La vita è un film?

 

La vita è un film?

Antonio Errico ha scritto un articolo pubblicato dal Quotidiano di Puglia edizione di Lecce di oggi 22 ottobre 2023 in cui si legge:

“In fondo la vita non è altro che un film: un susseguirsi di scene, che qualche volta hanno una logica, che spesso invece non ne hanno, generate e governate dal caso, dall’imprevisto, da una indecifrabile combinazione di elementi, condizioni, situazioni che sembrano assolutamente inconciliabili.”

A questo proposito riporto uno scritto di Humberto Maturana:

Il vivere ha luogo nell'adesso, nel momento in cui avviene. Il vivere è una dinamica che scompare mentre si svolge. Il vivere si svolge nel non-tempo, senza passato o futuro. Passato, presente e futuro sono idee che noi esseri umani, noi osservatori, inventiamo quando spieghiamo i nostri accadimenti nell'adesso.

Inventiamo il passato come “l'origine dell'adesso, dell’ ”ora”, del presente, e inventiamo il futuro come una dimensione che emerge come estrapolazione delle caratteristiche del nostro vivere ora, adesso, nel presente.

Come il passato, il presente e il futuro, sono invenzioni per spiegare la nostra vita adesso, ora, il tempo è inventato come sfondo in cui passato, presente e futuro possano svolgersi.

Ma la vita, il vivere, si svolge adesso, ora, come flusso di processi di cambiamento.

Dire questo, naturalmente, è un modo di spiegare l'esperienza dell'essere adesso, ora nel momento in cui ci troviamo mentre chiediamo spiegazione della nostra vita, del tempo...

Buona riflessione

Fellini l’inventore di sogni e nuovi mondi
Antonio ERRICO
Diceva che, in fondo, dalla vita,
aveva anche imparato
qualcosa. Per esempio: che
ilsabato èmegliodelladomenica,
che chiunque ha qualcosa da raccontare,
che non c’è da preoccuparsi
se a quarant’anni anni non
sai ancora che fare della tua vita,
se hai ancora una gran voglia di
giocare. Aveva imparato che non
c’è cosa più inebriante che impuntarti
sulla tua scelta, e poi sbagliare,
che la voce di Frank Sinatra
è uno dei motivi per stare al
mondo, e la Heineken è l’altro,
checonil passaredegliannii tuoi
errori e i tuoi rimpianti impari ad
amarli, che se ripeti una parola
tante volte, all’improvviso perde
di significato. Diceva di aver imparato
che la nostalgia ha lo stesso
sapore della cioccolata bollente,
che la tua camicia preferita attira
ilsugoinmodomicidiale,che
non c’è cosa più bella che svegliarsi
una mattina senza sapere
che ore sono, senza riconoscere
la stanza e soprattutto senza ricordare
come ci sei arrivato. Ma
soprattutto aveva imparato che i
giorni veramente importanti nella
vita di una persona sono cinque
o sei in tutto. Tutti gli altri
fannosolovolume.
Trent’anni fa, il 31 ottobre del
Novantatré, moriva Federico Fellini.
Chissà in che modo avrebbe
guardato ilmondose lo avesse conosciuto
com’è adesso, con che
colori lo avrebbe rappresentato,
con che forme, oppure chissà di
che colori e di che forme lo avrebbe
immaginato se non fosse stato
ingradodi vederlo,odichecolori
e di che forme lo avrebbe sognato
se avesse avuto profondi e lunghi
sonni,o dormiveglia affollati di figureindistinte
evagolanti.
Come un poeta visionario, comeil
veggentediunpoemaepico,
Federico Fellini metteva in scena
un mondo immaginato sognato
inventato trasformato deformato.
Trasfigurava il mondo. Trasfigurava:
andava oltre la figura, oltrepassava
i confini del modello,
scomponeva i codici delle immagini,
ne disfaceva la compattezza
trasformando tutto in frammenti.
Esaltava l’ambiguità, l’enigma,
il nonsenso.Comeunmago,unillusionista,
un negromante, provocava
la rivelazione di quello
che è nascosto, o l’apparizione
dell’inesistente, un ordine della
confusione o la confusione delle
coseordinate.
Creava un universo di nulla e
dal nulla, che poi all’improvviso
si dissolveva. I suoi personaggi sono
figure trasognanti, stralunate,
che riescono a creare incantamenti.
Sono realisti e sognatori,
allo stesso tempo, costituendosi
come dimostrazione che non esistono
realisti senza sogno e sognatori
privi di realismo, che non
esistono i pragmatici senza una
visione e i visionari senza pragmatismo.
Figure provenienti da
universi fantastici, fiabeschi, che
si radunano tutti in una dimensione
di poetica onirica, surreale,
che a volte sembrano suggerire
cheforse sì, forsepotrebbeessere
anche che esistaunmondodiversodaqualcheparte,
ochesipossa
creareunmondodiverso da qualche
parte, o che si possa anche arrivare
a capire il mondo che abitiamo.
Potrebbe anche bastare
poco, per capire. Potrebbe anche
bastare un po’ di silenzio, come
diceIvo Salvini (RobertoBenigni)
nella“Vocedella luna”.
A volte per capire le cose bisogna
guardarle e analizzarle operando
uno scarto dalla comune
grammatica della visione, indagare
i motivi per i quali accadono in
un modo e non in un altro, recuperare
i significati depositati sui
loro fondali, individuarne le connessioni,
i punti di unione e di
frattura, adottaremetodiineditie
linguaggi dissonanti, compositi,
eclettici, svelare la disarmonia
che nascondono sotto l’armonia
apparente.
Fellini aveva una straordinaria
capacità di contaminazione di
forme e di linguaggi, un’espressività
portata fino ai limiti della sperimentazione.
Ma soprattutto
aveva una tensione verso la conformazione
diunimmaginario altro
ed ulteriore, che sfugge alle categorie
e alle classificazioni. È un
immaginario che sembra nonconoscere
confini, che eccede, straripa,
si gonfia, si dilata, si spande.
Tutte le sue storie cominciano e
finiscono in quell’immaginario;
tutta l’esistenza dura il tempo di
un film e si consuma nello spazio
di un film. Fuori dal film non c’è
niente, non ci può essere niente.
In fondo la vita non è altro che un
film: un susseguirsi di scene, che
qualche volta hanno una logica,
che spesso invece non ne hanno,
generate e governate dal caso,
dall’imprevisto, da una indecifrabile
combinazione di elementi,
condizioni, situazioni che sembrano
assolutamente inconciliabili.
Qualche volta siha l’impressione
che i film di Fellini abbiano
un’ansia di conclusione. Durante
un’intervista a Eugenio Scalfari
disse che per lui il momento più
entusiasmante èquando sismonta
il set. “Quest’opera distruttiva
mi dà una gioia indicibile, emela
vedo tutta fino all’ultimo”. Dopo
l’ultima scena, il mago, l’illusionista,
il fabbricante di mondi, ritorna
ad essere semplicemente un
uomo, nel suo mondo semplice e
vero.

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