La legge del sacrificio


 La legge del sacrificio

Mi raccontava sempre questa storia. Quella di un ragazzo qualunque, di quelli che non hanno santi in paradiso né un conto in banca a garantirgli il futuro. Un ragazzo che si iscrive all’università con la speranza di farcela, perché ha sempre creduto che lo studio sia l’unico ascensore sociale che funzioni davvero.

Arriva il giorno dell’esame. Entra in aula, emozionato e un po’ spaventato. Il professore lo guarda e scuote la testa: “Non è abbastanza. Torni la prossima volta.”

Lui, con il coraggio un po’ disperato di chi non può permettersi di fallire, prova a insistere: “Ma professore, io sono il primo della mia famiglia a studiare. Veniamo da una situazione difficile...”

Il professore lo squadra con attenzione, poi sorride. Ma non è un sorriso di comprensione, è uno di quelli che anticipano una lezione di vita. “Proprio per questo devi studiare il doppio. Vedi, chi è ricco può permettersi di essere bocciato. Può rifare l’esame, prendersi il tempo che serve. Tu no. Tu devi farcela subito.”

Un discorso spietato? Forse. Ma era la realtà.

E così il ragazzo capisce che non ci sono scorciatoie. Si fa amico il bidello, compra appunti sottobanco dagli studenti che possono permettersi di seguire le lezioni. Studia di giorno, di notte, tra un lavoro e l’altro.

Nel frattempo, gli dicono chiaro e tondo: “Se vuoi tenerti il tuo posto, devi laurearti. E in fretta, perché ci sono altri che aspettano.”

Non ha scelta. Non ha tempo. Ma ha una determinazione incrollabile.

Si laurea a tempo di record. Non perché sia un genio, ma perché non può permettersi di non farlo.

E alla fine? Alla fine ce la fa.

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