Non è solo un gioco
Emergono i ricordi, in quelle fredde mattine di dicembre
alla fine dell’ultima ora di lezione, e non c’è modo di fermarli. Solo qualche
mese dopo l’inizio della scuola che, ai miei tempi era il mese di ottobre,
arrivavano imperterrite le Vacanze di Natale preannunciate dal giorno
dell’Immacolata, che corrispondeva all’inizio dei giochi. Naturalmente c’era
anche chi non aveva mai smesso di giocare a carte, si a carte, sembra una sorta
di trovata ad effetto, ma le carte sia quelle napoletane che quelle francesi,
rappresentavano l’immaginario di migliaia di persone che, dopo l’otto dicembre
si trasformavano in frequentatori di Casinò che erano i Circoli e le case dei
paesi e delle città della provincia di Lecce.
Il tavolo verde che tutto raccoglie intorno a sé, perché il
biglietto d’ingresso ce l’hanno tutti, sono quei soldi in tasca che fuoriescono
avidi di moltiplicarsi su quei tavoli di un verde prato che lascia coltivare le
speranze di ricchezza di chi intorno a lui stanzia in attesa di scommettere.
Nei Circoli si scommetteva con il Baccarat e anche nelle
case accadeva di essere coinvolti in questo gioco. Ma i giochi più estremi
erano riservati ai giocatori accaniti. A casa si usavano le carte napoletane e
si giocava a stoppa, a mazzetti, il frúscio e la primera, sette e mezzo e tanti
altri. Anche questi giochi potevano diventare d’azzardo, dipendeva dalla posta
in gioco.
Non ne vedo più di carte in giro ad esclusione degli amici
che si incontrano per giocare a burraco, mentre i più raffinati dissertano ore
ed ore del bridge. Ma le carte napoletane non ci sono più. Che fine abbiano
fatto i Re e le Regine, i cavalieri e i fanti, nessuno lo sa, così come nessuno
ha più notizie delle coppe e denari come dei bastoni e delle spade.
Mia suocera che nacque nel 1930 ogni tanto, quando abbandona
le cuffie e la Tv, qualche volta gioca a scopa, con le carte napoletane. Ma
accade sempre più di rado presa com’è dalle trasmissioni e dai dibattiti
politici che popolano le ore che passa davanti alla Tv. Mia suocera sta per
compire 90 anni e anche se conosce le carte, le usa sempre meno.
E poi la tombola, che adesso tutti chiamano Bingo, con i
suoi ambi, terni, quaterne, cinquine e cartella piena. Il monte premi a
montagnucce di monete che spettavano ai primi che riuscivano a realizzare la
combinazione numerica.
Non so perché, ma si giocava preferibilmente di notte, sino
all’alba. Se la vigilia di Natale tutto ciò era giustificato dalla necessità di
ingannare l’attesa del Natale, nelle altre notti che erano solo le vigilie dei
giorni successivi, non si capiva perché mai si dovessero fare le ore piccole e
uscire poi carichi di stanchezza e di adrenalina, per recarsi nelle proprie
case dove tentare di dormire.
I giocatori patologici li conoscevamo tutti, si favoleggiava
di uno di loro che una notte di quelle, avendo perso tutto, giocò il bene suo
più caro, la sua dolce consorte e pare che non riuscì a vincere nemmeno allora
e che al vincitore toccò una notte d’amore con lei.
Ma serpeggiavano nei giorni successivi, sia nelle piazze che
nei bar, le notizie su chi avesse vinto o perso e della dimensione delle
vittorie e sconfitte.
C’erano moltissimi che si avvicinavano al tavolo e che si
limitavano a puntare poche lire, nello stesso tempo quella partecipazione con
qualche puntata, rappresentava il biglietto d’ingresso per assistere allo
spettacolo di come una persona possa perdere tutto, di come possa incassare una
sconfitta senza battere ciglio.
Allora il gioco d’azzardo era clandestino e i posti in cui
si giocava si chiamavano BISCHE anche se si trattava di casa di qualcuno.
Mi capita di andare a pagare le bollette e, in genere, vado
a pagarle nelle ricevitorie di mattina presto. Ebbene i casinò di oggi, gestiti
dallo Stato, iniziano l’incasso già a prima mattina, e proseguono per tutti il
giorno di tutti i santi giorni dell’anno.
Il gioco d’azzardo, il brivido, annulla il tempo, lo fa
divenire un fulmine di qualche istante. Il gioco d’azzardo che fa vivere ogni
attimo come fosse eterno, che lo riempie di senso. Il gioco d’azzardo nelle
feste natalizie della mia giovinezza era questo e, dopo la befana, si tornava
alla quotidianità, dove l’azzardo veniva annullato dalla sottomissione al
dominio della competizione.
Oggi quel dominio è divenuto insopportabile al punto che
alcuni, pur di tornare a provare l’ebbrezza del tempo fulminante istantaneo,
giocano d’azzardo ogni giorno.
Antonio Bruno Ferro
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