Storia del marchio di biciclette Forcignanò
Storia del marchio di biciclette Forcignanò
di Primalda Forcignanò
La vita di mio padre, Amedeo Forcignanò, è strettamente
legata alla prima guerra mondiale: 3 agosto 1914 – 4 novembre 1918, Austria e
Germania da una parte, Serbia, Russia e Francia dall’altra.
La rivalità ed i contrasti tra queste potenze erano
insanabili.
La scintilla che fece scoppiare la guerra fu l’uccisione di
Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, da parte di uno studente serbo.
Il modo di condurre una guerra si era trasformato: milioni di uomini vivono e
combattono nelle pieghe del terreno sotto la pioggia e il gelo. L’Italia
dichiarò guerra all’Austria il 24 maggio 1915 e dure battaglie furono
combattute sul Carso e sull’Isonzo.
I tre fratelli Forcignanò furono chiamati alle armi ed
Amedeo entrò a far parte del Corpo dei bersaglieri con la divisa grigio-verde
ed il cappello piumato.
L’offensiva dell’esercito italiano logora, certamente,
l’esercito austriaco, ma costa un prezzo troppo elevato di vite umane e sul
Carso perdono la vita due dei fratelli Forcignanò, i cui nomi figurano sul
monumento dei caduti in guerra di S. Cesario di Lecce. Amedeo rimane solo.
Finita la guerra, prese la via del ritorno dalla vecchia madre. Senza denaro,
lacero, contuso, con una divisa che cadeva a brandelli, le piume al cappello,
ormai al vento.
Tornato a casa, si prese la testa tra le mani e cominciò a
pensare come ricominciare. L’idea gli venne dalle squadre di giovani che,
all’alba, uscivano di casa per recarsi, a piedi, per lavorare nelle cave per
l’estrazione e la quadratura della pietra. Assente la tecnologia si poteva
contare solo sulla forza dei muscoli. Trovare un mezzo di trasporto economico,
pratico, semplice, che aiutasse i giovani a raggiungere il posto di lavoro fu
il suo primo impegno. Quale poteva essere? La bicicletta.
Il problema più pesante era trovare il denaro necessario. Ad
Amedeo non rimase che rovistare tra i ferri vecchi. Prese l’utilizzabile,
costruì con le sue mani un telaio che dipinse verde – oliva, comprò a rate due
copertoni e due camere d’aria dalla società Michelin. Nasceva la prima
bicicletta Forcignanò che espose al pubblico. Fu una fiammata. Le biciclette,
in breve, si moltiplicano, gareggiano con le più grandi marche del momento:
Bianchi e Legnano, partono per tutte le città italiane, valicano i confini,
vengono spedite in Africa Orientale ad Addis Abeba, a Tirana, in Francia, per
lidi sconosciuti.
Amedeo non si ferma: forma, a sue spese, una squadra
ciclistica dove gareggiano Binda e Girardengo che si contendono la vittoria
sulle strade e che le ragazze coprono di fiori.
Chiamò Girardengo il suo secondo figlio in omaggio al più
grande corridore di tutti i tempi. Continuò a lavorare fino alla fine dei suoi
giorni, visse e operò per quell’ideale.
Chiuse gli occhi per sempre raccomandando ai suoi figli la
grandezza del suo nome.
Io, figlia primogenita, trovai in soffitta una biciletta
verde-oliva ed una lacrima mi rigò il viso senza piangere. Con gli anni lo
sviluppo dei motori e delle macchine divenne pauroso ma, la biciletta, da
sempre indiscussa protagonista della nostra vita continua il suo canto di
giovinezza in una tradizione senza fine.
Il Comune di San Cesario di Lecce, riconoscente, dette il
nome dell’illustre cittadino ad una strada e ad una Piazza del Paese perché
negli anni il nome di Amedeo Forcignanò rimanga tra quelli degli eroi.
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