I tempi delle scuole medie


Mentre stavo frequentando le scuole elementari mio padre venne in casa e diede la notizia che non sarei più dovuto andare a Lecce per frequentare le scuole medie perché le stavano istituendo a San Cesario.
Le notizia in casa mia giungevano per bocca di mio madre che raccoglieva i rumors (le notizie non confermate) nella piazza del paese.
La sede provvisoria della scuola media era in Via Vittorio Emanuele III in un  palazzo chiamato “Cerundolo” perché a costruirlo era stato appunto il Sig. Cerundolo. La mattina mi alzavo presto e a piedi percorrevo tutto il paese da Via Liguria sino alla sede della scuola che era sulla strada per andare a Lecce.

Per quella occasione mio padre mi regalò una sua borsa perché non era opportuno che usassi la cartella che invece era stato il mio corredo durante le scuole elementari.
La cosa che ricordo era l’assalto “allu Birocciu te lu Tre Censi” che avveniva in piazza. Il biroccio era trainato da un cavallo e noi ragazzi ci assiepavamo sulla pedana posteriore. Il peso era percepito immediatamente dal cocchiere (lu Tre Cenzi) che iniziava a mandare delle scudisciate alla volta della parte posteriore del biroccio.
La professoressa che mi ha donato il piacere della matematica è stata la signora Tonia De Giorgi. Nel 1969 veniva in classe vestita di nero per un lutto ed era incinta. Mi ricordo che al primo compito di matematica presi un sonoro tre che mi mise KO. Ero abituato a ben altri risultati nella scuola elementare! Non riuscivo proprio a capire i passaggi delle espressioni, l’ordine che mi era richiesto e il rispetto delle regole. Mi aiutò Luigi Signore che abitava in Via Sant’Elia. Fu mia madre a insegnarmi a chiedere aiuto. Già! Si tratta di ammettere con umiltà che non si è stati in grado di risolvere e che si ha bisogno d’aiuto. Luigi mi iniziò alla lenta metodica di fare tutti i passaggi, senza salti, per raggiungere infine il risultato. La nave che segue la rotta inesorabilmente arriva al porto sicuro.
Gli altri due anni la scuola media fu spostata in Via Dante al Palazzo Pistilli. Qui cambiò tutto ero più vicino a casa e di fronte c’era la pasticceria di Popillo.

Ma durante le scuole medie avvenne per me una emancipazione che mi consentiva di uscire con i miei amici la sera. A una condizione pero! L’aveva posta mio padre e consisteva nel rispetto dell’orario di rientro che era rigidamente fissato per le 20.00.
Quindi verso le 17.00 insieme ai miei amici di allora che erano Antonio De Giorgi figlio del compianto Raffaele e Pio Fumarola figlio dell’appuntato dei Carabinieri, insieme al mio amico del cuore Sandro De Simone e a Mario Margiotta, ci recavamo alle sale parrocchiali.
A San Cesario di Lecce c’era questa possibilità di svago. Le sale erano in Via Mazzini e per accedervi c’era allora una corte che adesso non c’è più. Sulla sinistra un portoncino verde e due gradini. Si accedeva nella prima sala dove c’erano dei tavolini per il gioco delle carte. Il responsabile delle sale  era un signore molto severo che si chiamava Pietro Monaco. Lui era li e passava il tempo a giocare a scopa e briscola con i suoi amici. Chi chiedeva le carte poi doveva fare la consumazione che consisteva in gazzosa, chinotto o aranciata e patatine che Pietro Monaco teneva chiuse a chiave un un’armadietto.
Nella sala successiva c’era un tavolo verde con il gioco della dama. Si poteva giocare gratuitamente. Nella sala successiva vi erano i calcio balilla, molto ambiti! Si mettevano 20 lire e c’erano dieci palline. Che partite in quella sala, come si era concentrati! Infine nell’ultima sala c’era il ping pong. Anche quella sala era molto frequentata.
La serata tipo era una passata dal Centro di Lettura del prof. Scardino per dare uno sguardo alle riviste Epoca e Storia Illustrata, io personalmente sfogliavo per un po’ l’enciclopedia Conoscere e poi verso le sale parrocchiali dove si passavano ore ed ore a giocare e dove soprattutto si incontravano le generazioni. C’erano gli adulti, i giovani e noi adolescenti.
C’era la possibilità di confrontarsi e quindi di conoscersi tra persone di diverse età. E’ stata una vera e propria palestra per me la frequentazione delle sale parrocchiali. Verso le 18.00 arrivava o don Oronzo Margiotta oppure don Giuseppe Tondo e ci si doveva fermare per la preghiera. Nulla di particolare un Padre, Ave e Gloria ma c’era la presenza della spiritualità anche se da noi mal subita.
Giunte le 19 e 30 io dicevo che dovevo rientrare a casa e accadeva la sera che, proprio all’angolo di casa mia, i discorsi che si facevano sulla strada del ritorno non trovassero una conclusione, al punto di costringermi a intrattenermi oltre l’orario consentito, le fatidiche 20.00.
Mio padre al mio ritardo faceva seguire fortissimi rimproveri nonostante la difesa di mia madre. Ho imparato in quegli anni ad essere puntuale in controtendenza rispetto alle usanze del nostro paese. Già, perché noi gli appuntamenti li concepiamo elastici, flessibili. Gli appuntamenti sono un dirsi che ci si deve vedere ma l’orario dell’incontro è una questione che si definisce nel momento stesso in cui si riesce a incontrarsi.


Antonio Bruno

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