Senza rispetto l’esito è sfavorevole, se non infausto
A Napoli 249 operatori sanitari dell'ospedale Cardarelli, il
più importante della città, sono in malattia. Ho commentato che siccome io ho
paura di entrare in contatto con persone infette, è molto probabile che
altrettanta paura ce l’abbiano queste persone che lavorano in ospedale, dove la
probabilità che entrino in contatto con persone infette di Covid – 19 è
altissima.
La mia comprensione per quelle persone non ha superato
nemmeno la prova “Consiglio di famiglia”. Mia moglie e mia figlia hanno brandito
il “Giuramento di Ippocrate” e nulla ho potuto fare di fronte a cotanta
citazione. A poco o niente è servito il mio sommesso richiamo alla debolezza di
ogni essere umano, il mio chiedere loro l’attenzione sulla paura che hanno
quelle persone di essere infettate, sulla paura di poter perdere la vita.
In una settimana ci sono state 43mila denunce Coronavirus, ed
è risultato contagiato oltre l'8 per cento degli operatori sanitari. La cifra è stata elaborata dalla Fondazione
Gimbe sui dati dell'Istituto Superiore di Sanità ed è un numero tale che
rappresenta oltre il doppio del numero di operatori sanitari cinesi.
Devo ammettere che nei momenti di bisogno d’aiuto fa un
certo effetto che chi ha la possibilità d’aiutare, non lo faccia. Fa un certo
effetto anche questo far ricorso alla malattia pur di non essere coinvolti.
A pranzo ho ripreso la conversazione con mia moglie e mia
figlia. Ho raccontato loro i tempi della mia infanzia, quando la mia mamma era
costretta a chiamare spessissimo il medico, perché quando avevo 4 – 5 anni molto
frequentemente mi veniva la febbre.
Ricordo i suoi preparativi, l’asciugamano di lino, quello buono
del corredo, il bagno che era brillante per le minuziosissime pulizie a cui era
stato sottoposto. E poi a Natale e Pasqua l’immancabile torta margherita o la
crostata con una bottiglia di liquore di quello buono.
Ma al di la di questi doni, c’era un gran rispetto e
ammirazione per quell’uomo che veniva a prendersi cura della mia salute. Io
osservavo tutti questi comportamenti e così come i miei genitori, nutrivo
rispetto e ammirazione per quel medico, per quell’uomo.
Alle obiezioni di mia moglie e mia figlia, tutte incentrate
sul giuramento d’Ippocrate, sulla promessa di curare con tutti i mezzi a
disposizione, ho opposto l’emozione che provava quel medico della mia infanzia.
Lui si sentiva rispettato e spontaneamente sentiva la responsabilità per queste
persone che l’avevano in tanta considerazione.
Ho detto loro che sono certo che quel medico non sarebbe mai
ricorso alla malattia per non rischiare di infettarsi, per salvare sé stesso.
Avrebbe sentito la responsabilità di quelle persone, tra cui la mia famiglia,
che lo tenevano in così tanta considerazione. La stessa considerazione e lo stesso rispetto
erano riservati a infermieri ed operatori sanitari in generale.
Poi ho detto loro di quello che accade oggi, ovvero che ogni
anno vengono intentate 35 mila nuove azioni legali contro i medici. Ho rivelato
loro che ad oggi ne sono attive 300 mila e che nel 95% dei casi si conclude tutto
con il proscioglimento del medico. Ho continuato con la cronaca che sino a
qualche giorno fa informava tutti noi che tanti medici di pronto soccorso danno
le dimissioni per le violenze che rischiano di subire.
Ho notato che hanno cambiato atteggiamento nei riguardi di
quei 249 operatori sanitari dell'ospedale Cardarelli. Penso che l’aiuto
reciproco è favorito dal rispetto reciproco, dall’ammissione della reciproca legittimità.
Una conversazione è servita a riflettere. E nella
riflessione è scaturita anche la necessità che, chi ha il potere di farlo,
dovrebbe rassicurare questi 249 operatori sanitari dell'ospedale Cardarelli, e
lo potrebbe fare mettendo a loro disposizione i dispositivi di protezione individuale.
Ma se non c’è quella emozione della riconoscenza per quello
che faranno, se non c’è alcuna considerazione per il rischio che corrono queste
persone, probabilmente le motivazioni che determinano l’aiuto sincero e spontaneo,
non arriveranno mai.
Comunque le cose saranno certamente precipitate, visto che i
giornalisti del “Fatto Quotidiano”, hanno pensato bene di mettere alla “gogna”
queste persone, con epiteti offensivi e ingiuriosi sbattuti in prima pagina.
Non è umano questo modo di avere relazioni. Non sono
relazioni umane.
Non mi meraviglierebbe scoprire veri e propri linciaggi in
conseguenza di quelle parole che sono come pietre.
In conclusione sino a quando non ci sarà rispetto reciproco
e riconoscimento reciproco di legittimità, non potranno emergere in alcun modo
le ragioni di aiutarsi reciprocamente. E sino a pochi giorni fa, invece di
aiutare quel medico che ce lo chiedeva perché mortificato dall’esito sfavorevole,
se non infausto, delle sue cure, abbiamo fatto in modo di denunciarlo, schiacciarlo,
escluderlo togliendoli anche l’onore.
Sapete perché nel 95% dei processi si arriva al
proscioglimento dei medici denunciati? Perché la medicina non è una scienza, ma
medicina è un atto di aiuto umano, se volete è un arte il cui esito non dipende
solo dal terapeuta. L’esito dipende dalla relazione tra terapeuta e la persona
che chiede aiuto insieme a tutti i suoi familiari. Si, la cura è una relazione
d’amore. Se questa relazione non c’è, così come accade sempre più spesso, l’esito
sarà sfavorevole, se non infausto e nessuno può farci niente.
Antonio Bruno Ferro
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