LA MIA COMPRENSIONE DELLE INTERAZIONI TRA AMBIENTE E ORGANISMI VIVENTI
LA MIA COMPRENSIONE DELLE INTERAZIONI TRA AMBIENTE E ORGANISMI VIVENTI
GIANFRANCO PELLEGRINO ricercatore a tempo determinato alla Luiss e professore nei corsi di Filosofia politica, ha scritto un articolo pubblicato sul quotidiano DOMANI di oggi 10 ottobre 2023 sulla circostanza che in commissione agricoltura del Senato uno degli emendamenti al DL Asset prevede di tagliare alberi senza autorizzazione, al fine di rilanciare l'industria del legno, nei boschi, nei parchi, nei giardini ed è possibile tagliare anche gli alberi monumentali. L’emendamento al DL Asset, modifica l'art.149 comma 1 lettera c del codice dei Beni culturali del dlgs 42/2004, che consente il taglio di alberi senza alcuna autorizzazione nei seguenti luoghi:
a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;
b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
Consente altresì il taglio nei territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.
Che si decida senza pensare che tutti gli organismi viventi e l’ambiente sia una NICCHIA ECOLOGICA mi pare sia la ragione di tutto questo. Ed allora vi racconto la mia esperienza, quella che mi ha reso consapevole del legame che ho con tutto il resto che non è che un tutt’uno con me.
Humberto Maturana era un genio. E come tale abbagliante, complesso e imperfetto. Il suo concetto centrale era il concetto di autopoiesi, la generazione della vita da parte di organismi viventi. Lo pubblicò con Francisco Varela nel 1974 in Delle macchine e degli esseri viventi. Oggi quel concetto è integrato nella costruzione di nicchie, una grande visione macro dell'evoluzione e della natura.
Humberto Maturana è stato il mio mentore intellettuale. Senza la sua influenza non avrei percorso il cuore del Salento leccese per cercare di dare empirismo ai legami tra gli animali sociali che ci vivono. L'ho incontrato quando non ero giovane, dopo aver letto ogni genere di libro. Poi ho letto di Maturana e della sua visione dei cicli o meglio del ciclo. Una volta aveva disegnato una pietra e un fiore sulla lavagna, e un occhio che guardava. Gli serviva per spiegare la teoria dell’autopoiesi e poi le sue idee sulle interazioni tra organismo, ambiente e osservatore. Quando Maturana raccontava delle volte che aveva illustrato il ciclo ricordava che avevano riso di lui e che gli hanno detto "ora, CICLO, smettila di dire parole", e che gli hanno anche lanciato delle palline di carta. Poi Maturana scrive con Varela l'Albero della Conoscenza, che sarebbe stato pubblicato nel 1984 nella sua prima edizione a cui ne sarebbero seguite molte altre.
Maturana ha osato. Era un ponte e portava una visione naturalistica: filosofica, integrativa, interdisciplinare, curiosa, riflessiva. Aveva quella qualità naturalista visionaria che avevano altri giganti come Humboldt o Darwin: tendere la mano, viaggiare, chiedere, misurare, osservare i grandi paesaggi della natura e poi unire i punti. Ora per noi è ovvio che la natura è un sistema di interrelazioni (Humboldt), o che la vita ha un'origine comune (Darwin), ma prima questa non era vista nel suo insieme. Maturana ha aperto la strada alle proprie tecniche per pensare ed esplorare la diversità dei fenomeni biologici e culturali. Ora sembra così ovvio che le persone costituiscono sé stesse nel nostro essere sociale, nelle nostre relazioni, che i fenomeni sociali sono anche fenomeni biologici. Oggi sembra ovvio.
Bisogna avere molta personalità per ridefinire ciò che è vivo. Ridefinire la conoscenza, l'epistemologia e persino contraddire Darwin con la sua deriva naturale vs. selezione naturale. Osare formulare una visione della vita in cui le nozioni empiristiche occidentali sono integrate con caratteristiche dell’olismo orientale. In un certo senso è stato un poeta che ha inventato il proprio modo di parlare, di usare il linguaggio.
