C’è un cuore nel cammino dei ragazzi degli anni 60
Proveniente dall'archivio di Franco Scardino |
Nel 1966 avevo nove anni, ma ricordo i Carnevale organizzati
da Nunzio Mariano. La meglio gioventù di San Cesario era in prima fila,
occupava stabilmente la piazza e offriva la fruizione delle sale allora
disponibili a tutto il circondario.
Essere capofila non dipende da una medaglia o un diploma che
ti da qualche potente, essere in prima fila viene dalla creatività, dall’estro,
dal genio delle donne e degli uomini di una Comunità.
Questo è stato il paese più bello del Mondo, San Cesario di
Lecce dei miei tempi. E l’esempio di Nunzio e dei tanti “Nunzio” di allora tra
cui Franco Scardino che è stato presente nella vita sociale di questo paesello
rendendolo leader in tutta la cerchia dei comuni della Lecce città capoluogo, fu seguito da me e da tanti ragazzi più giovani di loro.
La civile San Cesario, eccone un esempio: ero nel Salone di
Vito Pellegrino e ho ascoltato un amico di quella piccola comunità che è un
salone di barbiere sostenere che a San Cesario “simu tutti signuri senza sordi” che significa che siamo aristocratici senza il becco di un quattrino.
E’ la rappresentazione linguistica di una cittadina i cui abitanti si sentivano
parte di una aristocrazia e si comportavano in modo aristocratico seppure non
ci fossero patrimoni finanziari alle spalle.
E’ vero, non c’erano i soldi ma c’era un patrimonio di idee,
di storie personali, di imprese innovative che rendevano tutti ricchissimi ed
invidiati da tutti i paesi del circondario.
La vita mi ha portato a lavorare “nel capo”, si tratta di
terre magnifiche che vanno da Casarano a Santa Maria di Leuca. Sono più di
trent’anni che lavoro in quei paesi e quando sentono che abito a San Cesario
vedo che gli si illuminano gli occhi e mi chiedono che fine abbia fatto “Nunzio
e i Messia!”. Già il grande Nunzio Mariano che ha calcato tutte le piazze del
sud Italia è nei cuori della gente, è come il Melodramma che ancora fa vibrare
d’emozione con i suoni delle bande nei giorni delle feste patronali sulla cassa
armonica e tra le luminarie.
Nunzio è figlio del Melodramma, come Albano, come Bocelli.
Prima di Albano, prima di Bocelli.
E noi della generazione successiva abbiamo tentato di
imitare questi ragazzi degli anni 50, quelli del boom economico che avevano lo
zampino in tutte le associazioni religiose, politiche, culturali, sportive e di
intrattenimento o di svago. Erano sul palco per cantare ma anche in Consiglio
comunale a rappresentare le istanze dei cittadini perché il salto dall’impegno
sociale a quello politico era naturale, certissimo e auspicabile dico io.
Chi meglio di uno che è a contatto con la gente per la cultura,
l’arte, la religione, lo sport e l’intrattenimento può rappresentare gli
interessi delle persone? Ecco perché queste donne e questi uomini sono stati
dei maestri da imitare.
Se Nunzio si candidava al Consiglio Comunale non c’era
bisogno che dicesse perché lo faceva, non ce n’era bisogno perché avrebbe
continuato a fare quello che ogni giorno faceva tra la gente. E che cosa faceva
Nunzio e i tanti altri? Si occupava delle persone, dei loro bisogni, dei loro
problemi, delle loro speranze e… dei loro sogni!
Già, eccoli che ritornano i sogni. C’è un cuore nel Cammino
di Nunzio e nel cammino di noi che imitavamo quei giovani degli anni 50. C’è un
cuore nel nostro cammino.
Quel Carnevale del 1966 divenne un evento del paese più
bello del Mondo, divenne un modo per rappresentare la creatività, l’amore e i
sogni di tutti i cittadini.
Solo così ne vale la pena.
La pena? Si avete letto bene la pena di chi si espone, di
chi può essere frainteso, di chi dovendo decidere ogni giorno per la cosa
pubblica, può anche sbagliare e passare “dalle stelle alle stalle”. Come i
tanti che dopo anni di impegno per la gente, quando inevitabilmente vengono “cacciati”,
rimangono soli. Nella solitudine dopo l’impegno, una volta che tutto finisce,
devono risuonare nelle menti e nei cuori le parole che mi disse Pietro Panzera
fuori dalla Chiesa di Sant’Antonio in Via Saponaro. Che cosa mi disse Pietro?
Alla mia domanda di cosa dovesse dire alla gente chi l’ha rappresentata dopo
che il suo mandato fosse finito e non avesse più alcuna riconferma, Pietro con
un viso pieno di passione, quella faccia non la dimenticherò mai, mi disse: “Antonio
devono dire grazie, devono dire solo grazie” e aggiunse “perché ciò che sono
stati, gli incarichi che hanno ricoperto, sono solo una delega che viene dalla
gente e quindi, l’incarico e il ruolo è un regalo della gente e alla gente
devono dire grazie, esclusivamente alla gente che gliel’ha concesso!”.
E allora grazie, grazie, grazie per tutto ciò che mi è stato
concesso dal popolo del paese più bello del Mondo, grazie!
Antonio Bruno
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