Quando si perde la fiducia, si cancella la storia
Quando si perde la fiducia, si cancella la storia
Il giornalista Mario Giordano ha scritto un articolo che è
stato pubblicato dal giornale LA VERITA’ di oggi 16 luglio 2023 nel quale in
estrema sintesi paventa LA DISONESTA’ del Partito Democratico Italiano sul tema
dell’AUTONOMIA DIFFERENZIATA.
Un comportamento
possiamo definirlo DISONESTO quando si afferma di voler fare una cosa, mentre
invece, di fatto, si ha in animo di farne un’altra.
Nel caso dell’AUTONOMIA DIFFERENZIATA il Partito Democratico
Italiano ieri 15 luglio 2023 a Napoli ha affermato:
L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
«divide il Paese», «scavalca i territori», «mette a rischio la scuola e il
trasporto locale» - La riforma è da
rigettare in toto e non è nemmeno da discutere in Parlamento.
Il giornalista Mario Giordano insinua il dubbio che il
Partito Democratico afferma con sicurezza quanto ho prima scritto sapendo già che
non farà quello che afferma di voler fare. IN DEFINITIVA - SECONDO IL
GIORNALISTA MARIO GIORDANO – IL PARTITO DEMOCRATICO STA AVENDO UN COMPORTAMENTO
DISONESTO.
Secondo
Giordano la disonestà deriva dal fatto che alcuni rappresentanti del Partito
Democratico Italiano e specificamente Stefano
Bonaccini, Andrea Martella ed Eugenio Giani VOGLIONO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA perché
tutti gli iscritti e votanti del Partito Democratico Italiano dell’Emilia Romagna,
della Toscana e del Veneto, VOGLIONO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA.
Ora io penso che, nella fiducia che quello che
dice e scrive il Partito Democratico Italiano, sarà seguito da comportamenti
coerenti con ciò che appunto dice e scrive, chi come me desidera che TUTTI I
CITTADINI ITALIANI SIANO UGUALI NEI DIRITTI E NELLE OPPORTUNITA’ IN QUANTO QUESTO
RAPPRESENTA UNO DEI TRE VALORI DELL’ORIZZONTE IDEALE LIBERTA’ – UGUAGLIANZA –
FRATERNITA’ – DEVE SOSTENERE CON IL VOTO E CON LE PROPRIE CONVERSAZIONI IN OGNI
LUOGO POSSIBILE QUESTO PARTITO.
C’era un uomo ora scomparso, lo chiamavamo
Giulio Andreotti, che usava un proverbio di cui tutti erroneamente gli
attribuivano la paternità:
“A pensar male del prossimo si fa peccato ma si
indovina”
Il proverbio non è di Giulio Andreotti perché fu
detto per la prima volta nel 1939 dal cardinale Francesco Marchetti
Selvaggiani, Vicario di Roma anche se per la verità il cardinale a sua volta
citava colui a cui va attribuita la paternità della frase: papa Pio XI (Achille
Ratti).
Perché scrivo questo proverbio e
ve lo partecipo con preghiera di profonda riflessione?
Lo scrivo per ricordare al
Partito Democratico che lo sostengo nelle mie conversazioni nella fiducia nella
sua onestà. Ricordo altresì al Partito Democratico che una volta che si dovesse
comportare disonestamente e specificamente in tema di Autonomia differenziata,
dovesse favorire la stessa anziché avversarla, mi vedrei costretto dalle
circostanze a non avere più fiducia. In quel caso si cancellerebbe tutta la
STORIA!
Buona riflessione
I DISASTRI DELLA SINISTRA
La Schlein sfascia il Pd pure sull’autonomia
Il segretario, a Napoli, afferma che i dem sono «uniti nel
dire no» alla riforma Calderoli. Non è vero, perché l’ex sfidante Bonaccini è
sempre stato favorevole alla misura, così come Giani in Toscana. Mentre dal
Veneto arriva la richiesta di dialogare con il governo
di MARIO GIORDANO
Alla
fine scopr i re m o c h e quella dell’armocromista è stata la sua uscita più azzeccata.
Povera Elly Schlein, segretario del
Pd
per ironia della sorte, capitata lì senza che nessuno l’abbia vista arrivare e,
soprattutto, senza che nessuno capisca dove vuole andare:
prima ha provato a opporsi
all’abolizione dell’abuso d’ufficio ma si è trovata contro la rivolta dei sindaci
del suo partito;
poi
si è spostata su temi economici e, dal salario minimo alla patrimoniale, s’è
trovata solo porte sbattute in faccia;
ora lancia la nuova battaglia: quella
contro l’autonomia.
E
il sospetto è che (non c’è due senza tre) anche la terza campagna finisca come
le altre.
L’inizio promette bene: «Il Pd è unito
contro l’autonomia», ha detto infatti il segretario da Napoli
mentre
l’uomo più potente del Pd a Napoli, Vincenzo
De Luca, le stava facendo sgarbi e pernacchie
a volontà. Tanto che all’osservatore neutrale viene da chiedersi: se quando
sono uniti sono così, quando si dividono che fanno? Si sparano a vista?
