A proposito delle indicazioni dei criteri di “capacità gestionale “di Massimo Bray
È così, si ascolta, si scrive e poi si riflette su ciò che
si è ascoltato e scritto. Nel suo libro “Alla voce cultura”, edito da Manni di
San Cesario di Lecce, Massimo Bray afferma che siccome lo Stato deve gestire in
prima persona i nostri beni culturali, è di fondamentale importanza, anzi direi
essenziale, che il “gestore”, scelto dai politici, sia competente.
Chiunque è d’accordo che a gestire una qualsiasi attività debba
essere chiamata una persona “competente”. E allora perché c’è questa richiesta
se dovrebbe essere naturale effettuare la scelta secondo questo criterio?
Perché i politici sono LIBERAMENTE OBBLIGATI alla scelta che
ha come unico criterio, il numero dei voti che otterranno per il loro partito o
per la loro persona, proprio scegliendo per la gestione di un Ente o Azienda
pubblica, quella determinata persona.
Il successo di un politico è sintetizzabile nell’ottenimento
di voti per essere eletto o rieletto in competizione con altri politici che desiderano
la stessa identica elezione.
Sino a quando questa cultura, ovvero la cultura della
competizione, non verrà abbandonata è improbabile che i politici possano scegliere
in base al solo criterio della capacità gestionale.
Tuttalpiù il politico potrà operare la scelta di una persona
a cui affidare la gestione, che possieda sia la possibilità di ottenere voti
per il partito del politico e per lui stesso, che la capacità che questa
persona ha nella gestione di una Ente o Azienda.
Un politico che intende continuare a fare quell’attività NON
È LIBERO DI SCEGLIERE. La riprova viene dalla circostanza che Massimo Bray non
faccia più il politico.
C’è infine da prendere atto che Massimo Bray, sempre nel suo
ultimo libro, chiede che la sinistra metta in pratica questo criterio perché ciò
la farebbe tornare ad essere ciò che era in origine.
Mi permetto di affermare che né la sinistra né la destra, o
una qualunque forza politica, che si candida alle elezioni con la fiducia di
ottenere l’elezione di suoi uomini, possa applicare il criterio di scegliere la
persona che meglio sa gestire, senza lasciarsi influenzare dai voti degli
elettori che questa persona può dirottare verso la forza politica e il politico
che effettua la scelta.
Né gli elettori esigono dalle forze politiche l’applicazione
di tale criterio, perché se così fosse, Massimo Bray sarebbe stato interessato
a continuare nella esperienza che, invece, ha deciso di interrompere. Massimo
Bray non è l’unico ad aver abbandonato l’attività politica; per le stesse
ragioni ce ne sono stati tanti altri, che gli elettori ben presto hanno
dimenticato.
Inoltre mi sento di affermare, senza timore di essere
smentito, che nella cultura della competizione i politici di ogni tempo non
hanno potuto effettuare le scelte seguendo il criterio della persona più adatta
per le sue comprovate capacità relative alla gestione di una qualunque attività
pubblica. Sempre nella cultura che viviamo oggi, ovvero quella della competizione,
le elezioni non vedono prevalere i più adatti alla gestione della cosa
pubblica. È sotto gli occhi di tutti come sia sempre più diffuso il disinteresse,
delle persone competenti con comprovata esperienza, a essere candidate alle
elezioni di qualunque consesso pubblico dal Condominio alle Nazioni Unite.
Solo abbandonando la cultura della competizione, ovvero solo
se tutti i rappresentanti scelti dagli elettori saranno governatori collaborando
per la realizzazione del bene comune, quindi senza più distinzione tra “Governo”
e “Opposizione” il criterio del “più adatto alla gestione” potrà essere
applicato. Solo così si attiverà la fiducia tra tutti i cittadini, solo così
non ci sarà più chi esercita il dominio attraverso il potere e chi lo subisce
sottomettendosi.
Antonio Bruno Ferro
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