Piccolo manuale per non mentire più
Davvero bello questo pezzo che è l’occasione per
scrivere quanto sia SALUTARE, quanto sia FONTE DI BENESSERE, dire quello che si
fa.
Perché sta tutto qui, il segreto del benessere e
della salute e tutto in queste quattro parole: “DIRE QUELLO CHE FACCIO”.
Se dico che voglio fare qualcosa, poi faccio quella
cosa che ho detto che io voglio fare. Invece le bugie, gli inganni, sono parole
a cui non seguono i fatti.
E perché le parole poi sono smentite dai fatti?
Perché c’è un’emozione che ci informa nell’agire e
che ci smentisce.
Tutto è in funzione di quell’emozione.
Ma anche l’emozione che ci fa fare delle cose che
contrastano con quanto abbiamo detto è sanabile, può essere sostituita da
un’altra emozione che sia invece quella che ci fa fare quello che abbiamo detto
o che diciamo.
E sempre per fare in modo che questo accada dobbiamo
farci una domanda:
“Se faccio quello che desidero fare, farò del male a
me stesso, alle altre persone o all’ambiente?”
Tutto dipende dalla risposta a questa domanda. Se
riflettiamo e rispondiamo a questa domanda non saremo mai più costretti a dire
bugie, ad ingannare.
Buona lettura
Antonio Bruno Ferro
“LA BOTANICA DELLE BUGIE” DI ELISA CASSERI
Come
la fotografia dei buchi neri, anche noi tutti viviamo mentendo
Roma. Viviamo
mentendo. Tutti. Uomini,
donne, brave e
cattive persone, deboli,
forti, potenti,
adolescenti, animali, piante.
Persino le
piante.
Per questo,
servendosi del loro ciclo vitale,
Elisa Casseri,
scrittrice e drammaturga,
ha sistemato e
seguito vent’anni della
vita dei
personaggi del suo nuovo romanzo,
“La botanica
delle bugie” (Fandango),
uscito il giorno
in cui l’uomo ha dato un
aspetto ai buchi
neri, con una foto che è
una bugia, perché
i buchi neri non sono
visibili, quindi
neppure fotografabili, e
quel cerchio
arancione su sfondo nero non
è una foto, ma un’elaborazione
grafica di
dati radio. Fa
differenza? A questo, anche,
servono le bugie:
a dirci che una cosa esiste.
Carlo Rovelli ha
scritto sul Corriere
della Sera che il
direttore del centro di ricerca
in cui lavorava
molti anni fa non era
per niente
convinto che i buchi neri esistessero,
“e invece...
eccolo lì”. Le coincidenze
sono altre bugie,
invenzioni, arbitri,
correzioni,
forzature, però Casseri ha scritto
una pièce che in
un buco nero è ambientata
e si chiama “L’orizzonte
degli eventi”
(Premio Riccione
2016), che è stata portata
in scena a New
York e Madrid, e il suo romanzo
sulle bugie è
uscito il giorno in cui
una bugia ci ha
detto che i buchi neri ci
sono davvero.
Si deve mentire
anche per sopravvivere.
Soprattutto per
sopravvivere. “Quando si
strappa la pelle,
inizia la vita. Il seme si
gonfia, rompe il
tegumento e prova a essere
gemma. Respira,
assorbe, suda, si fa coraggio.
Si convince che
sarà semplice diventare
una pianta. La
germinazione è la sua prima
bugia”. Così
comincia “La botanica delle
bugie”. E poi
arriva l’uomo, l’umano: un
bambino che casca
da un trattore e l’amica
a cui ha rubato
un bacio, poco prima, prova
a soccorrerlo e
chiamare aiuto, mentre non
fa altro che
pensare che quell’incidente sia
colpa sua, perché
è sempre colpa sua, perché
è impossibile
fare la cosa giusta quando
si è, come tutti
siamo, investiti di un’aspettativa,
e di un ruolo, e
di una funzione,
quando si è
immersi in una realtà che riteniamo
necessaria e,
invece, è semplicemente
contingente. Agli
sbagli non ci conducono
le bugie, ma la
nostra incapacità di
ritrovarci,
riconnetterci alla verità di quello
che siamo e
desideriamo essere, e che
seppelliamo
raccontandoci il falso, montando
un significato
falso sulle cose che accadono,
credendo così di
silenziarle, seppellirle,
depotenziarle, e
impedire loro di
venirci a
distogliere dal progetto che abbiamo
sulla realtà. Un
progetto che chiamiamo
verità e che,
però, il più delle volte,
è una raffinatissima
menzogna. Un significato
che fabbrichiamo
per scappare dalla
irreversibilità
delle cose, che esistono e
accadono
indipendentemente da noi. Un
bacio che
sottovalutiamo e dal quale, invece,
come accade ai
due protagonisti di Casseri,
si determineranno
tutte le nostre relazioni
future, e anche
quelle di chi ci sta
intorno; i figli
che avremo, quelli che non
avremo, i
rifiuti, i tormenti, gli abbandoni.
“Siamo noi le
forze avverse, siamo noi ad
aver rallentato
le vite degli altri, a esserci
messi in mezzo a
quello che poteva essere,
agendo senza vera
convinzione”, scrive
Casseri. Quante
vite distorciamo, distorcendo
la nostra? Quante
famiglie non costruiamo,
inseguendo il
meglio? Quanti
“meglio” sono il
frutto non di un’aspirazio -
ne, ma di un’aspettativa?
“La cosa migliore
da fare contro la vita è
piegare il
giornale in modo che ne risulti
un quadrato
perfetto”, scrisse Virginia
Woolf in “Un
romanzo non scritto”. Bisogna
capirla molto
poco, la vita, per lasciarla
libera di essere
vera. Bisogna liberarsi
degli strumenti
con cui la indirizziamo, per
lasciarla
fiorire. “Le storie fioriscono nonostante
tutto”, malgrado
le bugie, malgrado
noi, nonostante l’idiota
pervicacia con
cui ci illudiamo
che esista il destino, mentre
esistono soltanto
le scelte e le urla che
emettono quando
le sbagliamo. C’è chi ha il
talento della
sordità per non ascoltarle, e
chi, invece, no.
Chi viva nel modo più giusto
è impossibile
saperlo e c’è una domanda
che un
personaggio si fa, e che ronza in tutto
il romanzo di
Casseri: “Ci hanno distrutto
di più vent’anni
di bugie o cinque minuti
di verità?”. E’
irrisolvibile, la storia di questo
libro. Perché è
la storia di tutti. E la
dice con il tu,
con il voi, con l’io, con la terza
persona. E
nonostante questo, nonostante i
pezzi, le
angolature, le molte versioni, è
sempre la stessa
storia. Questa: siamo preda
delle scelte
degli altri, amiamoli meglio
per aiutarli a
scegliere meglio. E’ l’amore
dell’amicizia,
per Casseri, la sola bussola.
Non l’antidoto,
non il rimedio: la bussola.
Simonetta Sciandivasci
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