Con te sulla spiaggia negli anni 60 e 70
Si andava al mare e una volta arrivati al lido ecco che c’erano
le cabine, alcuni ombrelloni e la famosa rotonda con i tavolini. Al centro la
rotonda sfoggiava un Grammofono pieno di fascette con i titoli delle canzoni
dell’estate: era il jukebox o juke-box. Con 50 lire ascoltavi una canzone e
con 100 lire ne potevi selezionare tre.
Un successo favoloso questo attrezzo che permetteva di ascoltare le canzoni
mentre stavi in spiaggia, la musica che si intreccia con il sapore del sale e
con e le bellezze dell’adolescenza. E chi se le scorda le ragazze della
spiaggia. Già! Le guardavi mentre eri disteso sull’asciugamano e poi ti giravi
pancia sotto per l’imbarazzo delle reazioni che generava la vista di quella
ragazza che ti piaceva tanto e che guardavi, che continuavi a guardare mentre
lei “filava tutti meno che te” per citare nuovamente quel Venditti di compagno
di scuola.
E poi c’erano tanti bambini, folle di bambini che riempivano
la spiaggia. Li vedevi con la mamma che continuava a gridare “esci che ti è
arrivato il bagno!”. E loro dalla loro postazione con le labbra viola e le dita
delle mani ormai raggrinzite che si ostinavano a ripetere “no, ancora un po’!”.
E poi una volta fuori dall’acqua tremanti avvolti negli asciugamano
i bambini alle prese con la pastina che la mamma amorevolmente porgeva alla
bocca piena di acqua salata. Ce li ho negli occhi quei bimbi con i capelli
gocciolanti e i nasi colanti!
Immancabilmente se ne perdeva sempre uno e le mamme disperate
obbligavano papà e parenti in ricerche alla “chi l’ha visto?” per poi ottenere
l’epilogo di schiaffi e pacche sul culetto una volta passata la paura. Dopo il ritrovamento
del piccolo si apprendeva che in genere si era allontanato e aveva perso la
cognizione del tempo intento a pescare granchi e pesciolini nei pressi della
bassa scogliera.
Le 600 con le lattine d’acqua perché i loro radiatori andavano
in ebollizione, gli ombrelloni sul portabagagli e le sedie sdraio e quella
calamita sul cruscotto con le foto di tutta la famiglia e “Non correre pensa a
noi!”, il caldo infernale nell’abitacolo e i finestrini sempre aperti e la
mamma che diceva che il vento era troppo che era meglio chiudere un po’.
Poi gli incroci che arrivavano inaspettati, che non c’era
nulla che avvisasse se non qualche segnale verticale. I contadini ai bordi
delle strade con montagne di angurie, meloni, peperoni e melanzane. E il detto
che faceva si che all’andata tutti arzilli alla domanda “dove vai?” si rispandesse
pimpanti “al mare” ed invece al rientro alla domanda “da dove stai tornando?”
sommessamente e stancamente si rispondesse “da mare”.
E Lucio Battisti che con Adriano Pappalardo era in spiaggia
con noi, e poi c’era Mimino che s’immergeva con un palloncino attaccato alla caviglia e dopo
poche ore usciva dall’acqua con cernie da mezzo quintale che sembrava fosse un
pescatore di mostri, e le ragazze tutte intorno, e c’era pure lei che aveva gli
occhi verdi e mi guardavano ogni tanto, e ogni tanto guardavo pure io ma senza
il coraggio di dirle quello che avrei desiderato dirle.
E poi i primi acquazzoni di fine agosto e il sole dietro le
nuvole che non ti veniva spontaneo andare in spiaggia. Capivi che era finita
anche quell’estate, che ne avevi abbastanza di ozio. Capivi che magari ti
avrebbe fatto piacere tornare al paese in piazza e, perché no, anche a scuola.
Ti andava di tornare tra i banchi e al Bis che poi era il bus dove incontravi
le ragazze che guardavi e che, qualche volta, ti guardavano, e tu continuavi a
non avere il coraggio di dire, a quella che ti piaceva tanto, quello che avresti
tanto voluto dirle .
Antonio Bruno
Commenti
Posta un commento