Nato a San Cesario di Lecce Giovanni Antonio Tarentini

Giovannantonio nacque il 30 gennaio 1814 nella ridente cittadina di San Cesario di Lecce da Ferdinando Tarentini di Guagnano e da Maria Antonia Conte di San Cesario. Trascorse la sua fanciullezza nel paese della madre ma, in seguito ai moti del 1820-21, con i genitori, si trasferì in Guagnano. Ebbe come suoi maestri Nicola Imperiale e lo zio Sacerdote Don Carlo Tarentini.
Dal padre, uno dei più accesi cospiratori, e dai parenti, tutti iscritti a una società carbonara di Guagnano, Giovannantonio apprese una educazione ispirata a libertà e patriottismo. Costretto a partire per Napoli, intorno al 1838, passò poi a Salerno e quindi a San Gregorio Magno, Circondario di Buccino, ove dimorò presso la zia Giovanna Tarentini, maritata Mele. Nel tempo che dimorò in Napoli, ebbe occasione di conoscere Carlo Poerio, Luigi Settembrini e di stringere amicizia con molti cospiratori del Salernitano.
Prese parte ai moti rivoluzionari che scoppiarono nel 1848 in provincia di Salerno e in San Gregorio formò un circolo che il popolo appellò «Circolo repubblicano» giacché il Tarentini, iscritto alla Giovane Italia, seguiva le teorie del Mazzini e di Garibaldi.
Dall'Arciprete di San Gregorio, nel maggio 1848, fu denunziato al Giudice regio di Buccino per «esternazioni e fatti sovversivi tendenti a mutare la forma di governo».  Sedati in gran parte i moti fu segnalato come capo del movimento politico contro il governo e accusato di ingiurie contro la persona del Re Ferdinando, in unione a Gerardo De Crescenzio e Nicola Farasi. Contro di loro fu spiccato un mandato di arresto.
Tarentini si trovava allora in Salerno. Da un amico di Buccino gli fu spedito corriere per avvertirlo che il Giudice Istruttore gli aveva confidato che contro di lui era stato preparato il mandato di arresto preventivo. La notte del 10 maggio, ad ore 24, partì per Oliveto, nascondendosi in casa di persone amiche e intime della famiglia Mele.
In seguito a denunzia, conosciutosi il luogo dove si era rifugiato, da Salerno fu spedito un sergente con 40 cacciatori e 12 guardie di pubblica sicurezza.  Attorniato e preso d'assalto il palazzo, riuscì a fuggire in un paese vicino, presso parenti, ove rimase per circa cinque mesi. Latitante per più tempo, fu scoperto ed arrestato la sera del 20 giugno 1850, dal sergente Saverio Vignes. Il giorno dopo fu tradotto nel carcere di S. Antonio e il giudizio fu celebrato nei giorni 13 e 14 maggio 1851.
Nell'udienza del 7 giugno il Procuratore Generale Angelo Gabriello requisì il Tarentini alla pena di morte col terzo grado di pubblico esempio.
La Gran Corte, con decisione del 9 giugno, accogliendo le conclusioni del bravo ed intelligente giudice relatore signor Mancinellì Giovanni che sostenne il dubbio dell' accusa per la poca o niuna attendibilità dei vari testi, in gran parte colpiti da vecchie condanne, a voti unanimi la remissione in libertà provvisoria.
Il 14 maggio 1852 ottenne, finalmente, di essere prosciolto dall'accusa, ma con l'imperativo di ritornare nel proprio paese di provenienza sottoposto alla sorveglianza speciale. Amico dei due patrioti guagnanesi, sacerdote D. Paolo e D. Gaetano Manzo, i quali furono anch'essi processati per reati politici, con loro tenne vivo l'entusiasmo per l'unità italiana con la casa Savoia tra i pochi liberali di Guagnano. La loro attività incontrò serio ostacolo nell'Arciprete del luogo Don Oronzo Candido, che fu una spia del governo borbonico e un segreto denunziatore di quanti avessero professato idee patriottiche e liberali.
Il Tarentini, desideroso di crearsi una famiglia, il 28 giugno 1857, nella Chiesa dei Padri Celestini in Mesagne, celebrò il matrimonio con Donna Fiorentina de Maria.
Affiliato alla Giovane Italia, dal Comitato Centrale ebbe l'incarico di raccogliere l'obolo dei patrioti a favore dei profughi e per l'acquisto dei centomila fucili che servivano per la spedizione di Garibaldi, compiti che assolse con diligenza e raccogliendo larghi consensi ed encomii. Dopo la proclamazione del Regno di Vittorio Emanuele II, fece parte della Guardia Nazionale di Guagnano e cooperò a dare la guerra per la distruzione del brigantaggio che infestava la provincia di Lecce.
Fu più volte Sindaco di Guagnano: ammirato sempre per la rigida ed avveduta amministrazione, e per i sensi di alto patriottismo, che lo guidarono in ogni suo atto, Giovannantonio Tarentini si è reso un benemerito del Risorgimento italiano, senza nulla mai pretendere dai Governanti dell'epoca, solo contento di avere adempiuto al suo dovere. Chiuse serenamente la sua vita in Guagnano il 20 maggio 1902.


(Tratto dal volumetto “Giovannantonio Tarentini” di Don Luigi Guglielmi edito nel 1933)

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