Nati e Morti: una volta nel cuore del paese, oggi nelle pieghe della memoria

 


Nati e Morti: una volta nel cuore del paese, oggi nelle pieghe della memoria

C'era una volta un'epoca in cui il bollettino parrocchiale, quel foglietto semplice e umile, era atteso come un appuntamento fisso. In famiglia si leggeva ad alta voce, come se fosse una poesia da condividere. E lì, tra una nascita e un decesso, si aprivano le riflessioni. "Questo piccolo è figlio di chi? Ah, sì, è la nipote del fornaio. Una bella famiglia quella." Oppure: "Se n'è andato il marito della signora Maria... Quante cose ha visto, quanta vita."

Non erano solo notizie. Erano fili che tenevano insieme il tessuto della comunità. Nascita e morte non erano concetti astratti, né numeri in un registro. Erano momenti di gioia e di lutto che appartenevano a tutti, perché tutti si conoscevano, si riconoscevano, si appartenevano.

E oggi? Oggi il bollettino, se esiste ancora, spesso giace dimenticato in un angolo. Il neoliberismo, questa parola che sembra un'astronave lontana, ha cambiato tante cose. Nel nostro mondo, dove tutto si misura con il metro dell'utilità e del consumo, chi nasce e chi muore è come se esistesse in un limbo. I neonati non comprano giocattoli, i morti non pagano bollette. Non sono target di mercato, non fanno "rumore" nella società delle luci e delle ombre artificiali.

Ma qualcosa si è perso per strada. È come se avessimo tolto il suono a una vecchia melodia che raccontava chi siamo. La comunità non è più un grande salotto, ma una serie di stanze chiuse a chiave. Guardiamo il mondo fuori dalla finestra dello smartphone, ma non ci accorgiamo più di quello che succede nel nostro cortile.

E allora mi chiedo: è davvero progresso questo? Oppure dovremmo fermarci un attimo, tornare indietro, e ricordarci che ogni nascita è una promessa e ogni morte un racconto da tramandare?

Forse non è troppo tardi per riprendere quel vecchio bollettino, magari con un clic su un sito e ritrovare quel calore che ci faceva sentire parte di qualcosa di più grande. Perché alla fine, non è di numeri che siamo fatti, ma di storie. E ogni storia, per essere completa, inizia con una nascita e finisce con un saluto.

Antonio Bruno

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