Esiste una “competizione buona”?
Quello che è importante in
questo tempo è la risposta che ognuno di noi da ad una domanda ovvero: “se
desideriamo vivere insieme, cosa vogliamo conservare di ciò che abbiamo nella
nostra esistenza sociale?”.
Io posso dire ciò che proporrei di conservare se mi si desse l’opportunità di avere una conversazione finalizzata a redigere un progetto comune.
1. Conservare il diritto allo studio e al libero accesso a qualunque Corso di laurea senza limitazioni con un costo degli studi che fosse finanziato con un prestito d’onore concesso a tutti gli studenti senza distinzione di reddito familiare;
2. Conservare il diritto dei giovani da 18 a 25 anni di ad avere un lavoro che consenta a chi lo desidera di formare una famiglia oppure in alternativa di avere l’autonomia che consenta di vivere da solo;
3. Conservare l’Istruzione, la Sanità, il Paesaggio rurale e naturale, i beni culturali, i Trasporti, l’Energia e le telecomunicazioni come Monopolio dello Stato con assunzione di lavoratori tutti stipendiati.
Una volta che raggiungessimo un accordo su quello che desideriamo conservare, con una modalità di partecipazione libera e volontaria, si aprirebbe l’accesso a chiunque volesse contribuire ai processi decisionali delle istituzioni. Si accetterebbe l’impegno di queste persone a patto che lo stesso sia informato dal rispetto reciproco e dal riconoscimento della legittimità reciproca.
Quello che ho scritto costituisce un orizzonte di senso che potrebbe essere la base aperta all’arricchimento attraverso il contributo di tutti quanti liberamente e volontariamente volessero. Tutto ciò potrebbe essere possibile se abbandonassimo la cultura della competizione in maniera tale da ottenere di vedere emergere spontaneamente quella della collaborazione.
Io posso dire ciò che proporrei di conservare se mi si desse l’opportunità di avere una conversazione finalizzata a redigere un progetto comune.
1. Conservare il diritto allo studio e al libero accesso a qualunque Corso di laurea senza limitazioni con un costo degli studi che fosse finanziato con un prestito d’onore concesso a tutti gli studenti senza distinzione di reddito familiare;
2. Conservare il diritto dei giovani da 18 a 25 anni di ad avere un lavoro che consenta a chi lo desidera di formare una famiglia oppure in alternativa di avere l’autonomia che consenta di vivere da solo;
3. Conservare l’Istruzione, la Sanità, il Paesaggio rurale e naturale, i beni culturali, i Trasporti, l’Energia e le telecomunicazioni come Monopolio dello Stato con assunzione di lavoratori tutti stipendiati.
Una volta che raggiungessimo un accordo su quello che desideriamo conservare, con una modalità di partecipazione libera e volontaria, si aprirebbe l’accesso a chiunque volesse contribuire ai processi decisionali delle istituzioni. Si accetterebbe l’impegno di queste persone a patto che lo stesso sia informato dal rispetto reciproco e dal riconoscimento della legittimità reciproca.
Quello che ho scritto costituisce un orizzonte di senso che potrebbe essere la base aperta all’arricchimento attraverso il contributo di tutti quanti liberamente e volontariamente volessero. Tutto ciò potrebbe essere possibile se abbandonassimo la cultura della competizione in maniera tale da ottenere di vedere emergere spontaneamente quella della collaborazione.
C’è chi pur apprezzando
il mio invito alla collaborazione, che dovrebbe essere alla base della difesa
del bene comune aggiunge che, se ben regolata, la competizione delle opinioni e
delle idee è una forma di collaborazione democratica di cui non possiamo fare a
meno.
Io non condivido questa
idea di “competizione buona” perché una volta che decidiamo di abbandonare la
cultura della competizione, emerge spontaneamente quella della collaborazione. Ed
emerge solo quando l’abbandoniamo. Non c'è altro modo. Un mio amico afferma che
all'interno della competizione le organizzazioni "con cultura della collaborazione e cooperazione"
paradossalmente nel libero mercato capitalistico, sono più competitive rispetto
a quelle che invece ottengono una produzione di beni o servizi, attraverso una
organizzazione interna basata sulla cultura della competizione. Ciò
intuitivamente può anche far pensare che la competizione può essere una
"buona cosa". Ma basta osservare il fatto che la competizione
esclude, per divenire consapevoli che si tratta di una cultura NON UMANA. Ad
esempio gli operai dell'Azienda con organizzazione interna competitiva, se
perdessero nella competizione del libero mercato del neo liberismo economico,
con una Azienda cooperativa e collaborativa, perderebbero tutti il lavoro. La
competizione e la meritocrazia ESCLUDE ALCUNE PERSONE, le "fa fuori"
dai processi produttivi e, di fatto, gli toglie la vita, LE AMMAZZA
ONTOLOGICAMENTE. Io ho osservato questo.
Antonio Bruno Ferro
Antonio Bruno Ferro
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