UNA RIFORMA COSTITUZIONALE BASATA SUL FACILITATORATO INVECE CHE SUL PREMIERATO
UNA RIFORMA COSTITUZIONALE BASATA SUL FACILITATORATO INVECE CHE SUL PREMIERATO
SALVATORE BRAGANTINI componente del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Milano; Presidente non esecutivo di Indaco Ventures SGR, gestore di fondi alternativi; Amministratore di Sherpa Srls, campagne pubblicitarie e servizi per l'Outdoors ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 31 ottobre 2023 in cui possiamo leggere:
Parlamento, privato delle funzioni assegnate dalla costituzione sempre più spesso si limita ad approvare i decreti legge sfornati dal governo
«Il primo governo eletto degli ultimi dodici anni», come questo, sfregiando la Costituzione, ama definirsi, mostra icasticamente quale ruolo vede per il parlamento.
In questo mio scritto desidero invitarvi a riflettere sulla nostra natura di esseri umani. Desidererei che riflettiate sul nostro particolare modo di vivere come entità biologiche in cui creiamo i mondi in cui viviamo attraverso la conversazione e la riflessione.
Il mio è un invito a riflettere su come vogliamo vivere insieme, se vogliamo vivere insieme.
Un piccolo passo che, a questo punto vi invito a fare è quello di riconoscere la nostra natura amorevole che possiamo scegliere di coltivare, invece di coltivare la cultura patriarcale-matriarcale che ha generato le crisi che viviamo oggi e che vede nel CESARISMO la sua rappresentazione plastica.
Al CESARISMO possiamo preferire una Comunità partecipativa coordinata da uno o più facilitatori. Una comunità che abbia il desiderio di praticare l'arte di ospitare conversazioni che contano, tutto ciò è un approccio al cambiamento sociale, organizzativo e sistemico che approfondisce l'impegno collettivo, la saggezza e la capacità di agire saggiamente nel nostro mondo complesso e in rapida evoluzione.
A differenza del lavoro che facciamo che sappiamo essere caratterizzato da problemi tecnici le cui le soluzioni sono già note, la COMUNITA’ partecipativa è particolarmente utile per affrontare i problemi nuovi e complessi del nostro modo di vivere del terzo millennio. I facilitatori e coordinatori partecipativi sanno che la complessità può essere compresa solo attraverso le diverse prospettive di molti piuttosto che di pochi. Esplorando diverse prospettive con profonda curiosità, emergono intuizioni più ricche su ciò che è possibile, il che a sua volta rafforza l'impegno di tutti nel cercare insieme una soluzione.
Per far emergere una maggiore visione collettiva, i facilitatori e coordinatori partecipativi hanno la possibilità di interagire con gli altri con metodi basati sul dialogo come Circle , World Café , Open Space Technology e Pro-action Café . Questi metodi consentono a tutti di andare oltre l’approccio basato sui problemi, o/o (questa soluzione o questa soluzione) pensando a un’indagine basata sulle possibilità che porta a intuizioni rivoluzionarie e innovazione.
I facilitatori e coordinatori partecipativi accolgono anche i doni e i contributi di tutti, sapendo che le persone sostengono ciò che contribuiscono a creare. Attraverso il dialogo strategico, ci rendiamo conto di avere la saggezza e le risorse necessarie per creare il cambiamento desiderato. Collegando le persone e approfondendo il coinvolgimento attraverso il dialogo strategico, i facilitatori e coordinatori partecipativi creano le condizioni che si traducono in modelli più efficaci per pensare, apprendere e innovare insieme.
Come faccio quando con gli altri faccio il Dialogo strategico
Le conversazioni che contano richiedono un modo diverso di interagire tra loro. Al di là delle tipiche forme di discussione in cui le idee vengono dibattute portandole avanti e indietro finché qualcuno o qualche idea non esce vincitrice da quella che è una vera e propria lotta, il dialogo strategico è una forma di conversazione che fa emergere la saggezza collettiva che esiste tra quelli che possono sembrare punti di vista contraddittori. Piuttosto che discutere punti di vista diversi, nel dialogo cerchiamo di scoprire il “fiume di significato” che collega diversi punti di vista. Ascoltando un insieme più ampio di significati condivisi, emergono soluzioni più sagge.
Il dialogo approfondisce e apre la conversazione enfatizzando l’indagine rispetto alla difesa, facendo emergere ipotesi e giudizi che bloccano la comprensione condivisa, ascoltando la prospettiva più ampia che trascende i punti di vista individuali e riflettendo per far emergere maggiori intuizioni e possibilità. Come pratica personale o di gruppo, il dialogo approfondisce le relazioni, riduce i conflitti e porta ad un’azione saggia.
