C'era una volta il teatro dialettale
Antonio Bruno e Luigi Pascali (nel ruolo della Marchesina Nanà) |
Erano gli anni 70 quando un gruppo di
ragazze e ragazzi di allora cominciò a “FARE TEATRO” in una
parrocchietta appena nata, alla periferia del paese più bello del
Mondo.
Gli iniziatori furono affascinati da un
ferroviere che scriveva “commedie in dieletto leccese”,
quest'uomo si chiamava Raffaele Protopapa.
Interpreti leggendari di quelle
commedie erano Antonio De Simone nel ruolo di Pati Cenzi
Cannetta, Carmelina Ruggeri in quello della moglie Tora e
Antonio Zuccaro indimenticabile Requenzinu.
Carmelina Ruggeri |
Tutto ebbe inizio grazie a questi pionieri
il cui il leader indiscusso era il mio compagno di scuola delle medie
Antonio De Simone che nel 1968, aveva fatto ritorno con la famiglia a
San Cesario di Lecce.
Insieme a questo primo nucleo si
affacciavano alla ribalta i due cugini Giovanni e Luigi Pascali (in ordine alfabetico) che
avrebbero dato seguito a quel primo coraggioso manipolo di ragazzi e ragazze.
Luigi Pascali |
Antonio De Simone e Giovanni Pascali, per motivi diversi, si allontanarono dalla vita dell'Azione Cattolica della parrocchia Sant'Antonio degli anni 70.
Restò solo Luigi Pascali con il quale
collaborai per alcuni anni, al fine di vivacizzare l'attività dei
ragazzi e delle ragazze della neonata Parrocchia.
Indimenticabile il suo studio, ricavato tra gli attezzi dei fratelli, sulla terrazza della sua casa materna, che poi è divenuta la sua attuale residenza.
Luigi aveva intrapreso un percorso pedagogico, che mi vedeva protagonista come allievo, per istruirmi alla difficile arte del teatro. Mi invitava da lui e tentava di insegnarmi come si scrive una commedia teatrale.
Non c'è riuscito.
In quegli anni si costituì il Gruppo Teatrale “Michele Saponaro” e il Parroco buono, don Giuseppe Tondo, per le occasioni delle feste dei bambini, ovvero Natale e Carnevale stimolava noi adolescenti a fare degli spettacoli, a mettere in scena delle Commedie.
Indimenticabile il suo studio, ricavato tra gli attezzi dei fratelli, sulla terrazza della sua casa materna, che poi è divenuta la sua attuale residenza.
Luigi aveva intrapreso un percorso pedagogico, che mi vedeva protagonista come allievo, per istruirmi alla difficile arte del teatro. Mi invitava da lui e tentava di insegnarmi come si scrive una commedia teatrale.
Non c'è riuscito.
In quegli anni si costituì il Gruppo Teatrale “Michele Saponaro” e il Parroco buono, don Giuseppe Tondo, per le occasioni delle feste dei bambini, ovvero Natale e Carnevale stimolava noi adolescenti a fare degli spettacoli, a mettere in scena delle Commedie.
Un anno Luigi se ne venne con un
copione in italiano, sempre del compianto Raffaele Protopapa. L'opera
si intitolava LA MARCHESINA NANA'.
Antonio Bruno e Luigi Pascali (nel ruolo della Marchesina Nanà) |
Una volta scelta l'opera da rappresentare il nostro Maestro dava inizio
a una serie di provini per stabilire chi dovesse interpretare i
personaggi della Commedia.
Ho provato a cercare il copione di quella commedia ma non l'ho trovato.
Comunque sino a quella data, pur avendo partecipato alle selezioni de “la furtuna”. “la Uardia” ed altre commedie, io non ero mai riuscito a farmi scegliere come interprete.
Ho provato a cercare il copione di quella commedia ma non l'ho trovato.
Comunque sino a quella data, pur avendo partecipato alle selezioni de “la furtuna”. “la Uardia” ed altre commedie, io non ero mai riuscito a farmi scegliere come interprete.
Invece con quest'opera tutti, ma
proprio tutti, mi dissero che la parte pareva scritta apposta, apposta
per me.
Mesi di durissime prove sotto la
direzione rigorosa e ferma del Maestro Luigi Pascali. Non si
scherzava, si provava sino a quando lui non era soddisfatto e non era mai soddisfatto.
Poi finalmente il giorno dello
spettacolo. Io ero molto teso. Ero timidissimo. Anche quando don
Giuseppe mi chiedeva di leggere una lettura a Messa la domenica ero
sempre tesissimo, la voce che stentava ad uscire, il respiro strozzato.
Insomma arriviamo alla serata.
Alla fine della commedia, di cui non ricordo assolutamente la trama, c'è un dialogo tra me, la marchesina Nanà e un'altro. C'era una specie di singolar tenzone al fine di ottenere le attenzioni della Marchesina.
Alla fine della commedia, di cui non ricordo assolutamente la trama, c'è un dialogo tra me, la marchesina Nanà e un'altro. C'era una specie di singolar tenzone al fine di ottenere le attenzioni della Marchesina.
Insomma, io facevo la parte del cattivo
e l'avevo interpretata così bene, da suscitare la disapprovazione, per
quello che recitavo, da parte del pubblico.
Il sensibile e buono don Giuseppe si
accorse della mia sorpresa e gridando disse rivolto a chi gli stava
vicino: “non si aspettava questa reazione del pubblico!”.
Fu una bellissima esperienza, un'altra
che fu possibile fare grazie alla parrocchia.
La parrocchia è stata una palestra per la mia adolescenza.
