Come governare il territorio e distruggere il pianeta
Come governare il territorio e distruggere il pianeta di Waldemaro Morgese
Uno torna sempre
al suo vecchio posto
dove amò la vita
e allora comprende
come stan da assente
le cose che ha amato
V. Capossela
I guru della "blue economy" Gunter Pauli sostiene
che la governante mon-diale si fonda sugli stati nazionali, che rappresentano
gli interessi del proprio territorio, mentre nessuno finora si è occupato
dell'umanità in quanto tale. Ecco la ragione principale della man-canza di
radicali contromisure agli sconquassi che premono sul nostro Pianeta. La sua
mancata tutela è oggi il prin-cipale fallimento del "modo di pro• duzione"
che caratterizza la nostra società: invano molti hanno tentato col pensiero e
l'azione di sostituirlo con un altro, dirigista e pianificato. L'ultimo
tentativo si è consumato nel Novecento ed è fallito sia per il crol-lo
dell'URSS sia per lo scoloramento progressivo della Cina Popolare ri-spetto
alla rivoluzione maoista. Siccome la storia non si ferma, contra-riamente a
quello che pensava Francis Fukuyama, ci si interroga su quale sarà l'evoluzione
del capitalismo, il nostro °modo"
attuale di produzione. Migliorerà? Cambierà radicalmente? La mutazione, se ci
sarà, avverrà ra-pidamente o lentamente? Quesiti dif-ficili da sciogliere.
Stanno tentando in molti di decifrare l'arcano: cito al-meno due
"futurologhr quali Jacques Attali e Yuval Noah Harari. Ma qui mi interessa
ricordare che un professore Quale sarà l'evoluzione del capitalismo? C'è chi ne
prevede la fine perché verrà il dominio degli algoritmi e delle "colonie
del mare" di Oxford e un giornalista economi-co hanno scritto di recente
un libro interessante: "Reinventing Capitalism in the Age of Big
Data" (Reinventare il capitalismo nell'era dei big data), pubblicato da
Egea in lingua italiana nel maggio scorso. Si tratta di Viktor
Mayer-Schönberger, Thomas Ramge. Sostengono che il mercato, finora do-minato
dalle imprese e poi dal danaro, nel XXI secolo lo sarà sempre più dai big data e
dagli algoritmi che li elabo-rano. Ciò significherà la fine del capi-talismo
come lo conosciamo. Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale sta facendo
crescere anche un altro fe-nomeno, di cui prima erano protago-nisti i soli
miliardari per fini di relax: la nascita delle isole o città dell'utopia intese
come veicolo per aspirazioni simili a quelle che spinsero Thomas More a
immaginare nel XVI secolo un'isola ideale animata da leggi di fun-zionamento
diversissime da quelle del suo tempo. Oggi sono chiamate
"sea-steading", cioè colonie del mare. Partendo dalla constatazione
che la metà del globo terracqueo non ap-partiene ad alcuno Stato, ecco l'idea
di dare forma a città-stato galleggian-ti. soprattutto artificiali, con regole
di funzionamento alternative a quelle attuali. Gli esempi si stanno
moltipli-cando e coinvolgono anche la terrafer-ma (pensiamo al progetto della
città Utopia in Nevada): segnalano, alme-no, la volontà di uscire concretamente
dai fallimenti del capitalismo. Perfino una città in carne ed ossa come
Co-penhagen si è candidata ad essere il primo agglomerato urbano del nostro
Pianeta a emissioni zero. Ma diffondere a tappeto queste espe-rienze e riuscire
nell'intento è natu-ralmente un'altra questione: tutta da verificare...
Segnalazioni e suggerimenti a: multiverso@epolisbari.com
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