Il luogo comune degli economisti: “Vorrei, ma non posso”



E’ tutto giusto, i provvedimenti vanno nella direzione di aiutare i più deboli e favorire la giustizia sociale, ma noi italiani non ce lo possiamo permettere. Basta andare in giro tra un articolo e l’altro dei giornali oppure tra un canale e l’altro dei dibattiti Tv, per ascoltare da "dotti medici e sapienti" questa affermazione.
E stringi, stringi, questo hanno detto Andrea Boitani (docente di Economia politica presso l'università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Claudio De Vincenti (docente di Economia politica presso l'Università “La Sapienza” di Roma), Alessandro Fusacchia(parlamentare), Guglielmo Forges Davanzati (Docente di Storia dell’analisi economica dell’Università del Salento), Andrea Conte (Team Leader Commissione Europea) moderati dalla  Giornalista della Tv La7 Paola Moscardino che sono tutti quelli che hanno partecipato Venerdì 26 ottobre alla conversazione “Sette luoghi comuni sull'economia del Teatro Pisiello di Lecce nell’ambito del festival “Conversazioni sul futuro”.


Insomma “vorrei, ma non posso” è il luogo comune che gli economisti utilizzano per liquidare le sacrosante ragioni dei disoccupati italiani e degli ultrasessantenni che vorrebbero andare in pensione con quota 100.
Riferendosi al Papa, che ha detto che è solo il lavoro che da dignità, il mio amico prof. Fabio Palma scrive: “Coerenza vorrebbe che il pontefice dichiarasse con forza la immoralità e insostenibilità di questo sistema e prospettasse un'alternativa forma di organizzazione sociale globale non competitiva ma cooperativa e umanitaria”.
Il fatto è che il Papa l’ha dichiarato lo stesso giorno rispondendo alla domanda postagli da Federica di Ancona , 26 anni:  «Quale è la strada per la felicità?» Alla quale Papa Francesco ha risposto: «Quella di oggi è la cultura del trucco, quello che conta sono le apparenze e il successo, anche se si calpestano gli altri». Un esempio plastico: «La mano della competizione è chiusa e prende, fa i calcoli, non si mette in gioco. Aprire la mano è l’anti-competizione, si mette in gioco, si sporca le mani, ha la mano tesa per salutare e abbracciare». Propone il servizio contro questa cultura che annienta i sentimenti: «Se tu nella vita non rischi, mai sarai matura, mai dirai una profezia. La cultura del convivere, della fraternità è una cultura di servizio che si apre e si sporca le mani. Questo gesto, della mano aperta, è essenziale».
Il Papa le cose le dice, i giornalisti le scrivono, le divulgano, solo che non arrivano a tutti, nemmeno ai più attenti come il mio amico prof. Fabio Palma.
Perché il messaggio di abbandonare la competizione non passa? Perché nessuno si accorge che è proprio questo comportamento disumano la causa di tutto questo affermare che vorremmo tanto aiutare gli altri, ma non possiamo come dire: «sai? Io vorrei tanto che anche tu avessi un reddito di cittadinanza, ma non posso, perché c’è il fatto che io devo avere sempre di più, sempre di più… e se do a te il necessario poi io sono costretto a privarmi del superfluo».
Completamente cancellata un'altra grande verità che è il frutto della produzione senza freni, della crescita del PIL ovvero il fatto che stiamo consumando le risorse naturali mettendo in pericolo la casa di tutti noi  ovvero il Pianeta Terra.
Tutti zitti! Anzi, tutti a scrivere e a dire che dobbiamo fare di tutto per far crescere il PIL, che solo in questo modo possiamo permetterci il reddito di cittadinanza e la possibilità di fare andare in pensione gli ultra sessantenni.
L’unico orizzonte di riferimento da cui partire in una conversazione tra noi cittadini del Pianeta Terra  è questo: “Verso l’organizzazione sociale globale non competitiva ma cooperativa e umanitaria per conservare il nostro Pianeta e la nostra felicità". Insomma la conclusione è che dobbiamo continuare a conversare sul futuro per tornare ad essere umani.

Antonio Bruno Ferro

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