Dario Brunori: COINVOLTI MA NON INVISCHIATI
Ecco le
principali astrazioni presenti nel discorso di Dario Brunori:
- Resistenza al capitalismo – La Calabria viene descritta
come un luogo che resiste al capitalismo non per scelta consapevole, ma
per una naturale predisposizione.
- Attitudine anti-consumistica – Un modo di vivere che non è
basato sulla protesta, ma su un’indifferenza spontanea verso il
consumismo.
- Saturazione del capitalismo – L’idea che il modello
economico capitalistico abbia raggiunto un punto critico, rendendo
necessarie alternative.
- Calabria come "Seattle
italiana" – Un
parallelismo con la città americana che, pur essendo periferica e isolata,
ha avuto un impatto culturale importante.
- Distanza vs. Coinvolgimento – La possibilità di essere
parte del mondo senza esserne totalmente invischiati, mantenendo una
prospettiva esterna.
- Appartenenza ai piccoli
contesti – Il
legame con una dimensione umana ristretta che determina un certo modo di
vivere e percepire il mondo.
- Equilibrio tra tradizione e
innovazione – Il
contrasto tra la radicata cultura locale e le opportunità offerte dai
grandi centri.
- Città come Milano e Roma viste
come opposti –
Milano rappresenta l’efficienza, il business e la professionalità; Roma è
più vicina alla cultura meridionale, più rilassata e ironica.
- Cialtroneria come valore – L’idea che un certo livello
di leggerezza e spontaneità (tipica di Roma) sia un valore rispetto alla
rigidità professionale di Milano.
- Mobilità e possibilità di
cambiare –
L’apertura al cambiamento e la non rigidità nel rimanere sempre nello
stesso luogo.
Queste
astrazioni danno profondità al discorso e lo rendono più universale, andando
oltre il semplice racconto personale.
Sei rimasto. Comunque, stai in Calabria e l'intrattenimento, lo show
business, la musica si fanno, diciamo, a Roma, Milano, centro-nord, non in
Calabria. E come mai? Cioè, non hai mai pensato: "Sto su, dove si fa il
business"? Perché poi tu fai anche… fai il vino. E perché— aspetta,
separiamo le due domande.
Come— hai mai pensato: "Me ne vado dalla Calabria, vado su"?
Innanzitutto, io penso che la Calabria sia il futuro. Quindi, quindi io mi
sono preso un— mi sono tenuto un posto in prima fila in quello che verrà.
Perché comunque è l’unico posto al mondo che, in qualche modo, resiste al
capitalismo, ma non volendolo. Cioè, è un'attitudine anti-consumistica, ma
senza la volontà di protesta. Proprio per una questione che, comunque, ne secca
anche, proprio, capito? C’è una questione che ti secca il consumismo. E allora
io penso che sia il futuro, perché vedo la saturazione del capitalismo, e
quindi la Calabria potrebbe essere— la vedo come la Seattle italiana. Ed
essendo un fan del grunge, non posso non stare nel posto in cui c’è— se c’è una
Seattle in Italia, sicuramente è in provincia di Cosenza. Io di questo sono
sicuro. Di questo sono sicuro.
Uno pensa a Seattle. Ma Seattle che cazzo era? Un posto di boscaioli. Cioè,
come Camigliatello. Seattle. Cioè, non è che Kurt stava, capito, nell’America
che uno— noi ci immaginiamo la Seattle… Seattle— vattelo a cercare. Cioè, stavano
là con l’accetta, come a Camigliatello. E non c’hanno manco le patate.
Comunque, non apriamo campanilismi, non hanno senso.
La cosa interessante, per me, di stare in Calabria è proprio che, nel corso
del tempo, ho avuto tante tentazioni. Soprattutto Milano. Perché comunque è là
che girano le cose, dal punto di vista musicale. Però ho sempre avuto un po'—
di’ la verità, non per coraggio, pure anche per paura. Perché comunque,
appunto, perché ho cominciato tardi, la mia vita era già radicata in Calabria.
Poi noi siamo comunque molto legati alla famiglia. Cioè, ci sono anche discorsi
molto banali: la mamma, i fratelli, l’idea che comunque ti sposti.
E poi perché, comunque, io sono cresciuto in paesi piccoli. Quindi mi piace
la città, pure. Quando sto a Roma— a me pure Roma mi fa impazzire. Però lo so
che poi, a un certo punto, per me sarebbe troppo. Perché sono cresciuto in
contesti molto piccoli, da un punto di vista umano. Cioè, io ho vissuto
veramente i primi dieci anni della vita— che comunque sono dieci anni— io ho
vissuto in un posto di 400 persone, capito? Cioè, 400 persone. Comunque vuol
dire che tu, nella tua testa, sai— cioè, stai bene quando c’è quella cosa là.
Quando vedi una moltitudine sei affascinato, come quando vedi una meraviglia,
un circo. Però poi, a un certo punto… e questa dimensione mi fa stare bene.
Semplicemente mi fa stare bene.
Con tutte le criticità del caso. Logistiche, culturali. Perché poi è chiaro
che ci sono tante problematiche, al di là delle battute. Però mi fa stare bene.
Poi mi fa— mi fa vivere tutto il mondo.
E senza… cioè, io penso che la cosa bella di stare nei posti periferici è
che sei coinvolto, ma non sei invischiato, capito? Cioè, sei coinvolto nelle
cose del mondo, perché siamo tutti coinvolti, anche se siamo periferici. Però
non sei invischiato. E allora quella tua voce può essere utile anche a chi è
invischiato. Come la voce dell’inviato può essere utile a te. Perché non è che
sono un apologeta del paese, attenzione. Non sono un paesano. Però mi piace
l’idea che la mia posizione, la mia condizione, sia di uno che comunque sta un
po' a distanza.
E questa cosa qua mi piace. Cioè, non distaccato. A distanza. Questo è il
motivo per cui rimango in Calabria. Ma potrei anche cambiare idea domani.
Questo— se questa condizione non mi piace più, non la tengo fissa, no?
Qualora tu cambiassi idea, noi tifiamo perché tu venga a Roma e non vada
nella perfida Milano.
No, ma sicuramente verrei a Roma, adesso. Perché a Milano— mi trovo bene per
certi effetti, perché comunque è proprio agli antipodi rispetto a noi. Quindi,
comunque, è bello pure quando sei in un posto dove tutto, capito? È bello,
professionale, capito? Niente. È tutta una serie di cortesie, tutto funziona.
L’evento, la cosa, l’appuntamento, il driver, la cosa.
E questo ti piace. A un certo punto, ti piace. Però poi quella roba là non
è… Cioè, a Roma c’è il sud. C’è ancora questa parte del sud che io non è che la
vivo come una cosa, ripeto. Però mi piace quando vado a Roma. Ancora nei
contesti. Anche quando vado nei ristoranti, quando mi incontro con le persone.
C’è ancora quell’— c’è quell’idea, sì, che anche un po' si ride. Non è che
siamo tutti, capito? Che ancora siamo tutti dei cialtroni. Ecco, a Roma sento
che posso essere più cialtrone che a Milano.
A Milano non poco, ma giusto perché para brutto, hai capito? Cioè, nel
senso, non è che puoi essere proprio cialtrone. Devi essere comunque… sì, devi
essere bravo. A partecipare, fare l’evento. Comunque è importante.
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