Il calcio competizione che ha come epilogo l'esclusione
Piero Triggiani ha scritto:
Antonio Bruno mi fai un esempio di competizione negativa ?
Antonio Bruno ha scritto:
Una partita di calcio
Gianni Letizia ha scritto:
Antonio Bruno non toccare lo Sport ..non è la tua materia ..e
poi è dimostrato che li la competizione è sana e pulita ..ed è l'unico posto
del mondo dove le tegole si fanno insieme (quindi c'è convivenza
democratica)...e la pace sin dai tempi di Atene olimpiadi ..regna !!. Anzi ogni
tanto ci si mette la politica a sparpagliare le cose !!...Vai sempre fuori
luogo !! Tra l'altro sei l'unica persona al mondo che non ha mai fatto un
minuto di sport !!
Antonio Bruno ha scritto:
La squadra ha come obiettivo vincere. Per farlo mette in
atto qualunque cosa e la presenza dell'arbitro la dice lunga sul rispetto delle
regole. Se si rispettassero le regole l'arbitro non fischerebbe in
continuazione come invece accade che faccia. Riflettete.
Stendo un velo pietoso su quello che accade agli spettatori.
Ho visto persone composte e serie durante la settimana DIVENTARE BELVE FEROCI E
VOLGARI alla partita di calcio. Riflettete.
Gianni Letizia ha scritto:
Domenica faremo finire tutte le partite 0 a 0....chiuderemo
la competizione del campionato ..tranquillo !?
Piero Triggiani ha scritto:
Antonio Bruno Per farlo non può mettere in atto qualsiasi
cosa.
Lo sport è per me troppo importante per scherzarci sopra.
Lo sport è uno strumento di amicizia anche con tutte le sue
degenerazione.
È uno strumento potente di pace.
In parole povere lo sport è la rappresentazione della
guerra.
La "guerra" diventa teatro rappresentazione
addirittura Arte.
Grazie allo sport la guerra non e più necessaria.
Lo sport in parole povere, in breve è modello di vita sana
rispetto delle regole rispetto dell'avversario che rimane sempre un modello, un
amico.
Gianni Letizia ha
scritto:
Piero Triggiani Antonio non potrà e non capirà mai ...lui
non ha fatto mai sport ..non sa cosa è uno spogliatoio e un insieme di
spogliatoi..Le poche persone che rovinano il calcio sono quella decina di
delinquenti che vanno allo stadio ..che poi loro stessi si identificano in
gruppi estremisti di destra o di sinistra (che è la stessa cosa)..
Guarda gli altri sport...non succede mai niente ...e poi lo
sport è la quarta industria mondiale ..che muove tanti interessi ..ma partecipa
anche a tanta beneficienza ...cosa che i politici non fanno !! io ho visto con
occhi miei igli assegni che Miccoli ha dato al oncologico per i bambini ....mai
nessun falso Onolovole signole e BELLABRUTTA ministra hanno fatto questo !...
Detto questo : la competizione in ogni settore ci deve
essere e deve esistere ..parliamo di quella data,pulita e con le regole. In
Italia la Costituzione è una delle più belle regole sociali che esistono...
basterebbe attuarla !!..
Antonio Bruno ha scritto:
Antonio Bruno ha scritto:
Il gioco del calcio, in fondo, è un'espressione del modo in cui le
persone umane interagiscono, perché
viviamo una cultura in cui pensiamo che la discrepanza o i problemi della
convivenza siano risolti in competizione, in giochi di potere. E i giovani imparano cosa vivono gli adulti, che viene coltivato e
trasformato in un'abitudine, in modo che i bambini crescano nella competizione. Come facciamo a giocare al calcio? La squadra deve vincere perché questa
vittoria comporta una emozione di piacere. E questa emozione si attua nel
ridurre gli avversari, nel farli sentire inferiori e soccombenti al dominio
della nostra superiorità. Cosa succede se vivi
minimizzando le capacità fisiche o intellettuali degli altri che poi significa
vivere sottomettendo gli altri al nostro dominio? Dobbiamo chiedercelo.
Antonio Bruno ha scritto:
Antonio Bruno ha scritto:
La concorrenza implica effettivamente la negazione di ciò che una
persona fa , perché uno
fa le cose in base a ciò che fa l'altro. Se sono nella cultura della
competizione quello che io faccio è informato da quello che fa l’altro e non da quello che io voglio fare. Quando c'è una partita di calcio, la squadra
che perde è la più importante. Perché se una squadra non perde, l'altra squadra
non vince
Antonio Bruno ha scritto:
Piero Triggiani - Vanni Letizia Educare allo sport non è allenamento per la competizione
Vi propongo una riflessione su ciò che gli economisti hanno chiamato " sana competizione”. Questo presupposto, quello della “sana competizione” non è costitutivo dell'essere umano in termini biologici, poiché" competere "in se stesso è ignorare l'altro come soggetto , come persona.
