Quando non diciamo ciò che dovremmo dire, non viviamo ciò che dovremmo vivere (in viaggio con papà)
Sono rientrato ieri da un viaggio in treno. E' bello
viaggiare così, in un Mondo ovattato che cambia continuamente ad ogni sguardo
che si poggia sul vetro del finestrino. Un Mondo di sconosciuti viaggiatori
provenienti da chissà dove e diretti, chissà perché, negli stessi luoghi che
attraversi tu. Un Mondo che ha perduto il piacere del racconto. Già, perché
rispetto ai miei viaggi in treno della mia infanzia, quelli che facevo con papà
nei primi anni 60, ho osservato che non c'è più il parlarsi sino a quando,
ormai sfiniti, si crollava nel sonno scomodo di quei vagoni. Gli anni 60,
quando per percorrere il tratto da Lecce a Milano si impiegavano dalle 18 alle
20 ore, tutti stipati in scompartimenti con 8 posti a sedere, con le valige che
rischiavano di venire giù ad ogni fermata. Ma quanti racconti ho fatto ed
ascoltato in quei viaggi. Quanti visi di donne e uomini, e vite impensabili e
piene di sorprese, ho percorso in treno. Gli umani si distinguono dal resto
degli organismi viventi, perché hanno il linguaggio. Siamo umani adesso? Io
penso che quando non diciamo ciò che dovremmo dire, non viviamo ciò che
dovremmo vivere.
Antonio Bruno Ferro
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