La ragazza olandese di 17 anni e il suo suicidio assistito
Perché Noa Pothoven, 17 anni, ha chiesto di avere il suicidio
assistito ed è morta domenica ad Arnhem?
È un fatto che è accaduto, non c’è alcun dubbio su questo.
Il dolore mentale è stato tale che l’epilogo è stata la richiesta fatta da Noa
Pothoven di morire; per non sentirlo più, e l’accoglimento di tale richiesta da
parte dell’intera società olandese ha messo fine alla sua brevissima vita.
Humberto Maturana e Ximena Dávila, un biologo e una epistemologa
del Cile nel loro libro El árbol del vivir scrivono:
“La nostra
collaborazione reciproca è iniziata nel 1999, parlando di due osservazioni che
sorgono nel lavoro di orientamento familiare di uno di noi (Ximena). Il primo
si riferisce, quando ci rendiamo conto quando parliamo con le persone che lo
consultano il dolore per il quale
chiedono aiuto relazionale è sempre di origine culturale, ed è così l'altra
o l'altro conserva nella sua vita quotidiana, senza rendersene conto e come un
suo aspetto di identità individuale, l'accettazione della legittimità di una
svalutazione della loro dignità sofferto in un diniego dell'amore vissuto anni
prima, quel file, esplicitamente o implicitamente, accettato come valido dal
suo ambiente culturale.
Il secondo si
riferisce alle persone che consultano mostrando anche la via d'uscita di quel
dolore nel recupero del rispetto di sé nella conversione dell'amore.
È, da quella
estensione della comprensione del nostro vivere e coesistere
biologico-culturale umano come esseri che vogliamo conversare e conservare
quello sguardo riflessivo che una conversazione che libera porta con sé, che il
nostro lavoro è orientato ad approfondire la comprensione delle nostre
dinamiche sensoriali-relazionali-operative.”
In sintesi è la cultura nella quale viviamo che ha
determinato il dolore mentale di Noa Pothoven, e che determina il dolore
mentale di tantissimi che per ottenere un po’ di sollievo ricorrono agli psicofarmaci,
alla psicoterapia o alle pratiche di ogni tipo e natura, messe in atto dalle
religioni e dai terapeuti delle più svariate teorizzazioni di tecniche di
guarigione.
È da agosto 2018 che ho delle conversazioni, direi quasi
quotidiane, con Humberto Maturana, Francisco Varela e Ximena Dávila; la deriva
naturale mi ha portato sino a loro passando da tutto quello che c’era disponibile.
In quella conversazione, che è fondata sulla riflessione, ho avuto la
possibilità di comprendere le mie dinamiche sensoriali-relazionali-operative e,
conseguentemente, di avere consapevolezza delle mie emozioni. Queste ultime
determinano i miei comportamenti, questa riflessione fa emergere la possibilità
di cambiare le mie emozioni, ed è cambiando loro che i miei comportamenti
cambiano.
Solo la conversazione riflessiva può portare a questo
cambiamento emotivo. Mi sento di affermare, senza paura di essere smentito, che
i tentativi della 17enne Noa Pothoven sono falliti, perché
non le hanno dato gli strumenti che le facessero emergere emozioni diverse da
quelle che le risultavano insopportabili, al punto di chiedere di essere assistita
al fine di smettere di vivere e, conseguentemente, di soffrire.
Ultima spiaggia che nessuno ha saputo come evitare, Noa
Pothoven è ricorsa alla soluzione finale perché nessuno ha saputo o potuto darle
altre possibili soluzioni.
La prossima volta, se capitasse, chiamiamo Humberto Maturana
e Ximena Dávila o chi ha avuto conversazioni con loro, perché potrebbe darsi
che, attraverso la riflessione e la conservazione della cultura che ci ha visto
venire al mondo, nella fiducia di essere accolti, protetti, nutriti e difesi,
un essere umano abbia accesso ad una vita di benessere trovando il senso della sua esistenza che, a scanso di
equivoci, è la sua esistenza stessa.
Antonio Bruno Ferro
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