Michele Tondo! Chi era costui?
Carneade (214-129 a.
C.), per allusione all'inizio
del cap. 8° dei Promessi Sposi, in cui don
Abbondio
si chiede: «Carneade! Chi era costui?»] (solo al sing.).
– Persona
ignota, mai sentita nominare: per me è un c.;
sono certo che verrà eletto un c.
qualsiasi.
carnèade in
Vocabolario - Treccani
Oggi con l’orologio di Piazza XX settembre di nuovo in
funzione è arrivata anche l’ora di Michele Tondo, nato a San Cesario di Lecce.
Confesso che sino ad oggi non sapevo nulla di questa persona e ringrazio questo
ricordo di Giovanni Bernardini che me lo restituisce per farmelo conoscere così
come l’aveva conosciuto lui.
Mi piacerebbe leggere altro di Michele Tondo di cui c’è
molto poco in rete, presumo perché è scomparso nel lontano 2001 quando la rete
internet era troppo giovane.
Buona lettura
Antonio Bruno Ferro
Ricordo di Michele Tondo (a 15 anni dalla scomparsa)
Scritto da Giovanni Bernardini
Giovedì 14 Aprile 2016 06:02
Quando il peso degli anni si fa sempre più grave, come
accade a me, ci accorgiamo che cresce la nostra solitudine, nel senso che le
persone più care, gli amici più fedeli ci hanno abbandonati. E i rimasti a
questo mondo li contiamo sì e no sulle dita d'una mano, anche loro spesso
invisibili poiché invecchiati e sofferenti.
Prendendo atto di questa triste realtà, propria della
condizione umana, non resta che affidarsi alla memoria, riandando indietro nel
tempo, a volte con nostalgia, a volte con rinnovato dolore.
Ecco dunque che, in questo viaggio a ritroso, incontro fra
gli altri l'amico fraterno Michele Tondo, scomparso quindici anni fa a Bari,
dove l'avevano portato i suoi studi, l'assistentato accanto a Mario Sansone e
infine la cattedra di letteratura italiana moderna e contemporanea in quella
Università.
Bisogna risalire alla metà degli anni Trenta per
rintracciare le radici della nostra conoscenza, poi man mano divenuta amicizia
profonda. Nell'anno scolastico 1935-36, provenendo da Ancona, avevo cominciato
a frequentare la III ginnasiale del "Palmieri" a Lecce. L'insegnante
di materie letterarie era il prof. Michelini, toscano, molto bravo e molto
severo. In quella classe primeggiava Oronzo Parlangéli di Novoli, divenuto in
seguito illustre linguista e dialettologo, stroncato purtroppo da incidente
automobilistico. Fra gli alunni più bravi c'era Michele Tondo di San Cesario.
Sedeva ad un banco con Francesco Riezzo di Squinzano, poi medico a Lizzanello.
Frequentammo insieme, dopo le classi ginnasiali, la I liceale. In quegli anni
crebbe e si cementò la nostra amicizia. Non c'incontravamo soltanto a scuola,
bensì nei rispettivi paesi: in bicicletta io raggiungevo San Cesario e lui
veniva a Monteroni, non tanto per studiare quanto per il piacere di stare
insieme e fare lunghe chiacchierate, anche alla presenza dei genitori, in
particolare la madre, alla quale Michele era molto legato.
La morte prematura di mio padre mi portò via da Lecce a
Pescara, presso la famiglia materna e nella II classe del Liceo-Ginnasio
"G. D'Annunzio". Saltata la III e iscritto alla Facoltà di Lettere
dell'Università di Firenze, fu lì, alla scuola di Giuseppe De Robertis, che mi
ritrovai con Michele. Egli proveniva da Roma, dove aveva seguito le lezioni di
Natalino Sapegno, e ora, con me, seguiva lezioni ed esercitazioni settimanali
(oggi seminari) tenute da De Robertis.
In quell'ambiente si rinnovò e rinsaldò la nostra amicizia,
tanto che Michele, come l'altro carissimo amico Luciano Graziuso, si associava
spesso al gruppo di studenti pescaresi da me frequentato.
Le drammatiche vicende della guerra ci separarono ancora una
volta, finché ci ritrovammo in questo profondo Sud a guerra finita. Più maturi
d'età e di cultura, i nostri incontri divennero più costruttivi: ci leggevamo
scambievolmente le nostre prime prove di scrittura, accompagnate da commenti e
suggerimenti. Ricordo bene che i suoi giudizi erano piuttosto severi, mi
raccomandava sopra tutto di liberarmi della letteratura. Aveva ragione.
Risentivo ancora troppo l'influenza della cosiddetta "prosa d'arte",
era tempo che maturassi un mio stile personale. Egli mi confidava fra l'altro
l'importanza, nella sua formazione, degli affettuosi consigli ricevuti dal
fratello maggiore Osvaldo.
Mi laureai a Bari con Mario Sansone il 28 luglio 1946.
