Non è l’uomo solo al comando che ci potrà dare istruzione, sanità e servizi per tutti
Non ho sonno, una notte senza sonno come non accadeva da
tanto tempo. Una vecchia canzone che scorre, perché con YouTube mica c’è
necessità di mettere il disco sul piatto, basta selezionare una qualunque canzone
e lei arriva scorrendo sullo schermo e nella cuffia che usi perché a quest’ora,
la musica, non la puoi fare andare a tutto volume.
E in questo presente non arrivano immagini che sono
sedimentate da qualche parte nel mio corpo o fuori da lui, ancora non è che sia
chiaro il luogo dei ricordi.
E scorrono le canzoni e i valori che mi hanno portato a dire
quello che dico e a fare quello che faccio. Anche se non è possibile che ciò
che scrivo sia oggetto di una qualche comunicazione con te che stai leggendo. A
meno che tu non sia già preparato a quello che ho scritto e che scriverò.
Da giovani abbiamo fatto di tutto per i diritti a tutti,
senza distinzione di ceto sociale, abbiamo condiviso l’esigenza dell’istruzione
aperta a tutti i cittadini, delle cure sanitarie aperte a tutti e dei servizi
sociali per tutti. Invece adesso, proprio noi che abbiamo vissuto questa
richiesta di eguale opportunità d’accesso per tutti, siamo timidi se dobbiamo
riaffermare tutto questo di questi tempi.
Anche uomini che hanno fatto le occupazioni e le assemblee nelle
scuole e nelle Università, sono timidi, timorosi di dire quello che comporta
essere diventati dei consumatori con due soli valori, il successo e la
ricchezza, in testa e nel cuore, sì nel cuore, perché è nel cuore il tesoro di
ognuno.
Questo siamo diventati? Ma dite davvero? E del cittadino che
eravamo che ne è stato?
Nelle scuole e nelle università eravamo donne e uomini che
riflettevano, che le cose le dicevano confusamente, ma che le dicevano.
Dicevamo che eravamo tutti uguali, che avevamo il diritto di realizzarci e che questo
doveva avvenire con l’auto organizzazione, le autogestioni, le discussioni, i
dibattiti. Già tutti termini che sono solo delle conversazioni, che duravano
ore ed ore, che non finivano mai e che si continuavano la prossima volta, per
tante volte, sino a quando non si fosse giunti a un progetto comune.
Poi sono arrivati quelli che avevano fretta di decidere, che
non volevano più parlare, che sostenevano che le assemblee erano una perdita di
tempo.
E piano piano, hanno ridotto il numero delle persone che
dovevano discutere, in maniera tale che fosse possibile decidere. Ma cosa dovevano
decidere?
Le idee erano chiare a tutti, e si trattava di garantire la
possibilità, l’identica possibilità a tutti, di accedere all’istruzione, alla sanità
ed ai servizi. Che altro? Nulla di diverso da questo.
Ma non volevano che a conversare di tutto questo fossimo
tutti quanti. Hanno stabilito che a discutere dovessero essere in pochi. Poi
anche in pochi, dicevano che non riuscivano a decidere, e sono giunti, dopo gli
anni 90 a stabilire che fosse soltanto uno a decidere. Quell’unico che doveva
decidere si sarebbe riunito con sé stesso e, dopo un’approfondita discussione sempre
e solo con sé stesso, sarebbe finalmente arrivato alla tanto agognata
decisione. Solo dopo, su un palco ben in vista, avrebbe cominciato a delirare,
trasformando la sua decisione tanto sofferta, negli ordini a tutto il resto
della compagnia bella, per fare questo e quest’altro.
Ma che caspita stiamo facendo?
Cittadino ritorna in te, lascia perdere che ti hanno detto
che sei un consumatore, tu sei per l’accesso a tutti all’istruzione, alla
sanità ed ai servizi. Sei questo, sei un cittadino.
L’accesso lo vuoi e ne vuoi parlare con tutti, e non vuoi
sentire chi ti dice che ci vogliono le risorse, che non ci sono i soldi. Ti
dicono che sei un consumatore di istruzione, sanità e servizi e ti chiedono i
soldi, e tu per averli, insegui successo e ricchezza e vivi come un miserabile.
Siamo diventati tutti somari, nel senso di quel somaro che aveva davanti un
filo a cui era attaccata la carota, che per raggiungerla si metteva a viaggiare
in cerca della carota che non avrebbe raggiunto mai.
Ecco il neoliberismo economico e quella carota attaccata a
un filo davanti alla nostra faccia. Svegliamoci! E decidiamo di nuovo insieme
che non dobbiamo far altro che coordinarci per l’istruzione, la sanità ed i servizi
per tutti.
Antonio Bruno Ferro
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