FA L'ALTRO. C'è una partita di calcio, il perdente è il più importante, perché se qualcuno non perde, l'altro non vince.
Poiché siamo concentrati su questa idea che dobbiamo competere, dobbiamo vincere, dobbiamo essere migliori di un altro e dobbiamo raggiungere il primo posto, siamo sempre in questa situazione in cui neghiamo gli altri , per essere in grado di realizzare qualcosa, perché pensiamo o agiamo come se il raggiungimento di qualcosa in termini di qualità del nostro agire dipenda dall'altro, e questa nostra credenza non è vera.
Ci sono ancora alternative per vivere in modo diverso. Non siamo condannati, per fortuna, possiamo sempre riflettere. La riflessione è che ci si ferma a guardare quello che si sta facendo e ci si chiede: MI PIACE QUELLO CHE STO FACENDO. DEVO FARLO O NO? " Questa domanda mette ognuno di noi nelle condizioni di dover guardare a ciò che si sta facendo, e per guardarlo, dobbiamo fermarci. In quell'atto di riflessione, si apre la possibilità di cambiare direzione, di renderci conto se vogliamo davvero fare quello che stiamo facendo".
Vivere in competizione, nella lotta, nel continuo sforzo del successo, non ci fa fare cose migliori e, soprattutto, non ci permette di aprire spazi di riflessione che in grado di consentirci di scegliere un percorso o l'altro in base a ciò che noi vogliamo vivere.

Humberto Maturana Romecin 2013

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