Storie di lezioni
Steve Jobs afferma che nella vita gli accadimenti non
possono essere compresi mentre avvengono perché ognuno di essi è come se fosse un
puntino. Lui dice che dopo, col tempo, girando le spalle al presente, per
osservare verso il passato, si possono finalmente vedere tutti i puntini che danno
la linea che ci ha condotti li dove siamo.
Un incontro in cattedrale di domenica mattina, un sole tiepido
anche se luminosissimo e poi la messa. Accade di incontrarsi, di prendere un
caffè, io l’orzo in tazza grande. E cade il discorso su quella frequentazione
di un tempo, su quegli anni che ci videro insieme militanti pieni di passioni e
di speranze.
Lui si apre, dopo tanti anni, in una confessione. Forse l’ha
fatto per rimettere le cose a posto. L’occasione è quella della morte di un
vecchio saggio avvenuta qualche giorno prima. E l’amico di sempre esordisce” Se
né andato il secondo dei responsabili dell’ascesa di quel politico che
fu mio amico”.
Già perché era accaduto 25 anni prima che i due saggi
fossero stati interpellati per stabilire chi dovesse essere alla guida di quel
paese. Loro avevano pensato a una donna senza macchia e senza paura. Arrivarono
le ultime battute della liturgia che si mette in atto ogni volta che si debba
decidere chi candidare alle elezioni e bisognava che il mio amico, che aveva tenuto
le fila di tutto da dietro le quinte, desse il nome di chi avrebbe dovuto
reggere le sorti del paese.
Si incontrarono i due saggi alla presenza del loro capo
spirituale e venne fuori che la signora senza macchia e senza paura era in
viaggio, lontana da tutto e da tutti e, soprattutto, irraggiungibile.
Ci voleva un altro nome e invece che il suo, si quello del
mio amico che aveva tutte le caratteristiche per fare il politico, venne fuori che uno dei due saggi l’aveva proposto a un
giovane. Si decisero che un giovane fosse a capo del paese.
Il mio amico e il giovane in questione fecero un incontro in
un Monastero dove il convenuto giurò che avrebbe risposto a questo amico mio di
ogni cosa durante la sua impresa politica. A quel punto il mio amico, rassicurato,
scelse una cerchia di persone amiche di questo amico e dirette emanazione dei vecchi
saggi, che dovevano affiancare questo giovane. Tutte persone fidate e pie e
soprattutto a suo dire amiche. Voglio dire che il mio amico, si era convinto
che grazie a queste persone, sarebbe stato di fatto l’eminenza grigia di quel
gruppo. Era certo che sarebbe stato lui che li avrebbe sapientemente guidati
nell’avventura che si preparavano ad affrontare.
Finita la campagna elettorale il giovane fu eletto e,
insieme a lui, la cerchia che l’avrebbe sostenuto nell’impresa.
Ma, inspiegabilmente, ecco che tutti, indistintamente,
girano le spalle al mio amico che quindi rimane tradito. Tutto è perduto, non c’è
più nulla da fare lui è fuori, escluso, reietto, ripudiato, respinto dalla
società ed in definitiva emarginato. Gli accade ciò che gli era accaduto quando fu costretto ad
andarsene lontano dal paese più bello del Mondo per farvi ritorno perché solo
io volli che tornasse. Lo posso scrivere senza paura di essere smentito: a
determinare il suo ritorno sono stato esclusivamente io solo.
La cosa che mi è venuta in mente è che questo mio amico
qualche anno prima era lontano dal paese più bello del Mondo ed io lo feci
tornare ottenendo di farlo candidare per rinnovare un sodalizio che era
incrostato in equilibri ormai verso il deterioramento. Lo avevo incontrato per
caso durante un suo ritorno e avevamo convenuto che gli uomini che avevano in
mano il destino del paese più bello del Mondo non erano più adeguati, che si
erano chiusi in una stretta cerchia autoreferenziale e che era necessario
fossero sostituiti al più presto. Si trattava di stare uniti io e lui per costruire
l’alternativa. Io al suo fianco, lui alla guida.
Invece dopo le lezioni ecco che lui, quello che ritenevo
fosse la guida, era al fianco di chi avrebbe dovuto sostituire.
Un tradimento bello e buono! Come? Io lo chiamo per
rimettere le cose a posto e lui, dopo 10 anni, che fa? Si mette al servizio di
chi avrebbe dovuto lasciargli il posto già da dieci anni prima. Il mio amico,
quello che secondo me doveva essere la guida era invece accanto e sosteneva con
tutte le forze chi aveva un unico progetto in testa: il potere fine a se
stesso, ovvero l’egoismo portato alle estremo sino all’esclusione di tutto il
resto visto sempre come separato, diverso, ostile. Uomini che avevano intorno solo
servi.
Anch’io mi sentii tradito, solo che invece di comprendere di
aver sopravvalutato l’amico, che sicuramente non era mai stato amico mio, e
abbandonarlo all’autocompiacimento per quella medaglia di cartone conquistata al
prezzo del tradimento degli ideali comuni, mi faccio prendere dalla vendetta
facendo lo stesso errore ovvero tradendo me stesso e gli stessi ideali per
collaborare con altri anche loro inadeguati e bisognevoli di essere sostituiti perché
guidati dalla sola ricerca del potere.
Le cose si aggiustano da sole. Voglio dire che non c’è
sforzo nell’ottenimento di una collaborazione. O si collabora perché si sente
un anelito comune, un ideale, un sogno, oppure, se ciò per una serie di eventi
non si verifica, bisogna allontanarsi e cercare la propria strada per
realizzarlo.
La vita adesso ci ha fatto incontrare di nuovo. Una sera l’ho
visto sbucare da dietro un angolo. Era una sera in cui ero cercatore più del
solito. Un accadimento, un altro puntino, ma inutile sforzarsi di capire adesso
perché l’ho incontrato di nuovo, lo capirò quando girerò le palle al futuro per
osservare di nuovo dal presente questo che sarà passato.
Quella straordinaria avventura è stata utilissima per me per
capire il danno che ho fatto a me stesso ogni volta che mi sono vendicato e non
ho perdonato. Una lezione che mi è venuta dritta dritta dalla misericordia.
Grazie, grazie, grazie!
Antonio Bruno
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