Quell'atteggiamento di lanciare ponti intercontinentali tipico di Aristotele e Darwin è un percorso, una possibilità che oggi fa parte della loro eredità. Come ha detto Varela, "con l'autopoiesi stavamo facendo scienza". Ci ha dato un valore di autonomia riflessiva.
È stata una cosa che ha visto la conferma più volte, con sorpresa e orgoglio. In un incontro della Royal Society di Londra nel 2006, per rendere omaggio a Nicholas Humphrey e alla sua ipotesi sul cervello sociale, il discorso di apertura era dedicato a Humberto Maturana. Nel maggio 2009 in una conferenza che ha riunito diversi scienziati e pensatori di sistemi complessi c'erano Nicholas Humphrey, Stuart Kauffman e Frijof Capra, tra gli altri tutto ha avuto inizio con un omaggio alla “Scuola della Cognizione di Santiago” e al significato dell'Albero della Conoscenza. Anche Luhmann, il sociologo tedesco, lo ha citato come fondamentale.
Da buon naturalista integrativo, Maturana costruì ponti. Uno di questi ponti essenziali era quello che si estendeva tra la biologia e la vita umana. Più specificamente, la biologia dei legami. Come si possono studiare empiricamente i collegamenti? Cos'è una relazione? È qualcosa che ci definisce, ma allo stesso tempo è invisibile. Me lo sono chiesto mentre studiavo le dinamiche umane in questo Salento leccese. Il suo lavoro sulla teoria dei sistemi e sul concetto di accoppiamento strutturale o coadattamento è stato fondamentale per la mia comprensione delle interazioni tra ambente e organismi viventi.
La Scuola di Cognizione di Santiago - Maturana, Varela, Jorge Mpodozis e i loro colleghi - mi ha aiutato molto a pensare in grande. Per affinare la capacità di integrazione. Un’analogia mi fa pensare ad un veliero che è un essere vivente così come è fatto. E l’ancora che ci impedisce di annegare in un mare di pensieri potenzialmente infiniti è il peso di ciò che è vivo. Un’ampiezza di visione non esente da inquietudini, ma che vale la pena provare. Senza Maturana non ci sarebbero state domande sulla relazione tra il benessere sociale degli esseri umani e il comportamento degli animali selvatici. Almeno per me. Non avrei visto i rischi e i pericoli dei serpenti alla base dell'albero della conoscenza. La sua opera, è l'humus di un'enorme foresta.
Ho delle osservazioni da fare circa il pensiero di Maturana, soprattutto riguardo al suo discorso degli ultimi anni. Uno di questi è la mia esperienza nello studio dei comportamenti dei cittadini del Salento leccese. Mi sono reso conto che la cooperazione non regna da sola, ma piuttosto convive dinamicamente con il conflitto e la competizione. Esistono a tutti i livelli di organizzazione della vita che conosciamo, in tutti i sistemi. I suoi equilibri, dinamiche e proporzioni costituiscono un vastissimo campo di studi. I pericoli derivanti da un approccio semplicistico a questa questione sono molteplici, tra cui quello di cadere nell'errore naturalistico.
Con l'età ho imparato a non cercare la perfezione nell'essere umano, una missione vuota, ma piuttosto ad essere grato per le opportunità di apprendimento. Humberto Maturana ci ha dato enormi contributi. Spesso mi dico di fare come compiti a casa, il mio vivere la contraddizione senza conflitto. Quando si pensa all'eredità di Maturana, penso che si possa aggiungere qualcosa del tipo: "compiti a casa, vivere la complessità e gestire i conflitti".
Buona riflessione
L’ABOLIZIONE DEL VINCOLO AL TAGLIO DEGLI ALBERI
Il declino definitivo di un pensiero ambientalista a destra
GIANFRANCO PELLEGRINO
filosofo
Ogni illusione sulla
possibilità di un
ambientalismo di
destra svanisce con
gli emendamenti al
decreto Asset
presentati dal governo e approvati
in questi giorni. A trent’anni dalla
tragedia del Vajont, l’Italia ha un
governo che brancola nel buio sulle
politiche ambientali. Gli
emendamenti intervengono in aree
specifiche: i primi due (di cui si è già
data notizia qui) depenalizzano la
caccia agli uccelli con munizioni al
piombo nelle aree umide e rendono
meno vincolanti i pareri dell’ISPRA
sui calendari venatori stabiliti dalle
regioni, gli altri annullano alcuni
dei vincoli al taglio di alberi prima
affidati alle sovrintendenze al
paesaggio. Questi emendamenti
derivano in maniera ovvia
dall’obiettivo di favorire gli interessi
dei cacciatori, degli armieri,
dell’industria del legno. Si tratta di
interessi legittimi, ma minoritari.