Ma
il punto è che unire il Pd nel nome della lotta all’autonomia è un po’come tentare
di tenere insieme una bottiglia di vetro prendendola a martellate.
Se
c’è un argomento su cui il Pd si è sempre spaccato, infatti, è proprio quello
dei poteri da concedere ai territori.
Impossibile
dimenticare che Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna e sfidante della Schlein alle
primarie, era stato uno dei grandi sostenitori dell’autonomia differenziata,
salvo poi innescare una imbarazzata e tattica retromarcia proprio in vista
della cadrega da segretario (sapeva quanto fosse divisivo il tema).
I
veneti del Pd hanno già fatto sapere di essere contrari al «mai» della loro
segretaria e propongono una discussione della legge: non a caso, hanno
presentato con il deputato Andrea Martella ben 189 emendamenti alla riforma Calderoli , che
dimostrano la volontà di discutere nel merito, non certo quella di opporsi tout
court.
E
nel gennaio scorso, un altro pezzo grosso del Pd, il governatore della Toscana Eugenio Giani,
aveva rilasciato una lunga intervista al Foglio
per dire che «l’autonomia differenziata
è di sinistra», che «valorizza le Regioni», che dà «maggiore capacità di azione
ai territori» e produce «migliori servizi per i cittadini». Il tutto condito di
citazioni di Pietro Calamandrei, elencazione di articoli della Costituzione e pressanti
inviti a «non ideologizzare » .
Ora
è anche possibile che Bonaccini continui sulla strada della rimozione del passato e si
trasformi in un piccolo Michele Emiliano con l’accento bolognese; è possibile che i rappresentanti Pd
del Veneto girino le spalle ai loro elettori e bevano l’amaro calice ritirando
i loro emendamenti; ed è possibile che Eugenio
Giani, alla faccia di Calamandrei, della
Costituzione e della sua dignità, dichiari di aver parlato dopo aver bevuto
Chianti in eccesso; tutto può accadere, si capisce.
Ma davvero pensa Elly Schlein che il suo partito si possa unire contro l’autonomia?
Proprio
un partito che sull ’autonomia, spesso, ha costruito le sue fortune? Un partito
con fior di sindaci e di amministratori locali che sanno ragionare in termini
pratici, ancor prima che ideologici?
Se
importanti governatori e rappresentanti dei territori hanno preso, negli ultimi
tempi, posizioni favorevoli o, almeno, dialoganti sull’autonomia, evidentemente
c’è una parte significativa della base che guarda di buon occhio la «minor
centralizzazione dei poteri dello Stato» che, come ha spiegato sempre lo stesso
Giani,
«è da sempre un valore della sinistra».
Davvero
la povera Elly pensa di convincerli tutti a cambiare idea? E di farlo con un
comizietto a Napoli mentre, poco distante, il compagno di partito De Luca la prende per
i fondelli?
Non
entriamo nel merito della discussione. Qui, si sa, siamo convinti che l’autonomia
sia un passaggio inevitabile, oltretutto richiesto via referendum da milioni di
italiani. E pensiamo che, se ben realizzato, possa dare allo Stato quella
efficienza che da troppo tempo manca. Ma non è questo il punto.
Il
punto è: davvero Elly Schlein è convinta che «tutto il Pd con una voce sola dica no all’autonomia
» ? Che tutto il partito la segua sulla linea appena tracciata, ripetendo con
lei che l’autonomia «divide il Paese», «scavalca i territori» e, addirittura, «mette
a rischio la scuola e il trasporto locale»? Davvero pensa che la riforma sia da
rigettare in toto? Nemmeno da discutere in Parlamento? Davvero pensa che possa
sollevare «barriere classiste, razziste e sessiste»? Non è che per caso, al
prossimo comizio, la compagna segretaria scoprirà che l’autonomia fa venire
anche la dermatite atopica e provoca l’invasione delle cavallette?
Non
sappiamo chi consiglia la povera Elly. Ma confessiamo che, siccome siamo
preoccupati per la sua tenuta alla sempre più traballante guida del Pd (lunga
vita alla segreteria Schlein !),
oseremmo suggerire una scelta un po’più attenta dei campi di battaglia. Solo
per fare un esempio: sull’immigrazione il governo di centrodestra annaspa
vistosamente. Non sa da che parte andare. È abbastanza evidente che non sarebbe
difficile metterlo con le spalle al muro, peraltro su una questione molto
popolare nei quartieri più disagiati delle metropoli, terreno di conquista per
la sinistra. Perché il tema dell’immigrazione non viene preso in
considerazione?
Non
è abbastanza chic?
Certo:
lanciare slogan sull’autonomia differenziata, così come sull’abuso d’ufficio o
sulla patrimoniale, suona molto meglio. Ma rischia, ancora una volta, di non
portare da nessuna parte. E lanciare slogan che non portano da nessuna parte è
piuttosto insensato, no? Allora meglio continuare a parlare di armocromisti con
tanto di foto su Vogue.
Come volevasi dimostrare.
Commenti
Posta un commento