Il pozzo della discordia
Dicono che la sovraintendenza ai beni culturali di Lecce è
determinata a far rimuovere il pozzo costruito con passione e curato con amore da
Giuseppe Zuccaro, Cosimo Conte, Antonio Colla, Stefano Greco, e l'associazione
lu paise ranne in Via Roma oggi Via Don Oronzo Margiotta.
Ma perché la sovraintendenza alle belle arti vuole demolire
quest’esempio di dedizione gratuita di liberi cittadini del paese più bello del
Mondo?
Qual è il fine? Vogliono ottenere di restituire una bellezza
deturpata da questo sogno dei cittadini dell'associazione lu paise ranne? Il
palazzo nel cui giardino, curato con grande competenza da questi cittadini, nel cui giardino è
stato realizzato il pozzo, è stato costruito nel 1915 per ospitare le scuole
elementari e quindi non capisco perché, una facciata di una scuola con un
giardino, che una volta era recintato e quindi non a vista, non possa essere
adornato con quello che più piace ai cittadini del paese più bello del Mondo.
Naturalmente i componenti dell'associazione lu paise ranne sanno benissimo di
non aver mai chiesto l’autorizzazione per quella struttura che ricorda i pozzi
rurali, ma se un maestro l’avesse realizzata a fini didattici, avrebbe dovuto
richiedere l’autorizzazione?
L’ex edificio scolastico è posto in tre vie: Via Angelo
Russo, Piazza Garibaldi e Via Roma oggi Via Don Oronzo Margiotta, riferisce la
signora Realina De Giorgi che nel 1960 lo frequentavano 625 alunni. Ha due
piani: piano terra con cinque aule, la direzione e la segreteria , mentre il
primo piano ha sette aule. Insomma il pozzo costruito da Giuseppe Zuccaro,
Cosimo Conte, Antonio Colla, Stefano Greco, e l'associazione lu paise ranne deturpa
l’entrata di Via Don Oronzo Margiotta dell’ex edificio scolastico? A me pare
proprio di no visto che negli anno 60 quello spazio era recintato e ne era
impedita la vista, come è possibile vedere in questa cartolina dell’epoca.
I fini della sovraintendenza alle belle arti non sono chiari
e, per dirla alla “professionista
riflessivo” che è il libro di Donald A.
Schon, quando i fini sono definiti e chiari, allora la decisione di
agire si presenta come un problema strumentale; ma quando i fini sono confusi e
contraddittori, non c’è alcun problema da risolvere. Un conflitto relativo ai
fini non può essere risolto mediante l’uso di tecniche derivate dalla ricerca
applicata. È piuttosto attraverso il processo non tecnico di strutturazione
della situazione problematica che possiamo organizzare e chiarire sia i fini da
conseguire sia i possibili mezzi per conseguirli.
E allora se il fine da conseguire è il decoro urbano che è
assicurato dalla cura costante e completamente volontaria e gratuita di Giuseppe
Zuccaro, Cosimo Conte, Antonio Colla, Stefano Greco, e l'associazione lu paise
ranne perché mai si dovrebbe togliere il pozzo che è la ragione di tutto questo
darsi dai fare di questi volenterosi cittadini?
Si è chiesta la sovraintendenza cosa accadrebbe se fosse
tolto il pozzo? Con ogni probabilità i volenterosi cittadini amareggiati si
ritirerebbero da questa meritoria attività e il luogo risulterebbe affidato
alle cure della pubblica amministrazione. Posso pensare che con ogni probabilità
non ci sarebbe la stessa dedizione di oggi, anche per la notoria assenza di
personale che si dedica alla cura degli spazi pubblici. Ciò posto si è chiesta
la sovraintendenza alle belle arti se in mancanza di questa attività volontaria,
ottenuta grazie al pozzo, la bellezza del luogo ne risentirebbe e quindi si
otterrebbe di perdere la fruizione estetica di uno spazio pubblico che invece
oggi grazie al pozzo e all'associazione lu paise ranne è a disposizione di
tutti i cittadini?
L’ha fatta questa riflessione la sovraintendenza alle belle
arti?
Schon sostiene che i professionisti, nel far fronte alle
sfide giornaliere lanciategli dal
proprio lavoro, ricorrono a quel genere
di improvvisazione che si apprende nel corso della pratica, più che a formule imparate durante
gli studi universitari.
Ecco perché propongo alla sovraintendenza alle belle arti, per
il pozzo dell'associazione lu paise ranne di San Cesario una epistemologia fondata
sulla "riflessione nel corso
dell'azione".
Mi riferisco al pensiero di Dewey da attualizzare nel caso
del pozzo di via Don Oronzo Margiotta poiché è evidente che la situazione è
intrinsecamente dubbia (e quindi
indeterminata) e la sovraintendenza farerebbe
bene a considerarsi in una “condizione
di transazione” con il pozzo e il luogo curato da Giuseppe Zuccaro, Cosimo
Conte, Antonio Colla, Stefano Greco, e l'associazione lu paise ranne in Via Don
Oronzo Margiotta.
Propongo alla sovraintendenza di applicare al caso del pozzo
di San Cesario una pratica riflessiva basata sull’incertezza perché sono certo che può essere generatrice di nuova conoscenza. Propongo agli amici della sovraintendenza un
nuovo paradigma San Cesario, costituito da una trama di mosse, scoperte,
conseguenze, implicazioni, apprezzamenti e nuove mosse tutte da giocare tra
sovraintendenza e situazione.
Infine sarebbe bello un referendum tra i cittadini per
sentire la loro opinione. Magari qualcuno potrà parlarne in campagna
elettorale, potrà mettersi in ascolto della popolazione anche su questo tema,
si potrebbe fare una pagina facebook per confrontarsi, trovare una soluzione e
decidere. E si potrebbero fare tante altre cose….
Antonio Bruno
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Elisa Caterina Ma perché perché se la prendono con un pozzo (pulito e ben tenuto) forse per non pensare a tante altre cose più importanti ?
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