I dialoghi strategici sono conversazioni che contano per un mondo prospero. Sia su piccola che su larga scala, i facilitatori e coordinatori partecipativi utilizzano il dialogo strategico per riunire diverse parti interessate provenienti da diversi dipartimenti, discipline, settori e/o divisioni socioeconomiche per affrontare sfide comuni e creare innovazioni collaborative che possono portare a un maggiore impatto collettivo.
In conclusione possiamo cominciare ad avere dialoghi strategici nelle nostre conversazioni di tutti i giorni. Se ne trarremo beneficio potremo coordinarci per ottenere che anche il Parlamento Italiano abbia dialoghi strategici nelle conversazioni tra i concittadini a cui abbiamo dato la responsabilità dell’Italia.
Buona riflessione
UNA RIFORMA COSTITUZIONALE DANNOSA (E INUTILE)
Il premierato è uno slogan il cesarismo ha già ridotto le camere a un guscio vuoto
Parlamento, privato delle funzioni assegnate dalla costituzione sempre più spesso si limita ad approvare i decreti legge sfornati dal governo
SALVATORE BRAGANTINI economista
Il programma elettorale della coalizione vittoriosa chiedeva la riforma della Costituzione in senso presidenziale, la Lega voleva anche l'autonomia regionale differenziata (Ard). La premier Meloni, non potendo mantenere le promesse ai clientes, vuole spingere sulle riforme ma, se realizzate assieme, esse stroncherebbero la Repubblica: l'inevitabile referendum confermativo sarebbe molto insidioso.
L'Ard l'autonomia regionale differenziata oltre a staccare per sempre le regioni ricche dalle povere, costringerebbe le imprese a seguire i diversi regimi scelti da ogni regione nelle varie materie.
Uscito di scena il presidenzialismo, che annullerebbe i poteri del presidente (amata figura chiave dei nostri equilibri), ora l'astuta Meloni vuole il premier forte, contando forse sul know how di Matteo Renzi nei referendum confermativi. Lede i poteri del presidente anche questa vaga 'Terza repubblica", un imbroglio a partire dal nome, essendo la "Seconda" solo uno slogan di Publitalia. Se ne parlerà un po', ma questo guazzabuglio scemerà, non serve a un governo che ha battuto il record nell'abuso dei decreti legge (dl), il solo moncone di potere legislativo concesso al governo, titolare del potere esecutivo nel nostro sistema le leggi si discutono in parlamento, e i dl non convertiti entro 60 giorni decadono.
In un anno Meloni ha emanato quasi un dl a settimana, in genere privi dei requisiti di necessità e urgenza. Essi sono anche farciti di ingredienti eterogenei: il senatore Lotito, per caso proprietario della Lazio, ha infilato nel dl Caivano una legge Salva caldo! Contro tale malvezzo si sono battuti, con pochi successi, i nostri presidenti. Gli abusi esistono da tempo, ma aumentano di numero e gravità.
L'assetto istituzionale trasfigura, portandoci verso qualcosa che somiglia al cesarismo; si vedano Ainis, "Montesquieu", Luigi Corbani e altri. Anche nei rari casi in cui scrive le leggi, il parlamento sottostà alla tagliola dei voti di fiducia. Non stupisce che, in un sistema in via di degrado, faccia eccezione il recente intervento sul disegno di legge Capitali: se il legislatore entra a piedi uniti su specifici contrasti finanziari, ci induce a pensar male Il cesarismo si vede nel cammino della legge di Bilancio; andava portata alle camere entro il 20 ottobre ma quando il 15 il governo l'ha approvata in bozza, sui media si sono abbattute le dichiarazioni dei partiti al governo; per intestarsi le misure a favore di una clientela, o per osteggiare quelle lesive di un'altra.
Al 30 ottobre le camere non hanno il testo del ddl. «Il primo governo eletto degli ultimi dodici anni», come questo, sfregiando la Costituzione, ama definirsi, mostra icasticamente quale ruolo vede per il parlamento. Per fermare il caos Meloni vieta emendamenti di maggioranza ma, nonostante i suoi alti auspici è in parlamento che le leggi si discutono e si votano. Non aiuta il perdurante abuso di una legge che nega il potere di scelta agli elettori, difatti in costante calo. Anziché invertire la marcia Meloni s'inoltra sulla via da altri aperta: così, se il parlamento diviene un guscio vuoto, il premier forte non serve più. Per chi, titolare del potere esecutivo, così indossa anche l'abito legislativo, è il migliore dei mondi possibili.
Nella nostra derelitta Repubblica la separazione dei poteri finisce fra le buone cose di pessimo gusto. La riforma istituzionale sfumerà forse nella nebbia perché il governo ha strumenti semplici e indolori per avviare la Repubblica parlamentare alla tomba.
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