Avrei fatto poi altre collaborazioni con Luigi, spettacolini per bambine e bambini. Anche questo si fa, se si sta in una parrocchia, si intrattiene e si costruiscono rapporti con le persone.
La parrocchia è stata una palestra per la mia adolescenza.
Avrei fatto poi altre collaborazioni con Luigi, spettacolini per bambine e bambini. Anche questo si fa, se si sta in una parrocchia, si intrattiene e si costruiscono rapporti con le persone.
Un bel ricordo, una bella esperienza
che è legata fortemente a don Giuseppe Tondo. Non penso che avrei
frequentato mai una parrocchia se il Signore non avesse messo sulla
mia strada questo presbitero buono.
Antonio Bruno
Chi è Raffaele Protopapa?
Quando si parla di teatro dialettale
leccese il pensiero corre immediatamente a Raffaele Protopapa che è
il più noto commediografo salentino di tutti i tempi. La sua
produzione ha attraversato quasi tutto il ‘900 e le sue opere hanno
sempre incontrato il plauso del pubblico, da quello di una parrocchia
a quello più esigente dei grandi teatri di Lecce e del Salento. “Il
teatro di Protopapa è ormai entrato nella tradizione. Non si può
risalire ad altre forme del teatro nel Salento se non in modo
episodico“.
Raffaele Protopapa (Lecce 1907-1995) si
accosta giovanissimo al teatro, come attore ed autore, dando subito
un taglio ben preciso a quella che sarà la sua produzione di
commediografo, nella scelta dei personaggi e del dialetto, la lingua
usata. A soli diciassette anni scrive “Lu Requenzinu e le
ciàpezze“, dove compaiono i personaggi – che mai più
abbandonerà – di Pati Cenzi, Tora e Requenzinu Cannetta.
Successivamente studia presso il Conservatorio di Napoli e poi
diviene dipendente delle Ferrovie del Sud-Est, ma continua la sua
attività teatrale nella Compagnia Stabile “A. Casavola”.
Nel 1944 scrive “La Furtuna“,
sicuramente la sua opera più nota, che è stata la prima ad essere
pubblicata nei primi anni ‘60. Nel 1950 scrive “L’Ancura“,
unica sua opera drammatica in vernacolo. La sua passione per il
teatro non gli impedisce di essere un impiegato modello tanto da
meritare la Stella al Merito del Lavoro. Da allora ai suoi impegni
aggiunge anche il compito di Console dei Maestri del Lavoro di Lecce,
che svolge fino a due anni dalla sua morte.
Nel 1964 scrive “La ‘Uardia“,
tornando anche a recitare con maggiore assiduità nell’Associazione
“Piccolo Teatro di Lecce”, di cui è fondatore. In quegli anni la
stampa prende atto che sta nascendo un teatro tutto salentino, tutto
leccese, a cui Protopapa, ormai pensionato, può dedicarsi
completamente. Nascono “L’Acchiatura“, “Lu Senatore“,
“Filippu e Panaru” ed altre commedie, numerosi atti unici e
sketch. Il primo sketch fu “La pizza alla margherita“, che è
rimasto nella memoria di molti leccesi per la magistrale
interpretazione dello stesso Protopapa e di Mario Perrotta al Teatro
Politeama Greco di Lecce. Collabora inoltre alla trasmissione “La
Caravella” della RAI regionale.
Le sue opere, scritte prevalentemente
in dialetto leccese, (ma ha prodotto anche opere in lingua italiana)
sono state e sono rappresentate in tutto il Salento ed anche
all’estero, presso le comunità salentine.
I suoi personaggi, secondo Buja,
“potrebbero definirsi il distillato della «leccesità»”
con pregi e difetti della piccola borghesia e del popolino leccese.
Nel 1974 pubblica la sua prima raccolta
di opere. Nel 1977 è socio fondatore dell’associazione “Amici
del Salento”, attraverso cui promuove la prima rassegna di teatro
dialettale salentino, convinto che fosse necessario incoraggiare
giovani autori a cimentarsi con il teatro dialettale. Nel 1983
pubblica “Il pastorello di Montevergine” e fra il 1990 e il 1992
pubblica altri tre volumi delle sue opere. Nel 1994 pubblica il
volume “Teatrino“, raccogliendo alcune delle opere da lui scritte
per gli scolari di sua moglie Lina: “poiché aveva in casa qualcuno
che conosceva il mestiere non doveva fare altro che «ordinare»
opere teatrali «su misura»“.
Ha detto di sé: “Mi si chiede spesso
com’è che sono diventato scrittore di teatro. Non lo so neanch’io.
È un “vizio” che ho contratto da ragazzo. A togliermelo non sono
valsi né la mancanza di tempo, né i disagi degli anni di guerra, né
i normali “grattacapi” familiari, né il mio disordine
permanente, né la mia congenita distrazione, né la spesa per la
carta (mai recuperata!). Mi si domanda, ancora, perché ho scelto lo
stile umoristico. Questo lo so: per divertire me stesso“.
Raffaele Protopapa riusciva a stare a
suo agio con intellettuali come lui e persone umili dalle quali
traeva la saggezza per la stesura dei suoi indimenticabili lavori
“una persona intellettualmente onesta“, un artista che,
rispettando la propria intelligenza, ha rispettato la propria terra e
la propria gente.
I figli di Raffaele Protopapa, Anna
Maria e Francesco, hanno curato la pubblicazione di una raccolta di
dodici opere, scritte tra il 1925 e il 1984, tra cui “Le mbrogghie
te lu Requenzinu” (1925), “La Furtuna” (1944), “Lu Rre de
Lecce” (1984).
Quanto mi piacerebbe leggere questo articolo al "presbitero buono " se solo riuscisse ad intenderlo. ......
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