Lo sballo della pizza del sabato sera


Un sapore diventa una macchina del tempo. Ieri sera dopo tantissimi anni ho ordinato una pizza completa. Si tratta di una pizza base margherita ovvero mozzarella e pomodoro con l’aggiunta di olive, capperi e alici, il tutto spruzzato da tanto pepe.
L’avvento delle pizze che hanno le configurazioni più improbabili mi aveva allontanato da questa pizza che nella versione “senza acciughe” era la preferita di mio padre.
La prima pizzeria che aprì a San Cesario negli anni 60 fu quella dei fratelli Bacola proprio all’ingresso del paese. La chiamarono “Dancing” e li oltre al ballo del sabato durante la settimana era possibile assaggiare una buona pizza. Non so se la facevano tutti i giorni o solamente il sabato e domenica, questo non lo ricordo.
Il Dancing di San Cesario di Lecce

L’uomo è un animale mimetico e quindi a San Cesario si imitò una pizzeria che all’epoca andava per la maggiore che era quella “da Giovanni” a Lequile in Piazza San Vito e anche qui più volte ci andai con papà. E lui prendeva sempre la completa senza acciughe.
Poi ci furono gli anni 70 e gli amici con l’auto. Eravamo sempre senza soldi ma per una pizza si trovava sempre qualche spicciolo anche facendo una colletta. Andavamo in una pizzeria di Lequile, sulla strada per andare al Convento, il pizzaiolo si chiama Olindo ed era molto simpatico e scherzoso. Con lui lavorava la sorella e noi andavamo a ordinare la pizza che veniva messa in un cartoccio e consegnata. All’epoca non esistevano i contenitori di cartone, la pizza veniva messa in una carta oleata e poi avvolta con la carta che usavano tutti gli alimentaristi. Noi andavamo a mangiarla da qualche parte e questo era un modo veloce di stare insieme tra amici.
La pizzeria ha accompagnato poi tutte le comitive dell’adolescenza e della giovinezza. La sera del sabato andavamo sempre a mangiare una pizza in compagnia di amici. Ricordo che eravamo da dieci a venti coppie ed era difficile ottenere tavoli per 20 – 40 persone. Ma volevamo stare tutti assieme, volevamo essere in contatto, parlare, scherzare, burlarci l’uno dell’altro in quei sabato goliardici della giovinezza.
La pizzeria "da Giovanni" a Lequile

L’incontro era in qualche punto che diveniva abituale e da li, in macchina, raggiungevamo la pizzeria. Ricordo una mia amica che quando non voleva andare in un particolare locale, perché non le piaceva come facevano la pizza, quando qualcuno proponeva quel locale che a lei non piaceva, con aria sicura e risoluta affermava che quel giorno era chiuso facendo deviare l’attenzione di tutti verso un’altra soluzione.
Ricordo quella volta che ci fu indicato un locale che si trovava nella campagna di Lecce. Ci andammo e dopo una serie innumerevole di giri arrivammo a una casa diroccata e leggemmo sul cartello che campeggiava sulla porta: “CHIUSO PER….. SEMPRE”. Ogni volta che raccontavamo questa storia c’erano risate infinite.
La macchina è stata la chiave di volta per la conoscenza delle pizzerie e trattorie sperse per tutto il Salento, ma anche delle Osterie. Ricordo un fine settimana degli anni 80 passato a fare il giro delle Osterie dei paesi. Già! Sino agli anni 80 c’erano ancora “le putee te mieru” che servivano la Trippa, i pezzetti di cavallo e le uova lesse e in cui gli avventori giocavano a carte.
Il cibo è un nutrimento del corpo e dello spirito. È un grande elemento di socializzazione tra le persone, ma è anche causa di guerra. Il cibo ha una natura molto ambigua, una doppia faccia: una buona e una cattiva. Ma c’è un legame tra il cibo e la parola, il cibo entra dentro di noi e la parola esprime questa interiorità. Forse è per questo che a tavola si fanno tanti discorsi e in genere c’è un bel clima. Io ricordo che c’era un fortissimo legame tra queste uscite conviviali con le decine di amici della giovinezza e le parole che leggere riempivano la sala della pizzeria. Le risate, le grida al punto di provocare l’intervento dei proprietari perché si rischiava di disturbare gli altri avventori del locale.
Il cibo era l’anima di quegli incontri. La mia giovinezza è stata caratterizzata da amicizie che puntavano più sul cibo che al ballo che fu un’altra delle caratteristiche delle frequentazioni del sabato sera degli anni 70 – 80. Il ballo furoreggio dopo il film di John Travolta del 1977 “La febbre del Sabato sera”.
Il sabato sera alcuni di noi si incontravano per stare assieme a tavola e altri per stare assieme in discoteca. Chi come me andava a tavola non conosceva la dimensione dello “sballo” che invece era la caratteristica di chi frequentava la discoteca.
I miei amici bevevano qualche bicchiere di birra, chi andava a ballare beveva qualche bicchiere di Campari Gin sino allo sballo.
Ma la giovinezza è soprattutto sperimentazione e noi eravamo intenti a fare esperienza di rapporti e di relazioni esattamente così come si fa adesso. O no?

Antonio Bruno





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