Inoltre, questo modo di procedere
esprime una scelta di campo precisa:
per esempio, nel caso del taglio degli
alberi, si suggerisce che la bellezza
dei paesaggi non possa vincolare
l’attività economica
(contraddicendo la tutela del
paesaggio stabilita nell’articolo 9
della Costituzione), mentre nel caso
degli emendamenti sulla caccia si
assume che il divertimento di esseri
umani valga di più del dolore degli
uccelli o del rischio di estinzione di
certe specie.
La vera notizia non sono questi
emendamenti, ma il modo di
pensare che li ispira. Ciò che
importa sono piccoli gruppi della
società che possono portare voti,
l’ossequio a tradizioni residuali e
minoritarie, i vantaggi di piccoli
settori industriali conservatori e a
scarsa innovazione (l’industria del
legno vale di più dell’industria del
turismo paesaggistico o dell’indotto
che può gravitare attorno ai parchi
naturali?). In questa ideologia, il
paesaggio non è un bene da
difendere, le specie animali non
sono un tesoro da preservare. Questa
ideologia non è neanche di destra: il
paesaggio della Patria e le foreste
italiane potrebbero essere un
vessillo di ambientalisti di destra, le
specie animali autoctone anche.
Su queste colonne, Lorenzo
Castellani ha indicato gli obiettivi di
un possibile ambientalismo di
destra: ridurre il dissesto
idro-geologico con riforme
strutturali, introdurre nuovi mercati
green, anche tramite incentivi. Gli
aveva risposto Francesco Giubilei,
rilanciando e proponendo un
ambientalismo di destra che
avrebbe dovuto puntare alla difesa
dei ceti più colpiti dai costi della
transizione ecologica, a conciliare
esseri umani e natura e a difendere
le tradizioni. Delle tradizioni
evidentemente non fanno parte
quelle che hanno portato i nostri
antenati a piantare i boschi italiani
(che non sono certo tutti
primordiali), o quelle letterarie e
figurative che rappresentano la
bellezza del creato e delle creature. E
tutto questo di fronte a un Papa che
nella Laudate Deum prende
posizione contro il negazionismo, a
favore della scienza e a difesa degli
attivisti climatici e di chi muore sul
lavoro per cause climatiche.
La destra italiana, o almeno quella al
governo, non ha una politica
ambientale. Questa è una cattiva
notizia per tutti, elettori di destra e
no, perché in settori come quello
ambientale i danni causati
dall’assenza di politiche sono anche
più gravi di quelli derivanti da
politiche insufficienti. Se ci fosse
veramente in Italia una cultura di
destra capace di riflessione, e non
solo un’assemblaggio male assortito
di piccoli interessi economici orfani
della capacità di attrazione di Silvio
Berlusconi, sarebbe ora di vedere
sulle piazze non solo i giovani dei
Fridays for Future, ma anche i
giovani che leggono le descrizioni
della lussureggiante natura della
contea degli Hobbit. Ma temo che
anche loro siano destinati a
rimanere delusi dal governo che
dovrebbe rappresentarli.
In una stazione di servizio
sull’autostrada, il 9 ottobre del 1997,
capitai per caso su Vajont di Marco
Paolini. Rimasi incollato al tavolo,
con il collo alzato verso la
televisione su in alto, su uno
scaffale, il panino scadente sul
piatto. Il Vajont è l’emblema delle
sciagure che possono derivare
dall’assenza di politiche ambientali,
dalla politica che si asserve agli
interessi particolari. Fra trent’anni,
forse, si racconterà la crisi climatica
di queste estati e questi autunni: le
morti sul lavoro per il caldo, le
trombe d’aria, le alluvioni. Ma i
nostri figli avrebbero fatto
volentieri a meno di questi racconti.
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