Mi hanno chiesto di divulgare questa intervista a Nino Micella ed è stato un onore
Un caffè col maestro
maggio 25, 2014 da redazione
Resoconto di un
pomeriggio di chiacchiere con i ricordi e i segreti di Nino “Oriente”
L’appuntamento è per il tardo pomeriggio. Il luogo?
Naturalmente il bar. Quel bar dove da sempre, se lo vuoi, sei sicuro di
trovarlo. Pasquale Micella, per tutti “lu Ninu te lu bar Oriente”. Entro e
subito un intenso aroma di caffè mi inebria le narici. Sullo sfondo, il bancone
ricco di dolci. Ma a rapire il mio sguardo è altra cosa. Un libro, risposto lì,
su un tavolinetto. Mi avvicino. È la biografia di Antonio Conte. Nino lo apre
e, sorridendo, mi fa leggere la dedica autografa dell’allenatore bianconero.
“La Juventus, una delle mie tre passioni”, mi dice. Da buon milanista, non gli
do la soddisfazione e cambio subito discorso.
E le altre due?
Le donne e la pasticceria, risponde. Ho intrapreso l’arte
pasticciera a 16 anni (oggi Nino ne ha 73, ndr ). Era il 1956. Andai a lavorare
nel baretto di mio cognato, quello dei fratelli Coppola, qui a San Cesario. Il
primo anno come apprendista pasticciere
sotto la guida di Enzo Alba, il mio maestro. Quindi, per altri nove,
come operaio dipendente. Nel '66 mi licenziarono. Venni a sapere che “lu
Bacola” aveva intenzione di vendere il suo bar. Era proprio qui, in via Dante.
Colsi la palla al balzo e ne acquistai la licenza. E così che iniziò questa bellissima avventura
chiamata Bar Oriente.
48 anni di bar. 56 di
arte pasticcera. Non sei stanco? Non hai volgia di goderti il meritato riposo?
Assolutamente no. Per me la pasticceria è amore, non un
dovere. E quando uno ama non avverte la stanchezza. La sveglia tutti i giorni
alle 4.30, i tanti sacrifici, vengono ripagati appieno dalli apprezzamenti
della gente. Quando mi ordinano le paste
per portarle con sé al nord, o addirittura fuori Italia. Quando sono disposti a
pagarli più cari di altrove perché ne riconoscono la genuinità, o il sapore di
un tempo. Pensa: io la crema continuo a farla come 50 anni fa! cucchiaio, latte
fresco di giornata, fuoco lento per non bruciarla, e tanto olio di gomito.
Qual è il tuo cavallo
di battaglia?
La zeppola. Non ci piove. Come le mie, poche altre al mondo.
Tanti bar utilizzano prodotti congelati. Molti pasticcieri, buttano la pasta
nella friggitrice e quel che esce, esce. E invece no. Occorre dapprima
“formare” la pasta nell’olio a temperature non troppo alte. Poi, dorarle in
quello più caldo. Altro dogma: vanno fritte rigorosamente con lo strutto. Stai
tranquillo che se di San Giuseppe ti arrivano in casa 3, 4 guantiere di zeppole
da pasticcerie diverse, quelle dellu Ninu dellu bar, sono le prime a finirsi.
Nino, illuminami: il
rustico va riempito con mozzarella o besciamella?
Mozzarella, assolutamente. Poi ci metti del peperoncino (non
pepe, dannoso per le coronarie) ed una spolverata di origano. La sfoglia la
prepari con ingredienti semplici e genuini. Io, la mia, continuo a stenderla
con il mattarello. E poi è fondamentale la temperatura a cui lo servi: 60°,
65°. Caldo al punto giusto. Ti riscalda il palato, te lo avvolge, ma non lo
brucia.
Svelami un'altro
segreto...
Le paste secche. Se dopo qualche giorno induriscono un po’,
sono di qualità. Altrimenti, stai mangiando zucchero. Lo zucchero costa
quattordici volte meno delle mandorle. Tanti, per abbattere i costi, ne mettono
in abbondanza quando lo miscelano alle mandorle tritate.
E poi c'è la qualità
delle materie prime.
Quella è la prima cosa. Ti faccio un esempio. Se non è
periodo di ricotta di pecora, fresca, da me la pastiera non la trovi. Ogni
prodotto ha il suo momento per esser fatto e gustato appieno. Oggi, molti, per
attrarre clienti, vendono tutto e sempre. Per di più, a prezzi ridicoli. Per
farlo, sono costretti ad acquistare prodotti preconfezionati, congelati. E la
qualità viene meno. Pensi sia una strada che ripaghi?
Beh, a primo acchito,
direi di no. Ma questa benedetta “crisi” c'è? Ne risenti?
Sarei un falso a risponderti no. La crisi c’è.
Fortunatamente, vuoi per l’affetto dei clienti nei miei confronti, vuoi per la
serietà che non ho mai tradito, vuoi per la qualità di quel che vendo, la sento
solo di striscio. Parecchie attività
sono andate in sfacelo in questi anni. Molti, per batter cassa, hanno aperto
caffè. Ti posso assicurare che non andranno lontano. Hanno solo aggiunto debiti
a debiti. Pasticcieri non ci si improvvisa. È un’arte, e và coltivata a tutti li
effetti. Poi c’è la creatività. Quando iniziai a fare il pasticciere, i
prodotti erano giusto una manciata: il pasticciotto, il fruttone, le paste
secche e i baci di dama. Tutta la varietà di dolci che c’è oggi la si deve al
genio dei maestri della mia classe: il sottoscritto, mesciu Antonio Sileno, a
Lecce, o Franchini.
È chiaro: il
dilettantismo non paga. Ma hai pensato di tramandare quest'arte?
Un tempo sì. Ho avuto qualche apprendista. Su tutti il
ricordo di Primaldo Iavarone è quello più vivo. Una brava persona. Ancora oggi
si diverte in cucina seguendo i miei consigli. Ad ogni modo, nessuno ha avuto
la caparbietà di seguirmi fino in fondo. Ho avuto sempre la convinzione che
dovessero esser loro a seguir me e non il viceversa. Non hanno mai capito che
tanti segreti, accortezze, avrebbero dovuto “rubarmele”. Il mio maestro, quando
doveva preparare una ricetta particolare, mi allontanava con una scusa. Sempre.
Sai come lo fregai? Pesando, di nascosto, ogni singolo ingrediente (farina,
zucchero, ammoniaca…) prima che facesse il dolce e subito dopo. Ne rubai le
dosi e, nel tempo, il procedimento. Oggi poi, è impensabile avere un
apprendista. Troppa burocrazia, troppe pretese. Costi insostenibili. Colpe di
una politica scellerata: un eccesso di garantismo che sta ammazzando
l’artigianato.
Ma almeno Paola (una
delle sue figlie, ndr) che lavora già nel locale.
Paola sa fare altro. Ad ognuno il suo. Come prepara lei il
caffè, ad esempio, non lo prepara nessuno.
Nino Micella al lavoro in pasticceria (1958) |
Non mi lascio sfuggire l’assist. Mi alzo, guardo Paola, e la
metto subito alla prova ordinandole un ristretto. Che dire? Anche in questo
Nino ha ragione.
Paolo De Blasi
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