Michele era presente, si sarebbe laureato pochi giorni dopo, sempre con
Sansone, discutendo una tesi su Alfredo Panzini. Dopo che fui dichiarato
dottore in Lettere col voto 110/110, nel corridoio, il prof. Sansone ammise di
non aver insistito per la lode dato che mi conosceva poco. Allora Michele, al
suo fianco, ribatté con calore che io ero stato sempre bravo fin dal Ginnasio.
Una vacanza estiva, da scapoli, la trascorremmo insieme a
Caramanico, provincia di Pescara. Fu lui a trovare una pensione per me con mia
madre. A causa del caldo, di solito la mattinata ci trattenevamo alle Terme,
concedendoci grossi boccali di birra e acqua diuretica della fonte
"Pisciarello". A vespro, rinfrescata l'aria, facevamo lunghe
passeggiate verso il Murrone o alle Coste. Qui si spalancava un precipizio.
Ricordo che ci stendevamo per terra proprio sull'orlo a provare la vertigine
dell'abisso (horror vacui).
Avventurosa, divertente, istruttiva riuscì una gita che
facemmo a Taranto sulla vecchia Balilla di Michele. C'erano con noi mia madre e
due giovani amiche. Eravamo dunque in cinque sulla macchina, laddove per legge
potevamo essere solo quattro. Di conseguenza viaggiammo col timore che la
polizia stradale ci bloccasse e non meno timore della scarsa affidabilità
dell'auto.
Invece andò tutto bene e potemmo goderci la mostra di
pittura del "Premio Taranto" e anche il suggestivo spettacolo della
flotta che usciva dal Mar Piccolo oltrepassando il ponte girevole.
Nei secondi anni Cinquanta, se non sbaglio, Michele viveva
già a Bari, assistente di Sansone e collaboratore della Gazzetta del
Mezzogiorno, dove comparivano sue recensioni, sempre molto acute e chiarissime.
Una caratteristica, questa, mantenuta in tutte le sue opere di critica
letteraria, sulle quali non mi soffermo sia perché non è questo il luogo, sia
perché intendo limitarmi agli aspetti umani della nostra amicizia. Dalle sue
recensioni, dalle sue letture provenivano anche talune mie scelte di libri. Mi
trasmise, ad esempio, il suo grande amore per Cesare Pavese, che cominciai a
privilegiare e amare io stesso. A Pavese e alle sue opere dedicò il primo, se
non sbaglio, ampio saggio, edito dalla Liviana di Padova.
Per l'intervento di Michele il gruppo leccese, facente capo
alla rivista Il Campo, poté annoverare fra gli amici e collaboratori lo
scrittore Nino Palumbo, oriundo di Trani ma da molti anni residente al Nord,
autore di vari romanzi pubblicati da Mondadori, come Impiegato d'imposte e Il
giornale. La presenza di Palumbo fu un prezioso stimolo per Il Campo.
Allora andavo a Bari di quando in quando espressamente per
incontrare Michele, il prof. Sansone e gli altri suoi illustri allievi
Arcangelo Leone de Castris, Vitilio Masiello, Francesco Tateo, nonché il nostro
vecchio caro don Tommaso Fiore.
A Bari mi recai con mia moglie pure per il matrimonio di
Michele con Rita Lorusso, professoressa di francese, amata e fino all'ultimo fedele
compagna della sua vita.
Nel 1969 Michele tenne a battesimo il mio primo vero libro,
scrivendone la prefazione. Intitolato Provincia difficile, fu edito dal barese
Mario Adda e destinato alla scuola, con il commento di Graziuso (segno d'una
gran collaborazione tra amici).
A giugno 1981, nel luminoso salone del Circolo cittadino a
Lecce, Sansone e Tondo presentarono il mio primo libro di poesia, Segni del
diluvio, edito da Lacaita.
Infine nel marzo '87, Michele venne da Bari a presentare,
con me, al Liceo "Capece" di Maglie, la mia Allegoria (semiseria) del
Viaggiatore e altri epiloghi, edita da Bastogi di Foggia.
Sulla stessa aveva redatto una bella e positiva recensione.
Nonostante il prestigio ormai acquisito quale docente
universitario, studioso, saggista, Michele era rimasto un temperamento timido e
questa timidezza nascondeva sotto qualche repentino scatto d'impazienza, ma
alla fine prevalevano la sua fondamentale generosità d'animo e l'assoluta
franchezza, che maggiormente ce lo fanno rimpiangere.
Una brutta mattina del luglio 2001 fu l'amico Luciano
Graziuso a comunicarmi la dolorosa notizia, letta sul giornale, della scomparsa
di Michele.
Ora vorremmo di lui, come di altri cari, credere ad una
sopravvivenza ultraterrena. Foscolianamente confidiamo almeno nella
sopravvivenza del ricordo.
Fonte: http://www.unigalatina.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3333:ricordo-di-michele-tondo-a-15-anni-dalla-scomparsa&catid=105:necrologi&Itemid=152
Fonte: http://www.unigalatina.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3333:ricordo-di-michele-tondo-a-15-anni-dalla-scomparsa&catid=105:necrologi&Itemid=152
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