Conversazione conflittuale o collaborativa?
Alfredo Morganti scrive:
“Tutto ciò, con l’occhio sempre aperto all’unica ragione per cui si dà una polis, quella di risolvere assieme (ma conflittualmente!) i problemi legati al nostro vivere comune. Ovviamente da punti di vista e di rappresentanza anche opposti e rigidamente alternativi, ingaggiando una durissima lotta democratica.”
“Tutto ciò, con l’occhio sempre aperto all’unica ragione per cui si dà una polis, quella di risolvere assieme (ma conflittualmente!) i problemi legati al nostro vivere comune. Ovviamente da punti di vista e di rappresentanza anche opposti e rigidamente alternativi, ingaggiando una durissima lotta democratica.”
Io ho osservato:
Non condivido che per addivenire ad una decisione si debba mettere in scena una vera e propria guerra che per Alfredo Morganti non è tra persone, ma tra diversi punti di vista.
Per giungere ad un progetto comune da diversi punti di vista basta una conversazione tra persone che partono da presupposti diversi e quindi ragionano da due domini cognitivi diversi. Appena avranno chiaro qual è il dominio cognitivo comune raggiungeranno anche il progetto comune. Quindi questo linguaggio con parole violente (ma conflittualmente! – ingaggiando una durissima lotta democratica) è assolutamente inadeguato al raggiungimento del progetto comune.
Quelle parole nascondono si un duro conflitto e una durissima lotta ma per la conquista del dominio attraverso il potere di sottomettere e rendere ubbidienti gli altri e giammai per la soluzione condivisa dei problemi.
Il senso dell'articolo ovvero di dare seguito a una gestione condivisa con tutti cittadini, cioè al governo del Paese, presuppone questo cambiamento culturale. Tutto il seguito dell'articolo diviene un orizzonte di senso se lo si fa diventare conseguenza di questo cambiamento culturale che prevede, al posto dei leader, la conversazione quale indicazione per governare. D'altro canto il nome dato all'assemblea non è forse PARLAMENTO, ovvero luogo in cui ci si coordina con le parole?
Per giungere ad un progetto comune da diversi punti di vista basta una conversazione tra persone che partono da presupposti diversi e quindi ragionano da due domini cognitivi diversi. Appena avranno chiaro qual è il dominio cognitivo comune raggiungeranno anche il progetto comune. Quindi questo linguaggio con parole violente (ma conflittualmente! – ingaggiando una durissima lotta democratica) è assolutamente inadeguato al raggiungimento del progetto comune.
Quelle parole nascondono si un duro conflitto e una durissima lotta ma per la conquista del dominio attraverso il potere di sottomettere e rendere ubbidienti gli altri e giammai per la soluzione condivisa dei problemi.
Il senso dell'articolo ovvero di dare seguito a una gestione condivisa con tutti cittadini, cioè al governo del Paese, presuppone questo cambiamento culturale. Tutto il seguito dell'articolo diviene un orizzonte di senso se lo si fa diventare conseguenza di questo cambiamento culturale che prevede, al posto dei leader, la conversazione quale indicazione per governare. D'altro canto il nome dato all'assemblea non è forse PARLAMENTO, ovvero luogo in cui ci si coordina con le parole?
Alfredo Morganti ha risposto al mio commento:
Antonio Bruno il conflitto non è una cosa disdicevole, ogni aspetto della nostra vita è regolata da conflitti a partire dal nostro sviluppo personale. Il conflitto non deve essere mica cruento, ma in sé appassiona e spinge tutti a dare il meglio di sé stessi in termini di opinioni e di argomentazioni. La democrazia è un metodo di regolazione dei conflitti che prevede una ricomposizione solo dopo che le parti abbiano potuto esprimersi sino in fondo. La conversazione, se in politica non è anche scontro (civile), diventa chiacchiera (con tutto il rispetto) e il conflitto, rimosso, riemergerà comunque violentemente. Bisogna preoccuparsi quando tutto fila liscio e tutti sono d'accordo, vuol dire che lì non c'è democrazia...
