L'utopico non è di per sé utopico – Humberto Maturana
L'utopico non è di per sé utopico – Humberto Maturana
estratto da "Utopia e fantascienza, 2003
Nell'utopia, il poeta ci invita dall'emozione e lascia la
ragione dietro, come un filo secondario che segue il flusso delle emozioni.
Le utopie ispirano nel lettore uno spirito nostalgico, un
desiderio di una convivenza umana dove prevalgono il rispetto, l'equità,
l'armonia estetica con il mondo naturale e la dignità umana.
Ma come si può desiderare ciò che non si conosce?
Se viviamo in una cultura incentrata sulla competizione che
giustifica la negazione dell'altro, argomentando la legittima superiorità del
vincitore e la legittima inferiorità del perdente, come possiamo apprezzare e
desiderare una vita utopica nella collaborazione e nel rispetto del altro?
Se viviamo in una cultura che legittima la discriminazione
economica, razziale, dell'intelligenza, della conoscenza sessuale, argomentando
la legittima superiorità degli uni e la legittima inferiorità degli altri, come
possiamo apprezzare e desiderare un'utopica convivenza nell'equità?
Se viviamo in una cultura che ci invita continuamente ad
apparire ciò che non siamo nella valutazione dell'apparenza e, quindi, a vivere
nella continua menzogna di fingere di essere ciò che non siamo, come possiamo
apprezzare e desiderare un'utopia la vita nell'onestà e nella sincerità?
Se viviamo in una cultura che legittima lo sfruttamento del
mondo naturale per l'arricchimento dello sfruttatore, come possiamo apprezzare
e voler vivere in un mondo utopico di rispetto e armonia con la natura?
Se viviamo in un mondo che usa la ragione per giustificare
la manipolazione e il controllo dell'altro, come possiamo apprezzare e voler
vivere in un mondo utopico la cui armonia nasce dalla libertà che porta
consapevolezza di scopi e desideri nel semplice piacere della convivenza, e non
dalla subordinazione alle esigenze dell'altro?
E infine, se viviamo in una cultura incentrata sulla
gerarchia e sul dominio, come possiamo apprezzare e voler vivere in un mondo
utopico che nega la sottomissione e l'abuso?
Insomma, come si può avere nostalgia di ciò che non è
stato vissuto?
Penso che questo avvenga perché il mondo utopico che lo
scrittore ci rivela, ci rende consapevoli, e noi lo vediamo o lo sentiamo
perché ha a che fare con il nostro essere biologico culturale in ciò che siamo
di fatto alla base di ciò che è umano e, quindi, ciò che è utopico non è di
per sé utopico.
Non molto tempo fa, ho sentito qualcuno dire che gli
esseri umani hanno bisogno di speranza e utopia. Non la penso così. Penso
che ciò di cui abbiamo bisogno sia vivere nella dignità che si costituisce nel
rispetto di noi stessi e dell'altro come fondamento del nostro modo naturale di
essere quotidiano.
Puoi solo desiderare ciò che avevi e perso, e puoi solo
sperare che accada qualcosa il cui accadere non dipende da ciò che fai (...)
lo sguardo del poeta dell'utopico e la sua arte espressiva evocano in noi un
nostalgia di una certa vita, quella vita evocata non può che essere una vita
persa nella nostra storia, lo sappiamo non dal nostro intelletto che guarda il
passato come storia, ma dalla nostra emozione che ha quella storia come
corporeità nel presente.
(...) le utopie letterarie rivelano aspetti e dimensioni
dell'umano che, essendo stati alla base del nostro fondamentale modo di vivere
quotidiano, sono stati sommersi, o nascosti sotto altri, nella trasformazione
culturale dell'umanità, ma non sono scomparsi perché sono fondamentalmente una
costituzione.
Il poeta li rende visibili con il suo sguardo poetico,
astraendoli dallo spazio culturale arcaico ancora presente nella propria storia
di un essere che li ha vissuti nella fiducia, nel rispetto e nella totale
accettazione nell'incontro quotidiano, giocoso e innocente con la madre, e nel
storie e miti che ha sentito prima di vivere la continua menzogna del mondo
adulto delle apparenze.
Ma quello che fa il poeta delle utopie non è solo mostrare
un passato infantile, mostra anche un passato culturale e biologico, di cui la
biologia e l'archeologia danno prova:
Humberto Maturana in Utopia e fantascienza, 2003
Tratto da Eduardo Ibarra Colotado e Luis Porter Galetar in
The Imagined University, 2011
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