Le “LEZIONI” americane: una riflessione personale
Le “LEZIONI”
americane: una riflessione personale
A leggere i
giornali di questi giorni, pare che tutto il mondo trattenga il fiato, in
attesa delle elezioni americane. Trump, Harris e chissà chi altri si
contenderanno la scena come nuovi protagonisti di un film che tutti conosciamo,
ma che ogni volta si presenta con un titolo diverso. E noi qui, in questa fetta
di mondo, a discutere, a commentare, ad aspettare che la vittoria di uno o
dell’altro ci possa, in qualche modo, cambiare la vita. Ma io mi chiedo,
davvero ci crediamo?
Ecco,
prendiamoci un momento e riflettiamo su questo: crediamo davvero che il destino
di una grande nazione – perché sì, lo è – come gli Stati Uniti, possa cambiare
per noi le cose in modo significativo? O che un leader lontano, per quanto
carismatico o controverso possa essere, possa risolvere problemi che ci
riguardano, qui, ora, nel nostro piccolo universo? La verità, e lo dico con la
franchezza di chi ha visto tante persone passare per le vie della politica e
dello spettacolo, è che nessun Salvatore può essere trovato oltre oceano o da
nessuna altra parte.
Ognuno di
noi è responsabile del proprio mondo. È una responsabilità che non possiamo
delegare, né a un presidente né a un primo ministro. Non posso fare a meno di
pensare a come, a volte, ci si illuda di trovare la salvezza in un nome nuovo,
in un volto più rassicurante o in una promessa più brillante. E lo vediamo qui
in Italia: c’è chi si aggrappa a Meloni, chi a Schlein, con l’idea che questi
leader possano davvero risolvere tutto ciò che è rotto, curare le ferite,
sistemare ogni cosa.
Ma c’è una
differenza, e mi piace sottolinearla. Io mi sento responsabile per tutto ciò
che accade intorno a me. Sento, e dico “sento” perché è qualcosa di profondo,
che ho un ruolo in questo mondo. Non perché io sia migliore o più capace, ma
perché sono parte di una convivenza sociale in cui credo. E credo nel fatto che
ognuno di noi, ognuno nel proprio piccolo, possa e debba fare la propria parte.
Non è una scelta, è una necessità.
Se invece guardo
l’atteggiamento di chi aspetta il cambiamento da lontano, in un leader o in un
programma elettorale, vedo una tendenza a scaricare il peso della
responsabilità. E allora chiediamoci: dov’è finito il senso di essere comunità?
Dove è finita quella sensazione di costruire insieme? Guardare alla casa del
vicino non cambierà nulla nella nostra casa, come dicono certi vecchi proverbi.
Eppure, spesso, continuiamo a fare proprio questo. Magari ci lamentiamo,
alziamo le spalle, e pensiamo che, in fondo, non siamo poi così importanti.
Invece no.
Abbiamo il potere, ognuno di noi, di fare la differenza. E quando parlo di
potere, non mi riferisco a quello dei grandi palazzi o delle alte cariche, ma
al potere di fare la propria parte. Di risolvere le piccole cose di ogni
giorno, di mettere impegno e responsabilità in quello che facciamo. E questo,
permettetemi di dirlo, è il modo di vivere nella nostra convivenza sociale.
Antonio
Bruno
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