Questa riflessione deve essere presa in considerazione anche per l'allenamento sportivo, alla base di scuole, club, persino scuole pubbliche e centri educativi che addestrano allievi e studenti (bambine/i e adolescenti) a " competere" nelle varie discipline, dove la vittoria è destinata a ottenere titoli, premi, medaglie e trofei che mostrano l'abilità del vincitore, ma anche la forza della preparazione e del trionfo e fanno sorgere una specie di razza superiore in grado di detronizzare e, a sua volta, sconsolare i propri avversari. " La competizione si vince quando una atleta fallisce in gara con altri atleti e una squadra fallisce contro un’altra squadra e gli educatori in tal modo sanciscono e costituiscono che quando ciò accade sia culturalmente desiderabile ..."
Data l'importante riflessione, l'idea di "concorrente" e no di “avversario”, ovvero che “corre con” ci invita a capire che l'allenamento (in questo caso dell'atleta, che sia ragazzo, ragazza, adolescente o adulto) deve inclinarsi allo sviluppo di abilità e capacità per affrontare le sfide della vita quotidiana, del resto, della vita quotidiana si occupano gli sport. È prepararsi ad essere un atleta dedicato e disciplinato, che gode della sua abilità, che riconosce nell'altro un soggetto capace e coraggioso, ma non valore di forza o denaro, ma valore di rispetto, cioè sullo sfondo si deve orientare allenamento sportivo verso la formazione di un cittadino perbene, con valori etici, rispetto per gli altri, con capacità di lavoro di squadra, con comunicazione assertiva e di collaborare con gli altri ma soprattutto, capace di generare fiducia, la stessa fiducia di chi sta tardivamente comprendendo che la più grande ricchezza possibile è la meno palpabile: il privilegio di condividere una realtà in cui è possibile fidarsi degli altri e che gli altri si fidano di noi.
Ecco perché io sono fiducioso che l'allenamento sportivo possa essere allontanato dall’idea della sola competizione per poter invece scommettere sullo sviluppo di abilità. E l’abilità che io desidero si sviluppi è quella del concorrere (correre – con ovvero correre insieme) abilità per questo concetto di "concorrente", che non è altro che capire che l'atleta collabora con gli altri anche come cittadino. Quindi educare allo sport non può essere allenamento per la competizione ma alla collaborazione.
Antonio Bruno ha scritto:
Piero Triggiani - Vanni Letizia Educare allo sport non è allenamento per la competizione
Vi propongo una riflessione su ciò che gli economisti hanno chiamato " sana competizione”. Questo presupposto, quello della “sana competizione” non è costitutivo dell'essere umano in termini biologici, poiché" competere "in se stesso è ignorare l'altro come soggetto , come persona.
Questa riflessione deve essere presa in considerazione anche per l'allenamento sportivo, alla base di scuole, club, persino scuole pubbliche e centri educativi che addestrano allievi e studenti (bambine/i e adolescenti) a " competere" nelle varie discipline, dove la vittoria è destinata a ottenere titoli, premi, medaglie e trofei che mostrano l'abilità del vincitore, ma anche la forza della preparazione e del trionfo e fanno sorgere una specie di razza superiore in grado di detronizzare e, a sua volta, sconsolare i propri avversari. " La competizione si vince quando una atleta fallisce in gara con altri atleti e una squadra fallisce contro un’altra squadra e gli educatori in tal modo sanciscono e costituiscono che quando ciò accade sia culturalmente desiderabile ..."
Data l'importante riflessione, l'idea di "concorrente" e no di “avversario”, ovvero che “corre con” ci invita a capire che l'allenamento (in questo caso dell'atleta, che sia ragazzo, ragazza, adolescente o adulto) deve inclinarsi allo sviluppo di abilità e capacità per affrontare le sfide della vita quotidiana, del resto, della vita quotidiana si occupano gli sport. È prepararsi ad essere un atleta dedicato e disciplinato, che gode della sua abilità, che riconosce nell'altro un soggetto capace e coraggioso, ma non valore di forza o denaro, ma valore di rispetto, cioè sullo sfondo si deve orientare allenamento sportivo verso la formazione di un cittadino perbene, con valori etici, rispetto per gli altri, con capacità di lavoro di squadra, con comunicazione assertiva e di collaborare con gli altri ma soprattutto, capace di generare fiducia, la stessa fiducia di chi sta tardivamente comprendendo che la più grande ricchezza possibile è la meno palpabile: il privilegio di condividere una realtà in cui è possibile fidarsi degli altri e che gli altri si fidano di noi.
Ecco perché io sono fiducioso che l'allenamento sportivo possa essere allontanato dall’idea della sola competizione per poter invece scommettere sullo sviluppo di abilità. E l’abilità che io desidero si sviluppi è quella del concorrere (correre – con ovvero correre insieme) abilità per questo concetto di "concorrente", che non è altro che capire che l'atleta collabora con gli altri anche come cittadino. Quindi educare allo sport non può essere allenamento per la competizione ma alla collaborazione.
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