Una giornata di vacanza estiva degli anni 60
L'estate nel Sud è il tempo dell'inattività, c'è troppo caldo. Le scuole sono chiuse e i bambini possono finalmente fare semplicemente quello che più gli piace. L'estate è l'agognata libertà, il paradiso che sarà perduto una volta che arriverà il tempo dell'autunno, il tempo della scuola. Un percorso verso la felicità interrotto solo per un attimo, per poi essere ripreso appena possibile, appena la vera vita prende il sopravvento.
La domenica è ciò che rimane degli ozi estivi dell’infanzia. E’ il giorno dell’inattività, della libertà. Ma c’è stato un tempo in cui per quattro mesi all’anno era sempre domenica: il tempo delle vacanze scolastiche.
Estate, la musica accompagna le giornate assolate. Dopo mesi
di sveglie faticosissime per andare a scuola mi alzavo finalmente tardissimo e,
senza fare colazione, quando ero completamente sveglio, uscivo di casa per
andare nella palestra della mia infanzia: la strada. Ad attendermi gli altri
ragazzi, rigorosamente in pantaloncini corti, con i quali a frotte ci
spostavamo prima sulla stessa strada che era davanti casa e poi, a mano a mano
che l’età avanzava, anche verso le altre strade del paese e nelle campagne
limitrofe.
Il paese pullulava di ragazzi in pantaloncini corti, eravamo
dappertutto, e migravamo verso nuovi orizzonti che prevedevano la presenza
delle botteghe di generi alimentari che noi chiamavamo putei.
L’acquisto della GINGOMMA era un atto quotidiano che ci vedeva
intenti a produrre con la nostra abilità palloncini che poi, esplodendo,
impiastricciavano tutta la faccia con le risate di tutti i presenti.
Poi il ghiacciolo vero e proprio momento MISTICO che si
ripeteva ogni giorno, più volte al giorno. Il riferimento di tutto questo vivere
quotidiano restava comunque la putea che appunto al suo interno offriva questi
oggetti cult per noi tutti ragazzini del paese più bello del Mondo.
Rita Rotelli nei giorni scorsi mi ha scritto le putei che
lei ricordava e che puoi trovare alla fine di questo scritto. (*)
Ma c’erano le campagne che ci aspettavano. Le strade di
campagna negli anni 60 erano tutte impolverate, nemmeno l’ombra dell’asfalto.
Erano luoghi che mettevano a repentaglio la tenuta delle gomme delle nostre
biciclette che molte volte venivano forate da spine o chiodi presenti su quelle
strade costringendoci a rientri a casa a piedi spingendo la bicicletta.
Ma la campagna era un luogo naturale, erbe spontanee e campi
coltivati si susseguivano in una armonia che ci vedeva ammiratori a bocca
aperta. E poi c’erano le lucertole, ce n’erano dappertutto e noi tentavamo la
loro cattura. Non potevi prenderle per la coda perché loro riuscivano a
liberarsene lasciandotela in mano per poi scappare.
C’era la possibilità di trovare lucertole che avevano due
code che erano considerate portafortuna di sicura efficacia.
E poi un vero e proprio percorso benessere in cui eravamo tutti
a rinfrescarci fermandoci presso le fontane del paese. Si teneva ferma la
manopola che aveva un ritorno automatico che chiudeva l’erogazione una volta
che mollavi la presa. Questo accorgimento evitava gli sprechi che ci sarebbero potuti
essere in caso fosse istallato un rubinetto tradizionale che poteva rimanere aperto
per dimenticanza.
Ma quella manopola era la gioia degli spuzzi e degli schizzi
che bagnavano le nostre magliette e i pantaloncini sino a inzuppare le
mutandine. Era un vero e proprio ristoro in quel caldo d’allora. Ci saremmo
asciugati di li a poco, il tempo che ci sperava da un’altra fontana, presso la
quale ripetere il rito della doccia per strada.
Poi a casa per pranzo, prima del ritorno di mio padre, dove
c’era la ghiacciaia prima e il frigorifero poi, primo elettrodomestico arrivato
in casa mia.
Prima di mangiare si dovevano cacciare le mosche che a
centinaia riempivano le stanze. Prima con lo straccio e poi con il DDT o meglio
CU LU FRITTI.
La bottiglia dell’idrolitina, prima la polvere della cartina
blu che disinfettava l’acqua e poi quella della cartina rossa che creava le
bollicine. Il vino con dentro i cubetti di ghiaccio LU MIERU on the rocks che
ci rinfrescava senza il climatizzatore. Dopo “lu merisciu” contestato da noi
bambini perché c’eravamo alzati tardi e quindi perché mai dovevamo coricarci di
nuovo? Ma di questo ho già scritto. E poi dopo alle 5e ½ di nuovo in strada, di
nuovo a frotte nelle vie del paese e nelle campagne fino all’imbrunire.
All’imbrunire insieme ai genitori e ai vicini, giovani e
vecchi di nuovo sulla strada, a prendere il fresco, sino a quando, verso le 23
i primi salutavano con un buonanotte che li faceva dirigere in stanze da letto “cu
le fenesce stampagnate” che era il climatizzatore d’allora.
E’ la macchina del tempo, la scrittura è una vera e propria
macchina del tempo. Ma adesso è tempo di tornare ad ADESSO, all’eterno
presente, come ci insegnavano i padri GRECI.
Antonio Bruno
(*) A questo
proposito mi ha scritto Rita Rotelli:
Le alimentari quando io ero piccola si chiamavano le putei.
A san Cesario c'erano...
Totò Liaci in via ferrovia...
La Nina all'angolo
via ferrovia con via 4 novembre...
Lu Cesarinu Mazzotta in.via Matteotti....
Lu Totu Scardino denominato lu Petosi....
Lu Marchello in via Vitt.Emanuele lll dove adesso c'è Natale
venduta dopo alla Consiglia la mamma della Clara Mazzone...
L' Uccio Rollo in piazza Xx settembre
Lu Renato Maddalena allora la putea era gestita dai suoi
genitori....
La putea te lu Maronzu in via Dante
La Luce te la villa in via Unità d'italia
La Ppina Melena in via Regina Elena....
La Nzina in via Martini......
Aggiungo io
La Rita in Via Saponaro
La Maria in Via Saponaro
Lu Ronzinu in Via Pistilli
Lu Totu in Via Leone
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