Da sudditi a consumatori: ovvero quando abdichiamo al nostro essere cittadini
il passaggio storico
dal mondo povero e popolare-contadino del passato, in cui dominavano Chiesa,
patria, lavoro e risparmio a quel “nuovo potere consumistico e permissivo”
adesso trionfante, contro il quale (Pasolini dialoga con Calvino) “i nostri
vecchi argomenti di laici, illuministi e razionalisti non solo sono spuntati e
inutili, ma anzi fanno il gioco del potere” (Pasolini degli Scritti corsari la
raccolta degli articoli che andava scrivendo sul Corriere milanese nel corso
degli anni Settanta, 1 marzo 1975).
Ieri sera in un incontro pubblico, durante il dibattito, una
signora con fermezza e determinazione, opponeva alla tesi dell’oratore, che
descriveva il sistema economico come responsabile delle nostre scelte di tipo
culturale, la responsabilità dei genitori nella determinazione di tali scelte,
perché noi tutti abbiamo vissuto le nostre prime relazioni con la mamma, il
papà ed i famigliari.
L’osservazione della signora di fatto escludeva che il
sistema economico, o se si vuole il capitalismo, potesse determinare il nostro
immaginario. Secondo la signora il nostro immaginario è frutto
dell’accoppiamento strutturale con le persone con le quali abbiamo vissuto i
primi anni della nostra vita.
Per le osservazioni che faccio concordo senz’altro con la
signora. Comunque nel corso della giornata di oggi, sono affiorate altre
riflessioni che derivano da questa evidenza, che vi vorrei raccontare in questo
scritto.
Partirei da tre definizioni del Dizionario Treccani:
Cittadino
Chi appartiene a uno stato (cioè a una comunità politica, a
una nazione), e per tale sua condizione è soggetto a particolari doveri e gode
di determinati diritti
Suddito
Ogni soggetto che si trova in condizione di dipendenza dalla
sovranità dello stato; in particolare, e in antitesi a cittadino, il soggetto
che dipende dalla sovranità dello stato senza esserne membro
Consumatore
Chi consuma, o anche, più genericamente, chi acquista, beni
economici, qualunque carattere abbia il consumo o l’acquisto (di godimento,
produttivo, o distruttivo)
Sono tre domini cognitivi diversi e ho riflettuto su ognuno
di loro e sulla mia condizione rispetto a tutti e tre.
Dalle scuole elementari ho vissuto con uno Stato che si è
occupato di darmi una formazione attraverso l’accesso aperto a tutti all’istruzione.
Ho potuto frequentare le scuole di ogni ordine e grado avendo la possibilità di
operare una libera scelta della Facoltà Universitaria senza dover fare test d’accesso.
Insieme ai miei Magister mi sono trasformato e siccome ho
avuto dallo Stato la possibilità di divenire ciò che sono sento una profonda
riconoscenza e cerco di collaborare come posso alla gestione ed amministrazione
dei beni comuni.
Mi sono soffermato su questa profonda riconoscenza, ci ho
riflettuto e sento di fare parte di questa Comunità Nazionale chiamata Italia, perché
da questa Comunità ho ricevuto tutto quanto ha reso possibile la mia vita.
Mi sento un cittadino perché faccio parte di questa Comunità
e sento la responsabilità di collaborare attraverso le conversazioni, per la
definizione di un progetto Comune per l’amministrazione e gestione dei beni di proprietà
di tutti noi cittadini.
In definitiva mi sento responsabile dell’ambiente in cui
vivo che è formato dalle persone, da tutti gli esseri viventi e dal territorio.
Quando facevo le elementari il mio Maestro si preoccupava di
coinvolgere tutti i bambini della mia classe e guardava ognuno di noi, rispondeva
alle domande di tutti, per tutti aveva considerazione garantendo a ognuno di
noi di essere visto e tutto ciò aveva come conseguenza la crescita di ognuno di
noi. Ci diceva che quelli con il passo più svelto dovevano guardarsi intorno
per rallentare e permettere a tutti di giungere insieme a qualunque porto
avessimo deciso di sostare.
Fu un po’ diverso alle medie. C’era un clima meno
coinvolgente e non ebbi la fortuna di incontrare Magister. Ma alle superiori
arrivò il Magister con il quale mi trasformai per cinque anni e il compagno di
scuola anche lui pronto a trasformarsi insieme a me. Ancora oggi penso a loro.
Il Magister non c’è più e il compagno di scuola oggi è in pensione e in vacanza
a Tenerife.
Poi all’università ci fu la richiesta a gran voce da parte
dei collettivi studenteschi del diciotto politico, un tentativo di garantire a
tutti il raggiungimento della Laurea.
Negli anni 60 e 70 insieme ai miei Magister ci siamo
trasformati in cittadini. Loro avevano vissuto la condizione di sudditi e
sapevano bene quello che facevano con me. Loro avevano provato la sovranità
dello Stato e la contestuale consapevolezza di non esserne membri. I miei
Magister si trasformarono con me e tutti divenimmo cittadini ed io lo sono tutt’ora.
Adesso che cosa succede? Io osservo che tutti sono coinvolti
nel consumismo, tutti si danno l’obiettivo di ottenere dei risultati, tutti
vivono nella competizione per ottenere il successo e la vita delle persone è
ossessionata da queste ricerche ed orientamenti.
Gli adulti con i quali ho vissuto si sono trasformati
insieme a me in cittadini e noi tutti siamo responsabili. Mentre gli adulti con
i quali oggi vivono le giovani generazioni, sono orientati alla ricerca del
successo attraverso la competizione e, di conseguenza, le giovani generazioni
si sono allontanate dalla responsabilità verso loro stessi. Ognuno di loro non
sente la responsabilità verso sé stesso.
C’era una domanda quando ero bambino che mi portava a
divenire responsabile; me la facevano i miei genitori e i miei Magister ed era
questa: “Antonio, ti rendi conto di quello che stai facendo?”.
Oggi invece una giovane donna o un giovane uomo, studia per
essere un consumatore, per lavorare nel Mondo fatto di corsa sfrenata ai consumi,
per una crescita senza fine che non esiste.
Il bambino diventa l’adulto con il quale è in relazione.
Solo noi possiamo riflettere e decidere se vogliamo vivere nella responsabilità
di quello che facciamo oppure nella competizione per arrivare al successo.
Se sceglieremo la responsabilità saremo cittadini ed avremo
a mente di chiederci se ci possano essere conseguenze negative per le altre
persone, per gli organismi viventi e per il paesaggio prima di fare qualunque
cosa.
Se sceglieremo la competizione per raggiungere il successo,
faremo tutto ciò che è necessario per raggiungerlo senza farci nessuna domanda
e senza preoccuparci delle conseguenze per le altre persone, per gli organismi
viventi e per il paesaggio.
Come ho detto ieri è solo una questione di desiderio, come
sempre. Noi siamo il risultato della deriva dei nostri desideri. E tu? Che
desideri tu?
Antonio Bruno Ferro
Commenti
Posta un commento