Sguardi tra i balli lenti e gli shake degli anni 70
Comincio dalle agitazioni, voglio dire dai balli che mi
facevano agitare, dai balli shake. Mi piaceva da morire ballare gli shake perché
non era necessario che qualcuno mi insegnasse a ballare perché lo shake non
aveva passi prestabiliti. Dovevo solo muovere il corpo e soprattutto scuotevo la
testa ed i capelli guidato dal ritmo della musica.
Nel club ero l’unico che sapeva ballare questo ballo e con
il giradischi Lesa acceso io ballai per far vedere agli altri. C’era anche il
Tuca Tuca di Raffaella Carrà e anche quel ballo fu oggetto di una mia lezione.
“Tanto mettiamo subito i lenti!” fu l’affermazione di uno di
noi condivisa da tutti con un urlo da stadio. Il ballo lento era la vera
finalità dell’organizzazione della festa nel club. Ma le feste nel club
andarono per lo più deserte.
Era un problema per
le ragazze di 15 anni venire in un luogo in cui nessun adulto esercitava il
controllo. Avevamo provato a convincere don Giuseppe a farci ballare nel salone,
ma non ci fu verso di convincerlo. Il problema non era tanto quello che pensava
don Giuseppe, ma quello che avrebbero pensato e soprattutto, quello che avrebbero potuto dire, le parrocchiane. "Come sarebbe a dire? Un
prete ha permesso che in chiesa si ballasse? Mai sia! Mai sia! Scandalo!"
Nel club le ragazze non venivano e quindi abbiamo dovuto ripiegare
alle feste organizzate nelle case dove, la rassicurante presenza dei genitori
dell’ospite, avrebbe convinto i papà riottosi delle ragazze a permettere alle loro
figliole di venire a ballare.
Avevamo i dischi ma ci mancavano gli ultimi successi. Ci
autotassammo per acquistarli da “La Greca” che si trovava in Via Trinchese a Lecce.
Potevamo permetterci due dischi a settimana e sceglievamo soprattutto i lenti,
gli unici preferiti da noi maschi, perché i balli shake erano una passione
delle femmine!
Anche l’ospitalità era garantita da una turnazione tra noi
maschi anche se, di tanto in tanto, anche qualche ragazza diceva che quel
sabato avremmo potuto ballare a casa sua. Erano i genitori che volevano vedere
con i loro occhi chi frequentasse la figlia. C’era tutto un servizio di intelligence
prima del ballo, si interpellava la figlia che faceva i nomi degli invitati e
poi le mamme si rivolgevano a “radio comare” che provvedeva a sciolinare il curriculum e la
parentela di tutti i maschi invitati. C’erano anche veri e propri servizi
segreti che si occupavano di conoscere aspetti di noi maschi che potevano non
essere immediatamente percepiti dalle mamme. Eravamo i possibili predatori
delle loro delicate e dolci figlie vocate ad essere prede indifese. Salvo poi a
capire che le prede eravamo noi maschi in mano a quelle predatrici per natura
che erano le femmine. Ma questo lo si scopre troppo tardi per poterne evitare
le conseguenze.
Di sabato in sabato e di casa in casa venivano fuori gli
amori, che nella maggior parte dei casi si sono emancipati in matrimoni, che
hanno dato luogo a famiglie che tutt’oggi sono in essere. Anzi per la verità i
miei amici e le mie amiche di allora sono tutti nonne e nonni di splendidi
nipoti figli dei loro figli.
Non ci posso pensare che a quindici anni facessimo tutte
queste cose, non posso credere che dei ragazzini provassero a intercettare le
ragazze facendo tutto quanto era a disposizione poter fare in quel periodo.
Eppure fu così, a quell’età così improbabile e con frequentazioni altrettanto
improbabili, senza dimenticare che il futuro di ognuno di noi era un grande
punto interrogativo, progettavamo l’avvenire.
Il fidanzamento ai miei tempi era un vero e proprio
matrimonio. Voglio dire che nel 99% dei casi se ti fidanzavi a quindici anni
poi sposavi quella ragazza. Era così, c’era davvero un grande rispetto del futuro
di tutti. Ecco perché la scolarizzazione ha fatto danni enormi impedendo i matrimoni in età giusta, in quanto ha prolungato, dilatandolo all’inverosimile, il
tempo del fidanzamento che prima della scolarizzazione di massa durava tre o al
massimo quattro anni. In pratica prima della scuola di massa a vent’anni ci si sposava.
Invece dopo la scuola aperta a tutti si doveva finire prima
l’università, poi si doveva fare il militare e andava a finire che ti sposavi
già vecchio. Chi invece ha scelto la carriera militare o ha potuto avere un
posto fisso ecco che s’è sposato e ha messo su casa, famiglia e figli.
Non ci posso pensare, tutto parte da uno sguardo, poi c’è il
pensiero per quella persona, poi l’occasione dell’incontro e infine il ballo,
dove c’è il contatto fisico, dove i corpi si avvicinano per scoprire il corpo
dell’altra persona, poi ancora le emozioni di quel potente contatto che ti
accompagnano per tutto il tempo che ti separa da un nuovo incontro. Incontrasi
per guardarsi e ballare ancora sino a quando c’è un tenero bacio. Nascevano così
gli amori in quegli anni, senza parole, senza discorsi. Nascevano con uno
sguardo.
Antonio Bruno
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