Nel mio paese non partecipo all’organizzazione delle feste né alla gestione del Comune

 Nel mio paese non partecipo all’organizzazione delle feste né alla gestione del Comune

di Antonio Bruno Ferro 



Ieri sera le conversazioni della piazza hanno toccato la questione della partecipazione alla convivenza sociale di San Cesario di Lecce.

Un concittadino mi ha detto che ha una regola che lo fa vivere bene ovvero: ”Mai far parte dei Comitati feste patronali e dei gruppi che si candidano alla gestione del Comune”.

Un altro concittadino mi ha parlato delle sezioni dei partiti che c ‘erano a San Cesario di Lecce sino agli anni ’90 e mi ha confidato che s’era iscritto a una di queste sezioni di partito perché “credeva nella proposta di gestione dei beni comuni” fatta nell’esclusivo interesse della Comunità.

Poi ha riscontrato che la sezione era un mezzo per ottenere dei privilegi e se ne è allontanato.

Cittadini questi che non sono stati vittime, come lo fui io, della brama di ottenere il POTERE che è un comportamento che ha alla base una emozione che è “il piacere di essere serviti”. Mi sono chiesto quale sia stato il motivo che ha fatto escludere a questi cittadini il mettere in atto dei comportamenti finalizzati all’ottenimento del POTERE e conseguentemente del piacere di essere serviti.

Per capire quale sia la motivazione ho fatto il ragionamento inverso, ovvero ho osservato le performance di convivenza sociale dei concittadini che, come me, si sono organizzati in manipoli decisi di donne e uomini che attraverso la lotta politica CONTRO altri manipoli decisi, senza esclusione di colpi, a qualsiasi costo, costi quel che costi, hanno conquistato il POTERE e quindi hanno provato IL PIACERE DI ESSERE SERVITI.

Ho osservato che dalla mia nascita, avvenuta nel 1957, sin sono susseguiti nel nostro paese 15 nostri concittadini che hanno ricoperto l’incarico di Sindaco e 2 Commissari Prefettizi.

Nelle conversazioni che ho fatto con i concittadini su questo argomento ho preso atto che, per i miei interlocutori, nessuno di questi concittadini e nessuno degli altri numerosissimi concittadini che li hanno affiancati nella gestione del Comune, risulta un modello da imitare.

Insomma nell’immaginario dei miei interlocutori, tra i desideri, non c’è l’incarico di amministratore dei beni comuni e, meno che mai, quello di primo cittadino.

Ma perché questi concittadini non considerano desiderabile l’incarico di Sindaco?

La risposta è venuta da uno di loro, quando mi ha ricordato che io ho tentato la conquista del POTERE, e che per quello mi ERO BRUCIATO. Mi hanno anche ricordato i trascorsi nella sezione locale della DC con la mia sconfitta da capolista alle amministrative del 1990, poi nel 2004 per un breve periodo nell’UDC ed infine le mie apparizioni televisive per il Movimento Regione Salento.

Ho riflettuto sulla parola BRUCIATO e sono giunto alla conclusione che non è quella giusta. Io sono stato SCONFITTO e altri hanno VINTO. In quanto sconfitto io sono stato escluso.

Nella conquista del potere finalizzato al piacere di essere servito ci sono vincitori e vinti, non ci sono mai vittime.

Ai vinti non resta che prendere atto dell’esclusione, perché mai potranno collaborare con i vincitori alla gestione dei beni comuni, per la semplice ragione che questi ultimi sanno benissimo che gli sconfitti non cercano che la rivincita per poter conquistare l’agognato potere, “FARLI FUORI” e provare finalmente il piacere di essere serviti.

Per quanto riguarda le Feste Patronali non essendoci una contabilità certa, in quanto le entrate sono i contributi economici che liberamente offrono i cittadini, il pericolo è quello di vedersi attribuita la colpa di essersi impossessati di parte dei contributi. Un po’ lo stesso sospetto che agita le menti di chi frequenta le organizzazioni religiose. Queste ultime, pur proclamandosi in genere interessate allo spirito più che alla carne, hanno tra le loro maggiori occupazioni, quella di raccogliere fondi e di realizzare edifici per l’accoglienza e per la somministrazione di cibi.

La nostra cultura patriarcale è in definitiva un deterrente alla partecipazione e alla collaborazione. Tutti abbiamo un piacere nel metterci insieme ad altre persone per il piacere di stare insieme. Ma questo piacere ha un altro piacere che lo condiziona, che è il piacere di essere serviti.

In definitiva tutti noi proviamo il piacere di stare insieme incontrandoci per il piacere di farlo. Quando ciò accade alcuni di noi cominciano a lottare per ottenere il potere che è agognato in quanto genera il piacere di essere serviti.

Per provare il piacere di essere servito un cittadino deve avere altri cittadini che “lo servono”. I cittadini che “servono” il potere in genere non provano piacere. Quindi i cittadini che provano “il piacere di essere serviti” provocano DISAGIO nei cittadini che hanno il compito di servirli.

Ecco che pur continuando a desiderare di stare insieme per il piacere di stare insieme, molti concittadini non si avvicinano né alle organizzazioni delle feste patronali, né alla gestione dei beni comuni, PER NON PROVARE IL DISAGIO DI DOVER SERVIRE I CONCITTADINI CHE HANNO CONQUISTATO IL POTERE.

Infine io stesso riflettendo sono giunto alla conclusione che, nella nostra cultura patriarcale, posso provare il piacere di stare assieme agli altri concittadini, per il piacere di stare assieme agli altri concittadini solo se rinuncio alla conquista del POTERE per ottenere il PIACERE DI ESSERE SERVITO.

Antonio Bruno Ferro

 

 

 

 

 

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