Riflettendo sull’intervista di Carlo Maria Salvemini: come fare a non escludere le oligarchie?
Ho riflettuto sull’intervista rilasciata al “Fatto
Quotidiano” dal Sindaco di Lecce Carlo Maria Salvemini, in particolare sulla
mancanza di partecipazione alla vita del partito democratico delle persone che lo
desiderano perché le oligarchie a tutti i livelli, nazionale, regionale,
provinciale e comunale respingono chi tenta di avvicinarsi con l’intento di prendere
parte attiva alla vita del partito.
Secondo me questo è un fatto squisitamente culturale, e perciò
come tale va trattato. In effetti questo respingimento, a mio avviso, non
avviene solo nel partito democratico ma in ogni istituzione che sia composta da
persone di cultura basata sulla competizione.
In qualunque organizzazione antropologica, una volta che sia
finito lo stato nascente di movimento, vi è la tendenza a trasformarsi in istituzione
che è l'atto, o il complesso di atti, con cui si istituisce, cioè si fonda, si
stabilisce, si introduce nell'uso qualche cosa, nel caso in specie, si introduce
quella specifica organizzazione con quelle specifiche persone.
Nell’istituzione, a seconda della cultura dei suoi componenti,
si può sviluppare la competizione oppure la collaborazione.
Nell’ipotesi che i componenti dell’istituzione abbiano una
cultura che si fonda sulla collaborazione vi è la possibilità per chiunque,
anche a chi non fa parte dell’istituzione, di entravi a far parte e di
concorrere alla sua salvaguardia e al suo sviluppo. Tutto ciò nel rispetto
reciproco e nel reciproco riconoscimento di legittimità.
Se invece i componenti dell’istituzione appartengono alla
cultura della competizione, si forma ben presto, al suo interno, una oligarchia
o nel caso estremo una vera e propria tirannia, esercitata da chi ha ottenuto di
prevalere sugli altri componenti. Ai perdenti restano solo due possibilità: o
divenire sottomessi ed ubbidienti con l’oligarchia, oppure abbandonare l’istituzione.
Ecco perché le istituzioni composte da individui con la
cultura della competizione si rivelano non adatte ad accogliere nuove persone
al loro interno.
La partecipazione dei cittadini alla vita politica, come è
possibile osservare, si ottiene nella cultura della collaborazione; ed ottenere
la partecipazione democratica, per chiunque lo desideri, è quindi una questione
squisitamente culturale.
Partendo dal presupposto che, nel momento che si voglia
intrattenere relazioni democratiche, nessuno degli umani può essere escluso, c’è
da indagare come si possa conservare una relazione democratica con istituzioni che
hanno come fondamento la cultura della competizione, senza escluderle e senza
venire esclusi.
Prendo atto che il sistema di elezione del Sindaco e dei Consigli
Comunali, nei Comuni superiori a 15mila abitanti, favorisce la partecipazione
dei cittadini alla vita democratica.
In effetti qualunque cittadino che desideri organizzarsi con
altri cittadini può formare una lista civica che alleandosi con le oligarchie non
le esclude e, comunque ottiene in tal modo di non essere escluso.
Penso che tale sistema, che garantisce la vita democratica a
tutti e impedisce l’esclusione, sia da estendere per le elezioni di tutte le
istituzioni.
Antonio Bruno Ferro
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