"4 novembre: l'Infinito Spazio Sicuro"

 


"4 novembre (*): l'Infinito Spazio Sicuro"

In una corte d'ombra e luce, mentre il tempo rallenta come a voler ascoltare, chiedo a mio nonno: “Hai mai ucciso qualcuno in guerra?”. E lui, con gli occhi che sanno di passato e ferite, si ferma un attimo, posa il martello e mi guarda, come si guarda il vento prima che arrivi una tempesta. “Figlio mio,” dice, “la guerra è una brutta cosa.”

E così, tra una vite e una mensola, mi lascia un seme di verità, una verità che non nasce nei libri, ma nel silenzio di chi sa. Mio nonno, Pietro, ragazzo di diciotto anni, portato via da Lecce su un carro merci, come un filo d’erba sradicato da una terra che nemmeno si aspettava. È andato a combattere per qualcuno che non conosceva, contro un nemico che oggi avrebbe chiamato “fratello”. Ed è tornato, sì, ma mai più uguale.

Mi parlava poco della guerra, solo sguardi. E io, che leggevo sui libri storie di buoni e cattivi, di battaglie vinte e perse, mi chiedevo chi fossero i veri “cattivi”. Perché oggi, cento anni dopo, guardo il mondo, vedo tedeschi, francesi, italiani, e mi dico: siamo tutti gli stessi. Eppure c’è stato un tempo in cui ci siamo uccisi per confini che il vento non conosce.

E intanto, dall’altra parte del mondo, la storia ripete se stessa, cambia solo il nome del luogo e il colore della bandiera. Una bambina in Yemen chiude gli occhi per la fame, per una guerra che non conosce. E la mia anima sprofonda, perché non so come darle pace, non so come fare a spezzare quest’incantesimo di fame e di fucili.

Mi chiedo: come possiamo, noi umani, diventare così piccoli mentre crediamo di essere grandi? Noi, che all’inizio, appena nati, conosciamo solo la gentilezza del primo abbraccio. Noi, che alla fine moriamo, lasciando tutto qui, neanche il tempo di usare tutto quello che abbiamo accumulato. Di cosa abbiamo paura, davvero? Perché accumuliamo case, muri, confini, quando basta uno spazio tra il cuore e il respiro per essere felici? E allora, cosa vogliamo davvero conservare?

Non è forse il calore di quella prima sicurezza, quel silenzio immenso che c’è solo nel cuore di chi ama?

Antonio Bruno

(*) L'Italia il 4 novembre ricorda, commemorando i suoi Caduti, l'Armistizio di Villa Giusti (entrato in vigore il 4 novembre 1918) che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste, e portare a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale.

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