Sull’onestà ovvero sul fare ciò che si dice e/o si scrive

 


Sull’onestà ovvero sul fare ciò che si dice e/o si scrive

Corrado Formigli ha scritto un articolo pubblicato sul quotidiano Domani di oggi 10 luglio 2023, che descrive la mancanza di coerenza tra quello che una prescelta ha detto di fare e quello che in effetti ha fatto. La questione è relativa alla corrispondenza tra quello che noi persone diciamo e/o scriviamo e quello che poi in effetti facciamo.

Una persona è onesta quando ciò che fa corrisponde a ciò che dice o scrive.

Quindi il problema che pone Corrado Formigli è quello dell’onestà.

Il valore dell’onestà è tra quelli più richiesti da parte di tutti ma che, allo stesso tempo, è quello che è difficile da osservare nei comportamenti dei cittadini prescelti con le elezioni per la redistribuzione della ricchezza attraverso il governo del Paese o degli Enti locali.

Perché se io mi faccio la domanda: avere comportamenti onesti serve all’Italia ed ai suoi giovani? Sto ponendo la domanda partendo dal presupposto che tutti capiscano qual è l’argomento che pone la domanda. Ma è vero che tutti quelli che hanno letto questa domanda abbiano chiaro il presupposto della stessa?

La nozione di “deve servire a qualcosa” è una nozione relazionale; se ci riflettiamo, qualcosa è utile per qualcosa, in relazione a un desiderio, niente è utile in sé.

Fondamentalmente la domanda è: cosa vogliamo noi mettendo in atto e pretendendo che gli altri mettano in atto i comportamenti ONESTI?

Penso che non si possa considerare alcuna domanda sull'attività umana in termini di valore, utilità o cosa si può ottenere da essa, se non ci si chiede cosa si vuole. Chiedersi se l'onestà degli italiani è utile richiede di rispondere a domande come: cosa vogliamo con l’onestà? Cos'è un comportamento onesto? Per quale motivo vogliamo avere comportamenti onesti ed allo stesso tempo, essere in relazione con persone che hanno comportamenti onesti?

Penso che non si possa riflettere sull'onestà, senza riflettere prima o contemporaneamente, su quello che è la cosa fondamentale nella vita quotidiana ovvero il progetto Paese in cui si immergono le nostre riflessioni sull'onestà. Abbiamo un progetto per il Paese? Forse la nostra grande tragedia attuale è che non abbiamo un progetto per il Paese. È vero che non si può giocare a tornare indietro nel tempo. Tuttavia, avendoci riflettuto mi rendo conto dell'esistenza di due progetti nazionali, uno del passato e l'altro del presente, chiaramente diversi, uno che ho vissuto quando io ero studente e un altro che trovo che gli studenti attuali siano costretti a vivere.

Ho studiato per restituire al Paese ciò che da esso avevo ricevutoEro immerso in un progetto di responsabilità sociale, ero partecipe della costruzione di un Paese in cui si ascoltava continuamente un discorso sul benessere della comunità nazionale che io stesso contribuivo a costruire facendone parte. Non ero l'unico perché sia io stesso che i miei compagni di studi eravamo consapevoli che c'era uno scopo comune: restituire al Paese ciò che da esso ricevevamo.

La situazione e le preoccupazioni degli studenti di oggi sono cambiate. Oggi gli studenti si trovano nel dilemma di scegliere tra ciò che viene loro chiesto, ovvero prepararsi a competere in un mercato professionale, e l'impulso della loro empatia sociale che li porta a voler cambiare un ordine politico culturale che genera eccessive disuguaglianze che portano povertà e sofferenze materiali e spirituali.

LA DIFFERENZA CHE C'È TRA IL PREPARARSI A RESTITUIRE AL PAESE CIÒ CHE DA ESSO SI È RICEVUTO LAVORANDO PER SCONFIGGERE LA POVERTÀ, E IL PREPARARSI A COMPETERE NEL MERCATO DEL LAVORO, È ENORME. Questi sono due mondi completamente diversi. Quando ero studente, come ho già detto, ho voluto restituire alla comunità ciò che da essa ho ricevuto, senza conflitti, perché la mia emozione e la mia sensibilità verso gli altri, e il mio scopo o intenzione verso il Paese, coincidevano. Ma attualmente questa coincidenza tra scopo individuale e scopo sociale non si verifica perché nel momento in cui si viene formati come studenti per entrare nella competizione professionale, si fa della propria vita studentesca un processo di preparazione per partecipare a un campo di interazioni che si definisce nella negazione dell'altro sotto l'eufemismo: mercato di libera e sana concorrenzaLa competizione non è, e non può essere, sana perché costituisce la negazione dell'altro.

La sana competizione non esiste. La competizione è un fenomeno culturale e umano e non costitutivo del biologico. In quanto fenomeno umano, la concorrenza si costituisce nella negazione dell'altro. Ho riflettuto sulle emozioni coinvolte nelle competizioni sportive. In esse non c'è sana convivenza perché la vittoria dell'uno nasce dalla sconfitta dell'altro, e la cosa grave è che, sotto il discorso che valorizza la competizione come bene sociale, non si vede l'emozione che costituisce la prassi di competere, e che è ciò che costituisce le azioni che negano l'altro.

