Intervista al Dott. Antonio Bruno sulla gestione della ricchezza
Uno studio della Banca d’Italia esamina la distribuzione della ricchezza nel nostro Paese. Nel 2022 il 5% della popolazione deteneva circa il 46% della ricchezza netta totale. Questi dati sottolineano una distribuzione della ricchezza sbilanciata.
Intervista
al Dott. Antonio Bruno sulla gestione della ricchezza
Intervistatore: Dottor Bruno, lei parla di un
ritorno alla gestione della ricchezza che coinvolga direttamente i cittadini.
In che modo pensa si possa realizzare questo obiettivo?
Dott. Antonio
Bruno: La mia
proposta parte dal presupposto che il modello attuale basato sul neoliberismo,
che ha caratterizzato gli ultimi decenni, abbia dimostrato dei limiti evidenti.
Non è più in grado di produrre e distribuire ricchezza in modo equo, e questo è
sotto gli occhi di tutti. Credo sia necessario costruire un modello di gestione
collettiva che riporti i cittadini al centro delle decisioni, un processo di
partecipazione reale e consapevole che non si affidi esclusivamente a figure di
potere. Non serve sostituire un'oligarchia finanziaria con una politica:
occorre creare una nuova forma di collaborazione.
Intervistatore: Lei fa riferimento a un periodo
storico in cui la collettività, attraverso lo Stato, produceva ricchezza e
garantiva lavoro. Cosa è cambiato con le privatizzazioni?
Dott.
Antonio Bruno: Dopo la
crisi degli anni ’70, lo Stato italiano intervenne con una risposta
significativa, che consisteva nella creazione di posti di lavoro e nella
distribuzione della ricchezza. Tuttavia, le degenerazioni di questo sistema,
come la corruzione e Tangentopoli, portarono all’ingresso del neoliberismo e al
trionfo della cultura della competizione senza paracadute. Questo ha aperto la
strada alle privatizzazioni: il ruolo dello Stato come produttore di ricchezza
è stato progressivamente smantellato in favore di un modello dominato da
logiche di mercato. Da qui il passaggio a un’industria e una sanità articolate
in aziende, come se i servizi pubblici potessero e dovessero essere regolati
come qualsiasi impresa privata.
Intervistatore: In questo contesto, qual è stato
il ruolo delle élite economiche e finanziarie?
Dott.
Antonio Bruno: Le élite
economiche e finanziarie hanno avuto un ruolo determinante. Ricordiamo il
famoso episodio del 1992, quando sul panfilo britannico Britannia si sarebbero
incontrati i principali rappresentanti delle élite economiche, inclusi quelli
italiani, per discutere delle privatizzazioni del nostro Paese. Da quel
momento, i governi dell’epoca hanno accelerato il processo di privatizzazione,
guidati da figure chiave come Mario Draghi. Aziende pubbliche strategiche come
Telecom, Autostrade, Eni ed Enel sono passate in mano ai privati, segnando un
cambiamento profondo nell’economia nazionale.
Intervistatore: Lei ritiene che questo sistema non
sia più sostenibile. Perché, secondo lei, è arrivato il momento di cambiare?
Dott.
Antonio Bruno: Questo
sistema ha prodotto, e continua a produrre, enormi disuguaglianze. La logica
della competizione ha determinato la chiusura di molte aziende non competitive,
causando disoccupazione e precarietà. Il risultato è un disagio sociale
diffuso, soprattutto nelle nuove generazioni, che si trovano escluse da un
mercato del lavoro che non riesce ad assorbirle. Ora è chiaro che il
neoliberismo non è più in grado di sostenere il benessere collettivo, perché
non è strutturato per distribuire equamente la ricchezza. Occorre, quindi,
ripensare questo modello e favorire una gestione partecipativa della ricchezza,
coinvolgendo i cittadini in un progetto comune.
Intervistatore: In pratica, come possiamo
immaginare questo processo di cambiamento?
Dott.
Antonio Bruno: Il primo
passo è quello di attivare delle conversazioni e dei confronti pubblici,
finalizzati alla costruzione di una visione condivisa. È un percorso che
richiede l’impegno e il dialogo della collettività, non la presenza di nuovi
“leader” che aspirino semplicemente a prendere il posto degli attuali poteri
finanziari. Dobbiamo trovare un modo di organizzarci che permetta ai cittadini
di partecipare attivamente, senza demandare le scelte a un'élite politica o
finanziaria.
Intervistatore: Quali sono le principali sfide per
realizzare questa visione?
Dott.
Antonio Bruno: La sfida
principale è culturale: dobbiamo superare l’individualismo che il neoliberismo
ha instillato nelle persone e promuovere una cultura di collaborazione. Questo
non è semplice, perché richiede un cambiamento profondo nei valori e nei
comportamenti, e non accadrà dall’oggi al domani. Inoltre, c’è la necessità di
sviluppare strumenti concreti e nuovi modelli organizzativi che permettano una
gestione collettiva e trasparente. Ma sono convinto che il momento sia maturo e
che i cittadini siano pronti a un cambiamento.
Intervistatore: Dottor Bruno, la ringrazio per
aver condiviso con noi la sua visione.
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