Antonio Bruno il conflitto non è una cosa disdicevole, ogni aspetto della nostra vita è regolata da conflitti a partire dal nostro sviluppo personale. Il conflitto non deve essere mica cruento, ma in sé appassiona e spinge tutti a dare il meglio di sé stessi in termini di opinioni e di argomentazioni. La democrazia è un metodo di regolazione dei conflitti che prevede una ricomposizione solo dopo che le parti abbiano potuto esprimersi sino in fondo. La conversazione, se in politica non è anche scontro (civile), diventa chiacchiera (con tutto il rispetto) e il conflitto, rimosso, riemergerà comunque violentemente. Bisogna preoccuparsi quando tutto fila liscio e tutti sono d'accordo, vuol dire che lì non c'è democrazia...
Io ho risposto a mia volta con il commento che segue:
la mia osservazione parte dal presupposto che siccome si deve raggiungere una soluzione su questioni che riguardano tutti noi non comprendo perché non lo si possa fare collaborando con gentilezza, rispetto e legittimazione reciproci. Una conversazione, che per essere tale e non una chiacchierata, debba avere comportamenti conflittuali e che prevedono di ingaggiare una durissima lotta democratica è più un conflitto che parte dalla mancanza di rispetto e legittimazione reciproci. L’epilogo a cui assito il più delle volte è l’esclusione delle ragioni di una o più parti in forza della quale si risolve il conflitto. Ma più che di risoluzione del conflitto con un accordo ho osservato che si giunge a imporre agli altri il proprio modo di vedere, impoverendo la partecipazione democratica, sino a giungere, nel caso di maggioranze che decidono di blindarsi, alla desertificazione della vita democratica con una pericolosa deirva autoritaria.
la mia osservazione parte dal presupposto che siccome si deve raggiungere una soluzione su questioni che riguardano tutti noi non comprendo perché non lo si possa fare collaborando con gentilezza, rispetto e legittimazione reciproci. Una conversazione, che per essere tale e non una chiacchierata, debba avere comportamenti conflittuali e che prevedono di ingaggiare una durissima lotta democratica è più un conflitto che parte dalla mancanza di rispetto e legittimazione reciproci. L’epilogo a cui assito il più delle volte è l’esclusione delle ragioni di una o più parti in forza della quale si risolve il conflitto. Ma più che di risoluzione del conflitto con un accordo ho osservato che si giunge a imporre agli altri il proprio modo di vedere, impoverendo la partecipazione democratica, sino a giungere, nel caso di maggioranze che decidono di blindarsi, alla desertificazione della vita democratica con una pericolosa deirva autoritaria.
Alfredo Morganti ha commentato:
capisco il tuo ragionamento, ma in democrazia non è quasi mai un "accordo" che risolve, piuttosto un voro che distingue tra maggioranza e opposizione. Anche qui, una democrazia dell'accordo generale ingenera quasi sempre un certo odore di regime. Anche perché una opposizione è inevitabile, e se non sta dentro i margini democratici, ne sta fuori e reclama sacrosanti diritti.
capisco il tuo ragionamento, ma in democrazia non è quasi mai un "accordo" che risolve, piuttosto un voro che distingue tra maggioranza e opposizione. Anche qui, una democrazia dell'accordo generale ingenera quasi sempre un certo odore di regime. Anche perché una opposizione è inevitabile, e se non sta dentro i margini democratici, ne sta fuori e reclama sacrosanti diritti.
Io ho commentato:
io distinguo questi comportamenti e rilevo la macanza di legitimazione e rispetto reciproci che, di fatto, determinano un conflitto permanente. Ritengo che le ragioni del conflitto siano da ricercare esclusivamente nei presupposti da cui parte. I presupposti che osservo dai comportamenti sono quelli di voler rovesciare chi detiene il potere per prenderne il posto. In tutto questo le discussioni per la soluzione dei problemi che rigurdano il bene comune sono solo strumento da utilizzare come arma nel conflitto per la conquista del potere.
io distinguo questi comportamenti e rilevo la macanza di legitimazione e rispetto reciproci che, di fatto, determinano un conflitto permanente. Ritengo che le ragioni del conflitto siano da ricercare esclusivamente nei presupposti da cui parte. I presupposti che osservo dai comportamenti sono quelli di voler rovesciare chi detiene il potere per prenderne il posto. In tutto questo le discussioni per la soluzione dei problemi che rigurdano il bene comune sono solo strumento da utilizzare come arma nel conflitto per la conquista del potere.
Alfredo Morganti e Giorgio Piccarreta sono due compagni. Nel senso che hanno a cuore le sorti della sinistra, e non solo. Hanno aperto un blog e deciso di indagare sullo stato di salute della loro parte con una serie di conversazioni
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