Lettera a un amico
Amico mio, non pensare che abbia dimenticato le tue
confidenze, i tuoi sfoghi e le tue disperazioni. Ricordo le nostre
chiacchierate in cui le parole emerse dal nostro cuore, si arrampicavano sino
alla nostra gola trasformandosi in quei suoni che erano serate passate insieme,
viaggi, esperienze belle e tentativi deludenti ma sempre e comunque vivi,
frizzanti, allegri e pieni di tensione verso ciò che stava per accadere.
Una vicinanza che mi dava benessere amico mio. Le tue insoddisfazioni
le osservavo nella postura. Ricordo la tua spalla curva, la testa abbassata e
un po’ piegata che per me erano eloquenti al punto che sapevo, prima che me lo
dicessi con la tua voce sommessa, le tue delusioni per non veder realizzato ciò che
avevi sempre desiderato, ciò che avevi avuto sempre chiaro nel tuo cuore ma che, giorno dopo giorno, vedevi scivolare verso il fondo nero della disperazione.
Avevi tutto ciò che di materiale si potesse desiderare e, quello
che ancora non possedevi, vedevo che eri in grado di realizzarlo con un’abilità
geniale.
La tua disperazione non era per la mancanza dei beni
materiali che accumulavi attimo dopo attimo. Tu non eri mai sazio. Ti ho
osservato tante volte. Tu dopo aver ottenuto l’oggetto del desiderio, dall’istante
successivo, provavi immediatamente e nuovamente quel languore che si
trasformava ben presto in fame di qualche cos’altro.
Ti consolavo amico mio, ricordi? Le mie parole ti davano
sollievo, creavano un Mondo intorno a noi nel quale, almeno per il tempo in cui
vi eravamo immersi, provavamo pace e tranquillità. In quel Mondo tutti e due eravamo
nel benessere.
Stare con te è stato bello per me, perché sono entrato nel
tuo Mondo visionario, dove tutto era possibile e, soprattutto, dove potevo
assistere alla realizzazione dei tuoi desideri materiali che, nel mio Mondo,
avevo messo tra quelli irrealizzabili, tra quelli che non erano alla mia
portata; per una sorta di limite invalicabile al di là del quale, le
realizzazioni possibili per chi come te, viveva al di là del confine,
risultavano impossibili per me.
Tu amico mio sempre insoddisfatto, mi hai trasformato al
punto di vedere che quel limite, quel muro, era solo nella mia testa, messo lì
da qualcuno che con l’intenzione di proteggermi, aveva fatto in modo di
convincermi a non praticare spazi incerti, precari con la conseguenza del mio
lasciarmi andare in territori che, secondo loro, risultavano più sicuri, lontani
dai tanti pericoli che mettono a rischio l’esistenza psichica e fisica delle
persone.
Allora fu la nostra condivisione a dissolvere le incertezze,
a mitigare le asperità e a riportare armonia dopo le tempeste violente. La
condivisione può ricreare ciò che si determinò allora, ovvero la soddisfazione
nostra e di tutti quelli che condividevano quell’esistenza.
Dopo tanto tempo ti tendo di nuovo la mano, ti invito ad
afferrarla, ad accettare la mia compagnia per ricominciare a conversare
insieme, ora come allora, con lo stesso spirito e nella certezza di ricreare
intorno a noi quel clima di benessere che tanto ci piacque.
A presto
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