Ho frequentato il corso di economia presso la Facoltà di Agraria di Bari. Il corso era basato sulle leggi della domanda e dell'offerta. In quel corso il prof. ci ha parlato delle importazioni dei prodotti agricoli che hanno sostituito le produzioni locali e ci ha parlato delle esportazioni dei prodotti agricoli Made in Italy nel libero mercato, evidenziando i vantaggi per i consumatori di una sana concorrenza e, allo stesso tempo, la disoccupazione dei lavoratori agricoli della Puglia. Gli ho chiesto se c'è differenza in un incontro commerciale quando chi vi partecipa è un amico che si rispetta, rispetto a quando questa persona non è nostro amico, non lo si conosce e non lo si rispetta. Mi disse che la SANA CONCORRENZA aveva espulso dal processo di produzione agricola, quasi tutti i lavoratori pugliesi. Un incontro con qualcuno che appartiene al proprio mondo e che si rispetta non è lo stesso di un incontro con qualcuno che non appartiene al proprio mondo e che ci è indifferente, anche se questo è nella semplice transazione commerciale che sembra così scontata e così chiara. Non è la stessa cosa perché le emozioni coinvolte sono diverse.

E allora in conclusione i giovani italiani nel nostro presente storico sono, implicitamente o esplicitamente, spinti dall'attuale sistema educativo a formarsi per fare qualcosa che non è dichiarato progetto nazionale, ma che configura un progetto nazionale fondato sulla lotta e sulla negazione reciproca sotto l'invito alla libera concorrenza. Ancor di più, si parla della libera concorrenza come se fosse un bene in sé valido trascendente e che ognuno non può che valorizzare e rispettare positivamente come una grande DEA, o forse un grande dio, che apre le porte al benessere sociale, mentre è invece evidentissimo come tutto questo neghi la cooperazione nella convivenza che costituisce il sociale.

Nella competizione l’importante è vincere, ad ogni costo, costi quel che costi ed è per questo che accade di avere comportamenti che non sono la conseguenza di ciò che abbiamo detto oppure di ciò che abbiamo scritto, ovvero non facciamo onestamente ciò che abbiamo detto o scritto che avremmo fatto.

Corrado Formigli nel suo articolo ha descritto questo riferendosi ai prescelti per la responsabilità della redistribuzione della ricchezza attraverso il Governo del Paese, ma ciò è la punta dell’Iceberg dei comportamenti di tutti i cittadini IN COMPETIZIONE GLI UNI CON GLI ALTRI CHE - PER VINCERE LA COMPETIZIONE QUOTIDIANA NELLA QUALE SONO COMPLETAMENTE IMMERSI - NON SONO ONESTI PERCHE’ PER VINCERE SI VEDONO COSTRETTI A FARE COSE DIVERSE DA QUELLE CHE DICONO E/O SCRIVONO.

Buona riflessione

LA GUERRA DI MELONI Al PM
Berlusconi almeno ci metteva la faccia
CORRADO FORMIGLI

Era la giovane leader di una destra » orgogliosamente legalitaria cresciuta nel mito di Falcone e Borsellino Prometteva di restituire onore e i dignità alle istituzioni della nazione A Oggi, circondata da figure che quelle istituzioni le infangano Giorgia Meloni mette in atto la più classica e cinica delle inversioni; diventa l'erede del tradizionale del berlusconismo (anti) giudiziaria Quello che più stupisce, però, è lo strumento utilizzato per colpire i magistrati, a suo dire artefici dell'ennesimo golpe ai danni di un governo acclamato dal popolo: una nota anonima di palazzo Chigi. Ora, provate a spiegarlo a un osservatore straniero il capo del governo attacca un potere costituzionale e autonomo non attraverso un'intervista o una conferenza stampa —quelle Meloni le ha ormai abolite—bensì con una dichiarazione non firmata e consegnata per vie informali alle agenzie di stampa. Come a non volersene assumere la paternità. Come se Chigi potesse essere altro da sé L'accusa è che i magistrati facciano politica Che dunque si ordisca un golpe togato e silenzioso ai danni del popolo sovrano incarnato dalla Sorella d'Italia Che dire? Al meno il Cavaliere, quando c'era da mazzolare i giudici ci metteva la faccia Qui no. Qui con la regia di un magistrato approdato al governo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano (non era la destra a criticare le porte girevoli?), si fa filtrare una minaccia senza volto al potere giudiziario. Le ragioni di questa nuova guerra sono note un avviso di garanzia alla ministra Santanché per le irregolarità di Visibilia e l'imputazione coatta per il sottosegretario Delmastro decisa dal gip in contrasto col pm. Ce n è abbastanza per gridare al complotto dei poteri forti contro il governo di Giorgia underdog calimero. Eppure stavolta si potrebbe invece esprimere soddisfazione, non era la destra a segnalare l'eccessivo appiattimento dei giudici sulla pubblica accusa? Qui invece a quanto pare un giudice ha fatto di testa sua. Sottigliezze la posta in gioco è più alta salvare Santanché. Non perché alla premier stia così simpatica da tempo anzi le chiedeva garanzie che il crac Visibilia non l’avrebbe travolta. Ma perché la ministra del Turismo è protetta da Ignazio Benito La Russa. Di più consigliata e difesa naturalmente in via informale dall'avvocato presidente, vero contraltare nero al potere dei meloniani di stretta osservanza. E a sua volta impelagato nella vicenda del figlio Leonardo Apache, accusato di aver violentato una ventenne a casa sua. All’indomani della denuncia della ragazza. La Russa padre l’ha attaccata per aver sniffato cocaina e ha assolto il figlio in via diretta e senza dibattimento, dopo averlo "interrogato". Padre, avvocato ed infine giudice. Uno e trino, alla faccia della separazione delle carriere invocata per giudici e pm. Manca giusto il presidente del Senato. Ma quella si sa da mesi è sepolto sono il comune senso della decenza.

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