Operatore di pastorale familiare nella parrocchia Sant’Antonio
Negli anni 90 fui chiamato da don Giuseppe Tondo perché seppe
del mio impegno di operatore di pastorale familiare. Voleva che seguissi un
gruppo di famiglie della Parrocchia Sant’Antonio. Ci riunimmo più volte con
queste famiglie e io riproponevo lo schema della Lecce 3 che è quello dell’Equipe
Notre Dame, un movimento di spiritualità coniugale di cui facevo parte.
L’esperienza umana è fondamentalmente una relazione
spirituale ma anche questo è frutto di un processo non è evidente al primo
contatto, lo diventa con il tempo, con il passaggio da vari livelli di
consapevolezza.
Notavo la difficoltà di proporre un cammino perché la mia
proposta e quella della parrocchia era carente proprio dal punto di vista
spirituale. La stessa cosa era evidente alla Lecce 3 dove l’intimità più che spostare
l’attenzione al divino diveniva uno sfogatoio per gli inevitabili problemi che costellano
la vita di coppia e quella matrimoniale. In effetti si poteva innescare una
deriva psicoanalitica che però invece di seguita da uno psicoterapeuta
professionista, era scaraventata sulla testa di un assistente che nel mio caso
fu prima un gesuita e poi un prete che inevitabilmente finiva con l’essere
stremato dalle diatribe a cui era costretto ad assistere senza avere gli
strumenti culturali per dirimerle.
“Ciechi che guidano ciechi” questa è la frase che meglio
sintetizza la mia esperienza di allora. Si è vero c’è il lato della
convivialità, l’amicizia umana che lega solo per qualche stagione per poi
finire. Perché è l’amore che lega le persone per sempre e io capii in seguito
che non amavo nessuno.
Avventurarsi nel coordinamento di un gruppo quando si è
inconsapevoli della propria dimensione egoica porta a sicuro fallimento.
Esplodono ben presto le contraddizioni e, se non c’è l’anelito al divino e lo
sguardo rivolto a Dio, prima o poi si scatena la rivalità mimetica che decreta
la fine del gruppo per sempre.
L’ho capito leggendo Renè Girard a cui arrivai non mi
ricordo come. L’errore che facevo allora è che ragionavo tenendo presenti le
differenze tra me e gli altri e quindi frequentavo la parrocchia perché in quel
luogo ritenevo che avrei trovato quelli che erano molto vicini al mio modo di
pensare e vedere le cose. Non frequentavo altri gruppi perché li percepivo
differenti da me e quindi pensavo che questa differenza avrebbe causato, prima
o poi, un conflitto disgregando il gruppo stesso. Ma avrei capito poi che non è
la differenza alla radice del conflitto tra gli esseri umani ma piuttosto è la “concorrenza”
tra umani la vera causa della rovina di una organizzazione. Questa concorrenza da
luogo alla “rivalità mimetica” e alla violenza. La concorrenza, ossia il desiderio di imitare l'altro per ottenere la
stessa cosa che ha lui, all'occorrenza anche tramite la violenza.
Ho visto queste dinamiche nei gruppi parrocchiali, nella
sezione della dc di San Cesario, nelle comitive di amici.
Possiamo leggerlo direttamente nelle parole di Girard:
“ I nostri desideri non sono nostri: vogliamo quello che altri
vogliono. Questi desideri mutuati da altri portano alla competizione e alla
violenza. Il conflitto umano non è causato dalle nostre differenze, ma
piuttosto dalle nostre somiglianze. Gli individui e le società scaricano la
responsabilità e le colpe su degli outsider, dei capri espiatori, la cui
eliminazione riconcilia gli antagonisti riportando l’unità.”
La soluzione nella convivenza tra donne e uomini per
ottenere l’unità può essere quella del sacrificio del capro espiatorio oppure
quella proposta dal Vangelo che è l’amore al nemico. L’amore al nemico è l’ammissione
di essere nell’unità perché non c’è nulla da perdonare in quanto tutti siamo
UNITI e quindi si tratterebbe di perdonare se stessi.
Alcuni anni dopo mi iscrissi nell’Azione Cattolica della
Parrocchia Sant’Antonio e percepii immediatamente quel clima che è derivato
dalla mancanza di misericordia e quindi d’amore. Soprattutto c’è una mancanza
di consapevolezza di questi meccanismi al punto che nella mia esperienza
frequentare questi gruppi oppure il Lecce club era la stessa cosa in quanto in
entrambi si applicava la logica della rivalità mimetica violenta.
Avrei trovato poi chi mi avrebbe insegnato la Misericordia,
ma questa è un’altra storia.
Antonio Bruno
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